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Pantafa, un horror innovativo, sapientemente a metà tra vero e immaginato, modernità e paganesimo

Scaringi firma un lavoro molto interessante, sia riguardo le intuizioni che stanno alla base del progetto che in merito all’efficacia registica e narrativa in base agli esiti che il film vuole dare. Dal 30 marzo al cinema.
di Archimede Favini

sabato 3 dicembre 2022 - Recensioni

Marta, sempre più preoccupata per le strane allucinazioni che colpiscono la figlia Nina, decide di portarla a vivere in montagna. Le due prendono così in affitto una vecchia casa dall'aspetto un po' spettrale nella cittadina di Malanotte. Tuttavia, la situazione clinica di Nina continua a peggiorare: la bambina inizia a soffrire di gravi paralisi ipnagogiche che assumono caratteristiche orrorifiche: durante la paresi Nina vede uscire dalle pareti una figura fantasmatica che si acquatta sul suo petto e cerca di succhiarle via l'anima. Le preoccupazioni e le suggestioni di Nina vengono ingigantite dalla signora Orsa, una vicina di casa, che riconosce la Pantafica nella descrizione di Nina, un'anima dannata che tormenta le notti dei bambini. È tutto nella sua testa, come sostiene Marta, o il male ha davvero preso connotazioni reali?

Scaringi costruisce un horror che presenta sì degli aspetti fortemente innovativi e contemporanei, ma che risente d’altro canto di una tradizione millenaria: alla base dell’intreccio sta infatti la leggenda abruzzese della Pantafica, una presenza mostruosa ed evanescente che turberebbe le notti dei bambini. Sebbene la vicenda sia ambientata ai giorni nostri, riecheggiano perennemente i detti dialettali, le formule per scacciare il malocchio, e nel susseguirsi delle ritualità il mood acquisisce un sapore quasi medievale e pagano.
 

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