di Marco Chiani
Una naturale compostezza e un tocco di sorniona bonomia definiscono quel metodo Charlie Cox messo definitivamente a punto in Marvel's Daredevil. Classe 1978, inglese dall'accento più che pulito, bello, ma non bellissimo, faccino angelico in posa neutra e fisico asciutto, Cox non ha nulla a che vedere con la perfezione divistica, così come il Diavolo di Hell's Kitchen è il meno "divo" tra i grandi supereroi. Devono averlo intuito subito Netflix e Marvel, decisissimi ad averlo nel cast della serie fin dall'inizio.
Fisiognomica a parte, il nostro rientra di diritto in quella categoria di attori capaci di dare il meglio di sé alle prese con le insicurezze che si nascondono sotto la superficie di personaggi male adattati alla società. Per ragioni fisiche, legate alla propria storia personale o per entrambe.
Da parte sua, Cox lavora alla propria versione di Matt Murdock/Daredevil così come va di moda oggi, scavando il più possibile nell'interiorità tormentata del personaggio, ma senza esagerare. Shakespeare è un'altra cosa e Cox lo sa. Espressioni morbide e nessuna esasperazione gigionesca nel sottolineare la cecità del suo personaggio, nella fortunata serie ora al via con la seconda stagione, l'attore comunica un'affidabilità costante, sia nelle vesti di giovane avvocato, spesso in simpatico disaccordo con il compare Foggy Nelson, che in quelle di difensore di una giustizia che sembra sempre più latitare nel quartiere in cui è nato e cresciuto.
L'equilibrio tra prestanza fisica e sensibilità è proprio quello che, tornando a Shakespeare, gli serve per Il mercante di Venezia nel 2004, dove interpreta Lorenzo. Costume per costume, Venezia per Venezia, l'anno dopo è nel Casanova di Lasse Hallström e poi nell'avventuroso Tirante el Blanco di Vicente Aranda.
Da subito, Cox sa farsi scegliere dai registi, qualità non da poco che lo porta, venticinquenne, al primo ruolo da protagonista in Stardust, trasposizione del romanzo fantasy di Neil Gaiman. Impresa per nulla facile per chi ha il "fisico del ruolo" da attore giovane, tutto palpiti amorosi e voglia di misurarsi con le sfide di un mondo nuovo quanto magico.
Più arduo del recuperare la stella caduta da consegnare come pegno d'amore alla bella Victoria risulta, a conti fatti, l'incontro-prova con un cast di primissimo piano che comprende anche Robert De Niro e Michelle Pfeiffer. Cox fa il bello e buono, riesce nel compito egregiamente e tra un pugno di cortometraggi infila un'altra parte di giusto e idealista. In Stone of Destiny torna protagonista nel ruolo di Ian Hamilton, vero nazionalista scozzese che nella notte della vigilia di Natale 1950, insieme ad alcuni amici, mise a punto il furto della Pietra di Scone, uno dei simboli dell'identità scozzese. Da noi non è arrivato, ma in patria è piaciuto assai.
Se la validità di un attore risulta strettamente legata ai ruoli che è chiamato ad interpretare, per i tipi come Charlie Cox si sostanzia una legge lievemente differente, tutta legata ad una morbidezza di volto che, dai più ambiziosi, viene generalmente minata a suon di interpretazioni "controcorrente". Non è il caso del futuro Diavolo di Hell's Kitchen. Scelto dall'impegnato Roland Joffé per il lungo accarezzato There Be Dragons - Un santo nella tempesta, muta il rampante romanticismo espresso attraverso il Tristam di Stardust e l'idealismo nazionalista dello Ian Hamilton di Stone of Destiny verso un impegno in odore di santità. Interpretando Josemaría Escrivá de Balaguer, presbitero spagnolo, fondatore dell'Opus Dei, canonizzato nel 2002 da Giovanni Paolo II, Cox sembra attingere dalla tenerezza di un universo sedimentato attraverso le precedenti prove: l'inchiesta di un giornalista spagnolo interpretato da Dougray Scott fa luce sulla guerra civile spagnola, sullo sfondo della quale si sviluppa l'amicizia tra Manolo, padre del giornalista e ex soldato, e Josemaría Escrivá, due poli di una stessa rivolta per la libertà.
Mentre a teatro porta due pièce di Pinter e "Il principe di Homburg" di Heinrich Von Kleist, la televisione inizia a corteggiarlo, affidandogli il ruolo di Ismaele in un Moby Dick di tre ore dove William Hurt giganteggia nella parte del Capitano Achab per poi entrare nel giro grosso con Boardwalk Empire - L'impero del crimine.
Prima di vestire i panni di Jonathan Hellyer Jones, vedovo sensibile e insegnante di musica vicino alla moglie dello Stephen Hawking di La teoria del tutto, ancora più angelo che demone, Cox usa un mood recitativo meno discreto e misurato in Hello Carter, senzatetto, single e disoccupato in una Londra dove vuole soltanto ritrovarsi.
Intanto Netflix e Marvel, rilasciata la seconda serie di Marvel's Daredevil, lo confermano nel ruolo di Diavolo di Hell's Kitchen per la ventura The Defenders. Si sa che il bene non può che venire dal male. O viceversa?