Rassegna stampa di Vittorio Cottafavi

Gran regista, sottovalutato in Italia e sopravvalutato in Francia, aristocratico e amico del cinepopolo. Uomo colto, elegante e scostante, bravissimo realizzatore di film d'avventura, di leggende e di sentimento, essenziale costruttore della prima televisione italiana, divulgatore culturale perfetto e amante tenace della letteratura, inasprito nel carattere per le troppe disavventure professionali e ferite all'orgoglio, sprezzante verso ogni cialtroneria, sciatteria e mediocrità. Era nato a Modena. Il primo film, dopo gli studi al Centro Sperimentale di cinematografia e il lavoro d'assistente di Alessandrini e Vergano,I nostri sogni da una commedia di Ugo Betti, lo diresse nell'anno più difficile della seconda guerra mondiale, il 1943. Nel 1949 il secondo film,La fiamma che non si spegne, interpretato nel post-fascismo da tanti attori del cinema fascista (Leonardo Cortese, Gino Cervi, Maria Denis), tratto da un libro scritto da un generale, ispirato al sacrificio eroico del carabiniere Salvo D'Acquisto, subito gli procurò guai: accuse d'essere reazionario e "nostalgico", proteste quando il film venne scelto per la Mostra di Venezia. Ma, insieme con intelligenti melodrammi sulla condizione delle donne, furono i film storico-mitologici a rivelare la maestria registica di Vittorio Cottafavi, la sua dinamica energia, la sua ironia leggera e la capacità di usare Antinea o Messalina come veicoli di messaggi democratici e pacifisti:Ercole alla conquista di Atlantide,Le legioni di Cleopatra,Messalina, Venere imperatrice,La rivolta dei gladiatori,La vendetta di Ercole, diretti tra gli Anni Cinquanta e i primi Sessanta, sono alcuni dei film che gli procurarono poi l'ammirazione estatica della critica francese che lo riconosceva "maestro" e "autore". Sono anche i film degli attori d'epoca, a volte debuttanti o quasi: la prediletta bellissima Gianna Maria Canale, George Marchais e Ettore Manni, Belinda Lee e Linda Cristal, Gian Maria Volonté, Enrico Maria Salerno, Ivo Garrani, anche Laura Altan che era Laura Efrikian. Nel 1964I cento cavalieri, ambientato nel conflitto arabo-cristiano del medioevo spagnolo, carico di intenzioni impegnative e di allusioni al presente, ebbe un insuccesso che quasi segnò la fine della sua carriera cinematografica. Da allora Cottafavi lavorò soprattutto per la televisione, a cui s'era dedicato sin dagli inizi del nuovo mezzo (é del 1957Sette piccole croci, da un racconto di Georges Simenon). Più di cinquanta opere, televersioni di Moliere, di Ibsen (Casa di bambola"), dei classici greci (Antigone",Le troiane",I persiani"), di Dostoevskij (Umiliati e offesi,Notti bianche), di Pirandello (Così è se vi pare,Vestire gli ignudi); la ricerca d'un mix di documentario e di sceneggiato per unaVita di Dante interpretata da Giorgio Albertazzi (con Beatrice, presenza muta, impersonata da Loretta Goggi); e ancora la nuova fantascienza (A come Andromeda), l'umorismo inglese (I racconti di padre Brown con Renato Rascel). Erano diretti per la televisione anche due dei suoi film più belli:Maria Zef, ritratto di ragazza girato nel Friuli e parlato in dialetto, tratto da un romanzo di Paola Drigo; e "Il diavolo sulle colline", dal romanzo di Cesare Pavese, presentato in una rassegna laterale al festival di Cannes nel 1985. Aveva più di settant'anni, allora, e non gliene importava, diceva: "Ogni discorso sull'età mi suona futile, generico, antistorico".