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Han Jay al Florence Korea Film Fest: «Il mio film vi farà ripensare al vostro primo amore»

Incontro con la regista di No Heaven, But Love, un racconto delicato, attento e profondo sull'amore fra due ragazze, in una società intollerante. GUARDA IL FILM SU MYMOVIES »
di Giovanni Bogani

venerdì 29 marzo 2024 - Incontri

Si chiama No Heaven, But Love (disponibile in streaming su MYmovies ONE) – “niente paradiso, ma amore”. È un racconto vivido e toccante su un amore giovane e puro in una società intollerante. Un amore fra due ragazze raccontato in modo delicato, attento, profondo.

È il film che è stato presentato in anteprima italiana martedì 26 marzo al Korea Film Fest di Firenze. Ambientato nella Corea del sud al tramonto degli anni ’90, racconta un primo amore fra una adolescente, atleta di taekwondo, che subisce prepotenze e umiliazioni da un allenatore autoritario e violento, e una ragazza orfana, con un passato problematico: più libera, più “moderna”, più disinibita dell’altra. Ma in definitiva anche più indifesa, più sola. Una storia di amicizia e di amore, un filo d’erba al vento di un maschilismo tossico.

A dirigere il film è la regista coreana Han Jay, 37 anni, laureata in sceneggiatura alla Dankook University, da anni impegnata nel raccontare storie LGBTQIA+. In questo film, Han Jay racconta una Corea nella quale le punizioni corporali fanno ancora parte della prassi educativa, e nel quale i maschi sono sopraffattori, ottusi, prepotenti. Abbiamo intervistato la regista.

Han Jay, nel suo film vediamo giovani atlete di taekwondo prese a bastonate dal loro allenatore. Il film è ambientato nella Corea del 1999: quella delle punizioni fisiche è una pratica ancora in uso?
In Corea oggi certe situazioni non emergono alla luce del sole, come accadeva negli anni ’90. C’è un clima generale per il quale le punizioni corporali non sono più tollerate nel mondo dell’educazione e in quello dello sport. Tuttavia, anche mentre scrivevo la sceneggiatura del film, nel 2020, uscivano notizie di violenze nel mondo dello sport. Temo che in qualche modo non si tratti di un problema limitato al passato.

Tema centrale del film è il rapporto di amicizia, complicità e amore fra le due ragazze. Una relazione che trova ostacoli praticamente ovunque. Come è la situazione oggi in Corea?
Oggi i mass media promuovono una grande apertura mentale verso l’omosessualità; ma le sensazioni che prova chi vive con una persona dello stesso sesso sono ancora sensazioni negative. Le persone che hanno relazioni omosessuali non sono le benvenute nella società coreana.

Delle due protagoniste del film, Lee Yu-mi – che interpreta la ragazzina orfana – è la più celebre. Ha interpretato il ruolo di Ji-yeong in Squid Game, arrivando a vincere un premio Emmy, prima donna coreana nella storia a vincere questo riconoscimento. In poco tempo, i suoi follower su Instagram sono diventati, da poche centinaia, oltre sei milioni. 

Come ha scelto le due, bravissime, protagoniste?
Per l’attrice Lee Yu-mi, molti aspetti del personaggio che avevo scritto mi ricordavano proprio lei.. Nonostante l’apparenza delicata, Yu-mi è un’attrice con una grande forza, una grande indipendenza. E volevo l’insieme di queste due caratteristiche. L’altra attrice, Park Soo-yeon, doveva rappresentare un’immagine del tutto diversa. È una ragazza gentile, il tipo di ragazza di cui ti innamori. Ha un sorriso che illumina tutto, che spinge gli altri a sorridere a loro volta. In generale, tutti gli attori sono stati fondamentali. Li ho contattati tutti personalmente, ho fatto provini personalmente, ad uno ad uno: era importante che ognuno di loro mostrasse passione per il progetto.

Come avete lavorato, per rappresentare le scene più violente?
Per le scene di violenza, abbiamo discusso molto a lungo, prima di girare, riguardo al livello di violenza da mostrare, e su come rappresentarlo. Per le scene di taekwondo, c’era sempre sul set un maestro di arti marziali, e abbiamo fatto molte prove prima del ciak. Riguardo alla violenza emotiva, abbiamo parlato a lungo con gli attori e le attrici prima di girare.

Lei ha spesso trattato temi collegati alle discriminazioni verso persone LGBTQIA+. Che cosa, secondo lei, è più necessario e più urgente fare, per superare discriminazioni e barriere? 
Alla fine, penso che la cosa più importante è cambiare la percezione delle persone. Così come c’era un tempo in cui le persone di colore venivano discriminate, le minoranze sono tuttora marginalizzate e discriminate. C’è un grande bisogno di riconoscimento delle diversità di ciascuno, e di rispetto per ogni individuo.

Come vorrebbe che il suo film fosse visto dal pubblico italiano?
Non pretendo niente in particolare. Spero che il pubblico possa entrare in sala e sentire un po’ delle gioie e dei dolori che racconto. Ho girato il film con la speranza che fosse un film capace di ricordarmi il mio primo amore; e spero che il film sia capace di far tornare alla mente il primo amore di ciascuno, quel tempo in cui eri innamorato o innamorata in modo semplice e puro.


GUARDA IL FILM NO HEAVEN, BUT LOVE IN STREAMING SU MYMOVIES

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