L’opera prima del regista calabrese è un film dalle tante anime – un racconto morale, uno spaccato della generazione Z, un ambizioso lavoro con il digitale – dove la tecnica assume un ruolo certamente non secondario, sorreggendo e dando un senso alle varie situazioni. In programma lunedì 28 novembre al cinema Adriano di Roma.
di Roberto Manassero
Coprodotto da Freak Factory e Rai Cinema e diretto da Aldo Iuliano, regista esordiente nel lungometraggio da anni impegnato come docente di regia e scrittura per il cinema, Space Monkeys è un film che non nasconde le proprie ambizioni. Di ritratto generazionale, prima di tutto, ma anche di racconto morale pronto a librarsi oltre i confini della Terra ed entrare nel regno delle stelle.
La tecnica esibita ed elaborata del film, a cominciare dai movimenti avvolgenti della macchina da presa di Daniele Ciprì (qui libero di giocare con i colori e le luci come raramente si è visto), più che rivelare un talento, mostra una volontà evidente di sfruttare a fondo le potenzialità del digitale e dell’alta definizione. In questo senso, da un punto di vista meramente tecnico, Space Monkeys è un’operazione quasi unica nel panorama del cinema italiano.
Se il racconto ha la struttura di un viaggio al termine della notte, compreso nei confini temporali del passaggio dal tramonto all’alba e in quelli spaziali del castello fuori dal mondo (con la spiaggia in apertura e chiusura a fare da cornice), la forma prova in tutti i modi ad allargare i limiti del film. I piani sequenza mobili, i cerchi disegnati dalla camera, il passaggio da una dimensione reale a una fantastica, quando non proprio fantascientifica, provano ad aumentare l’esperienza sensoriale dello spettatore, in linea con i desideri dei giovani protagonisti.
Le sfide sempre più pericolose che i protagonisti s’impongono l’un l’altro diventano un banco di prova anche per il regista, che sembra testare la propria abilità nel gestire le varie situazioni con la messinscena, alternando il movimento e l’immobilità, il viaggio nel cielo e il ritorno sulla terra, il buio della notte e le fantasie di mille colori.
Il rischio è quello di un’esibizione (soprattutto se la sceneggiatura del regista, di Severino Iuliano e Alessandro Giulietti non regge il peso delle immagini), ma il coraggio della forma non è un aspetto secondario del film. Lo sballo del divertimento, dell’ubriacatura e dell’estasi si traduce in uno sballo sensoriale di immagini e suoni.
Space Monkeys è un film dalle tante anime – un racconto morale, uno spaccato della generazione Z, un ambizioso lavoro con il digitale – che sovrappone universi tematici e formali provando a farli interagire. Come i suoi personaggi, sempre in contatto con presenze invisibili e virtuali (dall’intelligenza artificiale che ricorda Hal 9000 ai follower su Instagram), il film costruisce mondo molteplice, ambiguo e drammatico. Un metaverso, come si dice oggi, che sembra pronto ad accogliere il lavoro di Iuliano e proiettarlo oltre il cinema.