Anno | 2022 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Lussemburgo |
Durata | 90 minuti |
Regia di | Jacques Molitor |
Attori | Louise Manteau, Victor Dieu, Marja-Leena Junker, Marco Lorenzini, Jules Werner Myriam Muller, Jean-Jacques Rausin, Benjamin Ramon, Joël Delsaut, Gintare Parulyte, Tracy Dossou, Blaise Ludik, Clod Thommes, Leo Folschette. |
Uscita | giovedì 24 agosto 2023 |
Tag | Da vedere 2022 |
Distribuzione | Satine Film |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 |
MYmonetro | 3,00 su 8 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento mercoledì 23 agosto 2023
La madre single Elaine è stupita del comportamento aggressivo di suo figlio Martin, visita la famiglia del suo defunto padre nella piccola città di Lussemburgo, che nasconde una natura molto più oscura. In Italia al Box Office Wolfkin ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 1,9 mila euro e 39 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
|
Bruxelles. Elaine, mamma single dopo che il suo partner Patrick se l'è misteriosamente filata ancor prima della nascita del figlioletto Martin, vive un momento di notevole difficoltà. Per mandare avanti la famiglia lavora nelle cucine di un fast food, ma il comportamento del decenne Martin le procura notevoli problemi. Aggressivo e preda di violenti e subitanei scoppi di ira, Martin morde e graffia i compagni di scuola che lo provocano, al punto che la mamma di uno di questi, finito in ospedale, minaccia una denuncia.
Non sapendo più cosa fare, Elaine compie un grande passo e porta Martin dai genitori di Patrick, che vivono in una lussuosa tenuta in Lussemburgo e non sanno nemmeno dell'esistenza di Martin. I nonni, aristocratici e altolocati, accolgono con estremo favore l'arrivo di Martin e sono molto cordiali e disponibili anche con Elaine. La donna non tarda però a rendersi conto che la famiglia di Patrick nasconde un segreto terribile che si trasmette di generazione in generazione.
Interessante horror proveniente da Belgio e Lussemburgo, rappresenta uno sguardo un po' diverso su un argomento molto utilizzato al cinema come la licantropia.
Un po' racconto di formazione, con il ragazzino alle soglie di una complicata adolescenza, un po' descrizione di un complesso rapporto tra madre e figlio, un po' discorso sull'accettazione della diversità e su ciò che questa accettazione comporta, il film accomuna varie tematiche in modo tutto sommato agile e a tratti affascinante, con più di qualche banalità, ma anche in generale con un approccio fresco e inventivo.
Il dilemma che presenta è intrigante: accettare in pieno la propria natura selvaggia e vivere quindi "nella" natura o cercare un punto di compromesso tra la propria natura e quella umana utilizzando le proprie qualità per un crudele sfruttamento degli altri? La risposta viene in parte banalizzata da un finale concitato e forse un po' facile e sbrigativo, nel quale i conti sembrano tornare senza troppo sforzo, dopo che si erano prospettate situazioni più inquietanti e complesse, ma il film mantiene comunque una certa carica di originalità che lo rende piacevole anche per la qualità dell'approfondimento di alcuni personaggi, primo fra tutti la protagonista che si trova di fronte alle conseguenze inaspettate dell'amore filiale e a doversi immergere nei riti e nei modi di una famiglia che le è estranea, ma di cui non riesce più a fare a meno. Diversi spunti o personaggi curiosi - su tutti la strana cameriera - vengono lasciati inespressi o sullo sfondo, mantenendo così la loro enigmaticità, ma non venendo forse sufficientemente sfruttati per le loro possibilità.
Valido l'approccio dimesso e quasi naturalistico della prima parte, nella quale si suggeriscono inquietudini e terribili dubbi. La seconda parte, in cui l'armamentario horror più classico prende il sopravvento, le cose si fanno più ordinarie, ma subentra un certo grado di spettacolarità che tiene comunque alto e coinvolgente il tono del racconto. Buona l'interpretazione del cast, con Louise Manteau in particolare evidenza nel ruolo della mamma in cerca d'aiuto, destinata a riceverne una dose forse letale.
Inizia con una scena d'amore, in un'atmosfera un po' sospesa tra fiaba e realtà, come a volerci ricordare che le storie di lupi sono, innanzitutto, una questione di mito. Ma poi c'è il mondo con le sue regole, sintetizzate non tanto dall'abbandono dell'uomo, quanto dallo stacco repentino nella tavola calda dove ha trovato lavoro Emilie, la donna del prologo, nel frattempo diventata madre.
All'inizio di Wolfkin siamo in Belgio, dove Elaine cresce da sola con grande difficoltà suo figlio Martin. Il ragazzo ha importanti difficoltà comportamentali, tanto che la madre si convince a rivolgersi alla famiglia del padre, di cui si sono perse le tracce tempo prima. Una famiglia ricca, che vive in un maniero fuorimano e che offre subito il suo aiuto.
Molti horror che raccontano le origini o la formazione di creature mostruose, ruotano intorno alle esperienze di un giova- ne mutante e ai cambiamenti del suo corpo. Wolfkin è diverso. Quando la madre single Elaine (Louise Manteau) e il figlio Martin (Victor Dieu), che sta cambiando molto velocemente, sono separati da una porta chiusa a chiave, la cinepresa rimane saldamente dalla parte della donna. [...] Vai alla recensione »
Quando la mamma single Elaine scopre che il figlio Martin ha addentato un compagno di classe, si rivolge ai nonni paterni del ragazzo. Che vivono in una lussuosa magione, avvolti dal mistero. Quale segreto di famiglia nascondono? Una rilettura intelligente di un genere classico come la licantropia, permeata di venature horror, ma anche di critica sociale e di un riuscito coming of age.
Tra i topoi più classici del cinema horror, quello della licantropia è senz'altro tra i più antichi e trattati nella storia del genere, ma anche tra quelli che, negli ultimi anni, sono rimasti un po', per varie ragioni, in secondo piano. Hanno influito, probabilmente, le contaminazioni col fantasy di molta letteratura e serialità televisiva (viene in mente l'incorporazione della figura del licantropo [...] Vai alla recensione »
C'è del marcio in Lussemburgo. Tiro a segno sugli immigrati, sulle madri single, sui lavoratori. L'ex aristocrazia se la gode in grandi dimore nella valle verde della Mosella, e genera mostri. Jacques Molitor entra nell'horror con luci e ritmo da psico-commedia, mentre una donna, Elaine (Louise Manteau), si brucia la mano sulla griglia del ristorante dove lavora.
Elaine sta crescendo suo figlio Martin. Il padre Patrick Urwald, rampollo di una ricca famiglia di viticoltori lussemburghesi, è sparito poco dopo averla messa incinta. Dopo anni in cui non ha chiesto niente a nessuno, Elaine si trova costretta a chiedere aiuto ai nonni paterni, perché Martin ha sviluppato pericolose tendenze alla violenza, forse frutto di una tara familiare.