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La classe: studenti a tempo pieno

Nasce da un romanzo francese e dalla difficoltà di essere professori La classe di Laurent Cantet, "promossa" a Cannes con lode e Palma d'oro.
di Marzia Gandolfi

Gli anni in classe
François Bégaudeau 1971, Luçon (Francia). Interpreta François nel film di Laurent Cantet La classe - Entre les murs.

mercoledì 8 ottobre 2008 - Incontri

Gli anni in classe
Ci tiene molto Laurent Cantet, a Roma per promuovere la sua Classe, a sgombrare subito ogni possibile equivoco: Entre les murs non vuole rappresentare la realtà della scuola francese, non intende affrontare problematiche pedagogiche-didattiche ne tantomeno indicare un metodo normativo per creare degli individui omologati. La classe è un "documentario di finzione" sui meccanismi delle relazioni umane che si instaurano dentro i muri della scuola e all'interno di un gruppo eterogeneo che vive e lavora attorno a un obiettivo comune, la costruzione di un mondo possibile. Criticato in patria e premiato a Cannes, La classe è la trasposizione fedele del romanzo di François Bégaudeau, (co)sceneggiatore e interprete del film. Dentro la classe il regista francese è alla ricerca delle origini profonde dei rapporti sociali e umani e l'insegnante non va visto tanto nella sua funzione pedagogica quanto in quella di strumento rivelatore della necessità di darsi regole di conoscenza del mondo (la scoperta del linguaggio) e di convivenza civile. Gli studenti, adolescenti del ventesimo arrondissement, cercano in lui lo strumento di contenimento alle proprie ansie in una fase in cui si aprono sul mistero dell'esistenza e su un futuro ignoto. Cantet ha scelto una classe di ventiquattro ragazzi per fare emergere le rispettive personalità e trasformarli in personaggi da raccontare con profonda empatia, senza emettere giudizi e senza ricorrere ai meccanismi di identificazione più immediati. Come per L'emploi du temps è ancora una volta il tempo (quello "indeterminato e pieno del lavoro" e quello scolastico) la chiave della vicenda, che permette di raggiungere l'equilibrio difficile tra la cronaca quotidiana e l'apertura al racconto "morale". L'eterogeneità etnica della classe composta da Cantet è una risorsa che produce forme di solidarietà e che il professore trasforma in occasioni per i suoi studenti, invitandoli a mettersi in gioco con i compagni. Cantet risolve il problema dello sguardo, cercando e trovando la giusta distanza fra l'autore e i ragazzi oggetto del suo sguardo mai voyeuristico o indagatore. Il regista chiede ai suoi studenti di partecipare e condividere un progetto, finendo per fare cinema con il (s)oggetto della sua indagine. Cantet non impone lente ideologica o sociologica alla materia trattata che partecipa spontaneamente al proprio svelamento. L'enorme merito del regista è l'ostinazione con cui semina dubbi senza smettere di volere bene ai suoi personaggi. Anche quando perdono il filo della trama che tiene in piedi la loro vita, dietro o davanti il banco di scuola.

Gli adolescenti ci guardano
Il mio film è uscito in Francia il 24 settembre. Abbiamo debuttato in sala con 370 copie e nella seconda settimana il numero è cresciuto, siamo arrivati a 500. L'incremento delle copie è stato possibile perché La classe ha avuto un'accoglienza positiva. Dopo i primi dieci giorni erano seicento mila gli spettatori accorsi in sala (in Francia gli incassi vengono contati in spettatori e non in box-office). Il risultato raggiunto è davvero inaspettato ma ancora di più lo è il mio pubblico adolescente. Il film è stato apprezzato soprattutto dai ragazzi e questo per il panorama francese è un evento anomalo, di solito gli adolescenti preferiscono vedere in sala i film d'azione americani e invece sabato e domenica hanno riempito le sale, curiosi di scoprirsi rappresentati. Sono felice di aver raggiunto questo risultato, gli adolescenti hanno capito che nella Classe si parla di loro.

Gruppo di lavoro
La cosa che mi ha colpito, lavorando con questi ragazzi, è stato il loro coinvolgimento nel mio progetto. Ero sorpreso dal loro impegno perché in genere quando parliamo di adolescenti diciamo che sono svogliati, che non hanno voglia di fare niente, che non riescono a concentrarsi e invece questi ragazzi si sono impegnati per un intero anno scolastico. Il lavoro con loro è iniziato nel novembre del 2006, abbiamo organizzato dei laboratori aperti ogni mercoledì pomeriggio e tutti potevano parteciparvi. In questo modo abbiamo conosciuto più di cinquanta ragazzi, poi la metà di loro hanno abbandonato il laboratorio spontaneamente, quelli che vedete nel film sono gli studenti che hanno trovato il mio progetto talmente interessante da investirci i loro pomeriggi e le loro vacanze estive. Hanno lavorato sei ore al giorno per un anno intero con un entusiasmo e una concentrazione davvero sbalorditivi, al punto che i loro professori, gli stessi che recitano nella Classe, si sono scoperti gelosi. Mai visti prima studenti così seri e coinvolti. Se la scuola vuole produrre e trasmettere cultura alle nuove generazioni allora è necessario che riesca a trovare un modo efficace per suscitare il loro interesse, invitando gli studenti al dialogo e alla partecipazione attiva.

Polemiche e integrazione
Non ho mai voluto fare un film che rappresentasse la scuola francese in senso lato e la classe che vedete nel film si è composta in maniera casuale e aleatoria. Certo ho scelto una scuola che si trova nel ventesimo arrondissement di Parigi e tutti gli adolescenti che compaiono nel film sono studenti del Dolto. L'idea di utilizzare una scuola già esistente nasce dall'esigenza di integrare tutti i protagonisti della vita accademica nel processo di realizzazione, è evidente che le ore di lezione a scuola non avvengono come nel mio film. Volevo girare soprattutto i momenti di dialogo che sono così frequenti nelle classi, quando il professore scende dalla cattedra e invita i ragazzi ad andare oltre, a spingersi al di là del loro tradizionale modo di ragionare finendo in una sorta di retorica senza uscita. Non si insegna certo così in tutte le scuole di Francia ma ugualmente mi piaceva sottolineare quelle situazioni in cui la scuola diventa uno spazio democratico di scambio. La polemica che ha accompagnato l'uscita della Classe sicuramente esiste ed è una cosa che pesa perché si corre il rischio di parlare poco del film. Credo che la responsabilità sia attribuibile alla stampa, il film ha avuto un successo unanime e adesso si vuole a tutti i costi far parlare solo le persone che hanno da dire qualcosa contro il film. Non era mia intenzione polemizzare con la scuola francese, quello che mi stava a cuore e che volevo trasmettere era l'idea che la scuola non possa più concepirsi come un qualcosa di totalmente separato dal resto della realtà, non si può pensare che gli allievi arrivino in classe con la mente sgombra dai loro problemi e dalla loro cultura e si limitino soltanto ad apprendere quello che viene insegnato. La scuola deve confrontarsi con la diversità culturale e imparare a integrarla nel sistema scolastico.

Auguri professore
Insegnare è una sorta di missione e fare il professore vuol dire impegnarsi in maniera totale e completa in questa missione. Parlando con gli insegnanti nel corso di colloqui e dibattiti ho compreso che essere professori è un modo di vita, uno stato mentale. Non credo esista un modello ideale di essere insegnante, per me deve godere di ottima salute e avere una grande capacità di resistere ai colpi inferti in classe. Bégaudeau nel suo libro scrive: "Stanotte ho dormito male e quasi certamente la giornata in classe non andrà bene". È vero, se sei stanco sarai meno preparato a resistere agli stimoli intellettuali e agli attacchi verbali che i ragazzi ti scaricheranno addosso. Poi naturalmente esiste la professionalità, esistono i metodi e gli strumenti pedagogici ma alla fine per esercitare al meglio devi soprattutto crederci e impegnarti. Per questo non ho voluto che fosse un attore a interpretare il mio insegnante, François era perfetto per quel ruolo: ha una vera esperienza di insegnamento, sa cogliere l'attimo perché sa stare in classe e sa essere attento a dieci voci insieme che gli fanno dieci domande e che meritano dieci risposte. Un attore, per quanto bravo, non avrebbe mai avuto quell'immediatezza e quella proprietà del ruolo che nasce dall'esperienza diretta.

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