Titolo originale | Federer: Twelve Final Days |
Anno | 2024 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA |
Durata | 100 minuti |
Regia di | Asif Kapadia, Joe Sabia |
Attori | Rafael Nadal, Roger Federer, Novak Djokovic, Andy Murray . |
Tag | Da vedere 2024 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 20 giugno 2024
Il documentario immortala in maniera intima Federer negli ultimi 12 giorni della sua illustre carriera.
CONSIGLIATO SÌ
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Nel settembre del 2022 Roger Federer annuncia l'addio al tennis. Prima di appendere la racchetta al chiodo, giocherà a Londra un'ultima partita di doppio in tandem con l'amico e rivale di sempre Rafael Nadal durante la Laver Cup, il torneo a squadre (Europa vs Resto del mondo) ideato dallo stesso Federer in omaggio alla leggenda australiana del tennis Rod Laver. I giorni dell'evento sono l'occasione di trascorrere gli ultimi momenti della carriera assieme alla famiglia (i genitori, la moglie, i figli), ai colleghi e avversari di tante battaglie, ai campioni di ieri e di oggi. E al pubblico del tennis, che ha amato Roger come nessun'altro.
Un dietro le quinte prezioso - soprattutto per gli appassionati del gioco - che libera le emozioni nel finale mettendoci di fronte al tempo che passa.
Inizialmente concepito come un home video privato, il progetto è stato poi destinato alla visione pubblica e affidato alla regia di Asif Kapadia, specialista del genere (qui coadiuvato dal videoartista Joe Sabia) già autore di documentari su grandi personalità in ambito sportivo o artistico, o dello sport elevato ad arte: dal mito della Formula 1 Ayrton Senna - Senna (2010) - alla cantautrice Amy Winehouse - Amy (2015) - fino a Diego Maradona (2019).
Nel caso di Federer - Gli ultimi 12 giorni l'intento è chiaro sin dal titolo: non si tratta di ripercorrere l'intera storia del fenomeno svizzero (ci sarà senz'altro modo in futuro) ma semplicemente di rivivere da uno sguardo privilegiato la sua catartica last dance. L'altra differenza rispetto ai lavori precedenti del regista è che qui non ci sono lati oscuri o aspetti tragici da esplorare. Roger Federer è uno splendido quarantenne, provato solo nel fisico a causa dell'infortunio al ginocchio. Ha risolto le sue turbolenze adolescenziali presto, quando è diventato un campione; non ha demoni interiori da combattere, né la vena autodistruttiva di Maradona né la malinconia di Senna - e nemmeno, per restare al tennis, i tormenti di Andre Agassi. Ma ciò nulla toglie all'aura carismatica in cui è avvolto, a quel fascino gentile da Cary Grant della racchetta. In Federer l'eleganza e la perfezione del gesto in campo si sposano con la classe e la signorilità dei comportamenti. Il documentario di Kapadia si adegua alla compostezza e allo stile del suo protagonista, trattenendo le emozioni per poi farle esplodere solo nel finale.
Piangono tutti, assieme a Roger. Piangono (e piangiamo) tutti il tempo che passa, il vero motivo per cui restiamo commossi di fronte al ritiro di un campione che ci ha accompagnato per oltre vent'anni. Perché quel tempo è passato pure per noi ed è come se anche un pezzetto della nostra vita si staccasse. Quel tempo che scorre è reso evidente da Kapadia nella rapida alternanza tra le riprese di Federer in allenamento prima dell'ultimo match e quelle datate di Federer ragazzino che eseguiva gli stessi colpi.
Gli altri tennisti presenti alla Laver Cup partecipano tutti a questa ondata di lacrime e risate. E il più stravolto non può che essere Nadal, che con Federer condivide una rivalità e un'amicizia tra le più belle nella storia dello sport.
Non importa che la partita finale di Federer coincida con una sconfitta. Nonostante sia uno dei tennisti più vincenti di sempre, il risultato non è mai stato il primo parametro per misurarne la grandezza. Non è un paradosso che due tra le sue partite migliori e più significative siano le finali perse a Wimbledon contro Nadal nel 2008 e contro Djokovic nel 2019 (i due rivali che lo hanno superato nel numero di Slam vinti). La sconfitta fa parte del gioco, e non potrà mai offuscare la genialità del tocco, la grazia del movimento, quel modo di accarezzare la pallina o colpirla in controbalzo. Possiamo dirlo, con gli occhi ancora un po' lucidi: non ci sarà un altro Roger Federer.
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L'impero della perfezione, recitava il sottotitolo del film di Julien Faraut dedicato a John McEnroe. È difficile però trovare un profilo più indicato di Roger Federer per questa definizione: un tennista che è stato decretato - se non il più vincente, il più sublime - il più alto concentrato di eleganza e concretezza. È per questo motivo che il suo ritiro, avvenuto nel 2022 a 41 anni, è stato vissuto [...] Vai alla recensione »