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Dopo la magia di un bacio sulla prua della nave dei sogni, sfidando il vento e solcando le onde di un’altra epoca, cos’altro poteva comunicare un autore visionario e dispotico sempre in bilico tra tecnologia e romanticismo? La risposta di James Cameron è AVATAR, film fantascientifico girato totalmente in stereoscopia visiva tridimensionale e creato al 60% al mouse, integrando la tecnica del “motion capture” che questa volta, piu’ che mai, diviene “e-motion” nei volti dei due giovani innamorati protagonisti.
Questo artista sembra ancora una volta intenzionato a lasciare il segno, soprattutto grazie ad un utilizzo senza precedenti della tecnologia 3D che, in effetti, sembra esprimere un grosso progresso dialettico nel linguaggio cinematografico. Ma quanto rispetto il regista dà alla sensibilità dello spettatore verso l’immagine? Quanta spettacolarità può essere accettata quando l’effetto speciale vuole ingannare la nostra percezione dello stesso? Forse lo splendore di un tramonto visto al cinema in tre dimensioni può essere la più bella illusione mai vista ma l’utilizzo dell’alta tecnologia digitale dovrà essere sempre e comunque armonioso e sapiente.
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