Anno | 2022 |
Genere | Azione, Avventura |
Produzione | USA |
Regia di | Miguel Sapochnik, Clare Kilner, Geeta Patel, Greg Yaitanes |
Attori | Paddy Considine, Olivia Cooke, Emma D'Arcy, Matt Smith, Eve Best Rhys Ifans, Sonoya Mizuno, Steve Toussaint, Milly Alcock, Emily Carey, Fabien Frankel, Graham McTavish, Ryan Corr, Jefferson Hall, David Horovitch. |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
Condividi
|
Ultimo aggiornamento lunedì 5 agosto 2024
Argomenti: Il trono di spade
La serie tv ispirata al romanzo "Fire & Blood" di George R. R. Martin. La serie ha ottenuto 3 candidature e vinto un premio ai Golden Globes, 1 candidatura agli Emmy Awards, 3 candidature a Critics Choice Award, 2 candidature a SAG Awards, 2 candidature e vinto un premio ai CDG Awards, 4 candidature a Critics Choice Super,
CONSIGLIATO N.D.
|
In parte basata sugli eventi raccontati da George R.R. Martin nel libro Fuoco e sangue, la serie è ambientata secoli prima del materiale trasposto in Il Trono di Spade. Viserys I è il re dei Sette Regni, Rhaenyra, sua figlia, capace di cavalcare i draghi, è l'erede designata, ma la successione viene osteggiata dal fratellastro Aegon II e da suo zio Daemon. Gli onnipresenti temi delle lotte fratricide e della famiglia come prigione tossica fanno da sfondo al conflitto crescente che porterà la Casa dei draghi alla propria fine. House of the Dragon è un progetto ambizioso, che cerca anche di aggiustare il tiro rispetto al celebre precedente sulle questioni di rappresentazione e diversity. A questo si aggiunge un cast che unisce star e semi-esordienti e un impianto visivo spettacolare che cerca di essere all'altezza di un universo di intrighi, guerre e draghi.
Una stagione spettacolare dove continuano gli intrighi. Peccato per la mancanza di ironia nei dialoghi
Recensione
di Andrea Fornasiero
Ancora in lutto per la morte di Lucerys, Rhaenyra chiede vendetta e Daemon prende cerca di mettere in pratica la legge del taglione: occhio per occhio, figlio per figlio. Commissiona a due assassini di infiltrarsi nella fortezza di Approdo del Re, ma le cose non andranno secondo i piani e causeranno ulteriore animosità e incomprensioni in entrambe le corti. Tanto che Daemon partirà verso Harrenhall con l'obiettivo dichiarato di radunare truppe per Rhaenyra, ma forse con l'idea di conquistare il trono per sé con un proprio esercito e diventare qualcosa di più del Re consorte. Aegon nel mentre si dimostra un governante poco illuminato e si libera del nonno consigliere Otto per sostituirgli l'astuto Larys, mentre Aemond vive male il regno del fratello e pianifica le future battaglie con Criston Cole. Intanto a Dragonstone trova rifugio Mysaria, che si avvicina sempre più alla regina Rhaenyra.
Ormai è guerra in House of the Dragon e mentre le alleanze si formano e si disfano, continuano gli intrighi, in una stagione più spettacolare della precedente ma ancora in difetto di carisma e brillantezza rispetto all'originale.
Per quanto entrino in scena nuovi personaggi - tra cui Ulf, dotato di un minimo di sarcasmo ma pure piuttosto antipatico e per ora marginale - continua a latitare l'ironia nei dialoghi di House of the Dragon, sempre così seri da risultare pedanti. Per certi versi va anche peggio dell'anno scorso, quando Daemon si permetteva di fare il buono e il cattivo tempo e innervava di energia almeno alcune scene. Quest'anno invece il personaggio di Matt Smith è intrappolato in una sorta di castello infestato dove continua a ricevere sinistre visioni, che spesso lo umiliano e lo portano ad agire in modo più mite, più ragionevole ma pure meno divertente ed energico.
L'approccio femminista alla scrittura, che la scorsa stagione sfociava nel manicheismo dove non c'era un maschio che non fosse da prendere a schiaffi, quest'anno si attenua un poco, ma rifiuta di svanire del tutto e ancora all'ultimo episodio di stagione assistiamo a un improbabile faccia a faccia tra Rhaenyra e Alicent, dove entrambe ribadiscono che avrebbero voluto evitare la guerra ma sono state vittima delle circostanze. Per fortuna però a questo punto la guerra non è più solo tra loro due, soprattutto perché Alicent sembra aver perso il proprio potere, mentre Rhaenyra si trova in una complicata situazione dove, alle ambizioni di Daemon, si sostituisce la variabile impazzita dei "dragonseed", popolani messi a cavallo di diversi draghi, tra cui il secondo più grande in vita. Una mossa spregiudicata che di certo avrà serie conseguenze... nella prossima stagione.
Purtroppo infatti questa seconda annata, un po' sulla scia di quanto accadeva con le vecchie stagioni de Il Trono di Spade trova il proprio momento di maggior spettacolo nel penultimo episodio e poi chiude la stagione riassestando la scacchiera per l'annata a venire. Questa volta però l'operazione non è felice, perché il climax in questione non è una qualche risolutiva battaglia e se da una parte cambia gli equilibri della guerra, dall'altra non arriva a un confronto e ha per protagonisti personaggi minori. Dunque la seconda annata, nonostante consti di due episodi in meno della prima, sembra prendere tempo, risparmiare sul budget e rinviare ancora una volta le molte battaglie che mancano al prossimo capitolo. La sola battaglia a cui assistiamo però è davvero ben realizzata: lo scontro tra i draghi del quarto episodio della stagione è scioccante per la sua brutalità e per l'esito drammatico che colpisce due personaggi cruciali. Un colpo di scena magistrale al quale purtroppo seguono troppi episodi di stallo, dove Aemond sembra aver esaurito il proprio scopo e tutta la sua strategia di guerra non ci viene nemmeno spiegata, preferendogli lo sconsolato primo piano di Alicent che smette di ascoltarlo quando capisce di essere stata messa da parte.
L'insistenza della serie nel suo messaggio antipatriarcale finisce così per essere ancora una volta antidrammatica, anche se per fortuna le cose iniziano a cambiare nella seconda parte della stagione. I dragonseed includono infatti personaggi maschili non tossici e nemmeno di nobili origini, dando finalmente un po' di varietà all'estrazione sociale dei protagonisti, prima interamente - e insopportabilmente - aristocratica. Inoltre sembra che almeno un figlio di Alicent sia un essere umano decente e di certo entrerà in scena nella prossima stagione, rompendo uno schematismo che per quanto di condivisibile messaggio, era diventato prevedibile e sfiancante. Dà poi speranze di maggior vivacità per la stagione ventura anche un altro personaggio introdotto a fine annata: una piratessa della triarchia che combatte nel fango e ha numerose mogli. Una figura carica di gioia di vivere e di entusiasmo per l'avventura e la battaglia, che finalmente dovrebbe rendere meno monocorde e lugubre il prosieguo degli eventi.
Infine va spezzata una lancia per Mysaria, interpretata dall'ottima Sonoya Mizuno, personaggio dal ruolo significativamente accresciuto rispetto ai libri. Ora che si è avvicinata a Rhaenyra ha assunto un ruolo speculare a quello di Larys, ma i suoi intenti sono sempre stati dalla parte del popolo, forse persino rivoluzionari e quindi quale sia il suo vero ruolo rimane tutto da vedere. Inoltre il suo rapporto con Rhaenyra promette di fare scintille in un possibile triangolo amoroso con il suo precedente amante Daemon.
Dalla parte delle donne, una serie prequel dal notevole senso dello spettacolo. Con un finale che regala draghi in volo come non ne avevamo mai visti
Recensione
di Andrea Fornasiero
Viserys della casata Targaryen è divenuto il Re dei Sette Regni quando suo nonno Jaehaerys ha imposto ai suoi sottoposti di scegliere tra lui e la sorella maggiore Rhaenys. Sogna di avere un figlio maschio ma la sua regina muore nel parto e suo fratello Daemon insulta la breve vita del neonato. Per questo oltraggio, Viserys decreta che il suo erede sarà sua figlia Rhaenyra. Anche quando successivamente si sposa con Alicent Hightower e ha finalmente figli maschi non cambia la propria decisione, che però sarà prevedibilmente poco apprezzata dagli altro nobili dei Sette Regni, che vorrebbero un uomo sul Trono. Crescono così i semi della futura guerra civile...
Il prequel de Il trono di spade, ambientato circa duecento anni prima, fa tutto il possibile per dimostrarsi femminista, ma il correttivo non compensa le molte lacune e la serie originale resta di ben altro livello, nonostante i draghi siano più presenti e spettacolari che mai.
Affidata a Ryan Condal, che nel curriculum vanta la tutt'altro che esaltante Colony, House of the Dragon è una serie prima di tutto dalla parte delle donne, in un chiarissimo tentativo di correggere la percezione maschilista che, soprattutto in America, si ha de Il trono di spade. L'intento è senz'altro nobile e in tempi in cui le leggi sull'aborto vengono ridiscusse è indubbiamente una presa di posizione politica mostrare il parto come un momento doloroso e rischioso, da non affrontare alla leggera.
D'altra parte nemmeno The Handmaid's Tale ha tanto insistito sulle doglie del parto, con tanto di aborto spontaneo splatter nell'ultimo episodio, e si sfonda così in una pedanteria di dubbio gusto. Impressione rafforzata dal continuo mostrare le donne della serie come costrette a navigare con difficoltà in un mondo di maschi dai comportamenti molto spesso "tossici". Il che è comprensibile quando le due sono giovani, ma diventa insistito e stucchevole quando Rhaenyra e Alicent arrivano al potere, tanto da far sembrare quest'ultima davvero poco perspicace pur di mostrarla raggirata dai maschi.
Di nuovo si pensi a The Handmaid's Tale (per non parlare delle donne in politica dei nostri giorni) e a come presenti anche donne di potere tutt'altro che tenere con le loro sorelle, mentre in House of the Dragon sembra si voglia mostrare a tutti i costi che senza i maschi saprebbero andare d'accordo in virtù di una sorellanza ideale, con una pedanteria da pamphlet che vuole propagandare un teorema cozzando non solo con la natura umana che conosciamo, ma pure dannosa per l'esito drammatico. È infatti tutt'altro che appassionante vedere personaggi al comando da entrambe le parti continuamente riluttanti rispetto al conflitto e si finisce ben presto per rimpiangere Cersei e Daenerys, entrambe di tutt'altra pasta, intente a pianificare il futuro anche quando gli capitava di dover sottostare a qualche uomo.
Un altro elemento che House of the Dragon ha voluto rettificare è la monocromia del cast della serie madre, interpretata quasi da soli bianchi. Qui la casata Velaryon è così di etnia nera, a differenza che nei libri da cui è tratta la storia, scelta encomiabile ma purtroppo anche controproducente. Nei libri infatti, riguardo i figli di Rhaenyra, era lecito dubitare ma difficile provare che non fossero di Laenor Velaryon, mentre nella versione televisiva è del tutto incontestabile. Se si ripensa a come Il trono di spade partiva con una indagine volta a dimostrare che, per via del colore dei soli capelli, i figli di Cersei non erano del Re, ci si rende conto di quanto le cose si siano fatte più grossolane.
Che i correttivi siano stati peggiori dei mali che volevano curare, non è poi nemmeno il peggiore dei problemi. Il vero guaio è che la nuova serie è claustrofobicamente chiusa a corte, rifugge gli spazi aperti e soprattutto non ha che un personaggio dalla prospettiva popolare, la "White Worm" interpretata da Sonoya Mizuno che però appare sporadicamente e ha pochissime battute. Quasi tutti gli altri sono nobili più o meno disprezzabili (salviamo Rhaenys e Lord Lyonel Strong). Non ci sono Stark per cui fare il tifo contro i prepotenti e arroganti Lannister, al punto che per ora chi prenderà il trono è solo una questione di meno peggio. E proprio nel scegliere la questione del Trono come linea narrativa principale la nuova serie chiama a gran voce il confronto con la precedente, dove perde schiettamente anche sul fronte del carisma e soprattutto dello humour. Tutti sono seriosi e spesso tristi, facendo amaramente rimpiangere non solo figure dall'eloquio sottile e prezioso come Varys e Ditocorto, ma pure il sarcasmo di Tyrion e persino quello di Jaime. Il solo Daemon, con la sua attitudine da "succeda quel che succeda" porta un po' di vitalità, ma è decisamente troppo poco.
A compensare tutto questo ci sono più draghi, molti più draghi, tanto che è impossibile ricordare i nomi di tutti loro. In alcuni episodi quasi non si vedono, ma con il procedere delle puntate è sempre più chiaro che saranno cruciali nella guerra a venire. Vediamo inoltre draghi dalle dimensioni enormemente diverse tra loro, al punto che nell'ultimo episodio la sola testa Vhagar appare grossa quanto l'intero corpo di un altro drago, quasi fosse una sorta di Godzilla volante. Per quanto assurda, già la battaglia del terzo episodio sfoggiava un notevole senso dello spettacolo e il finale regala draghi in volo come ancora non ne avevamo mai visti.
Non è probabilmente un caso che entrambi gli episodi siano diretti da Greg Yaitanes e in generale le puntate hanno spesso una buona regia, con un incipit ricercato per lo meno, ma dall'erede de Il trono di spade era lecito aspettarsi di meglio.
E' un po' meno stupido de Il trono di spade, anche perché linea narrativa e numero dei personaggi sono più ristretti. Manca la bestialità dei personaggi buoni e cattivi, coi quali i poveri di spirito possano identificarsi instaurando dialettiche di tifo sportivo. Ho anche apprezzato il fatto che la maggior parte delle scene si svolgano al chiuso, l'atmosfera cupa e [...] Vai alla recensione »
La serie paga rispetto alla precedente eccessiva staticità delle situazioni. Asfittica, visto che di fatto si svolge quasi tutta ad approdo del re e quasi unicamente entro la famiglia Targarian, e statica, perché si svolge in un periodo di pace, senza quindi quella tensione continua che solo un contesto di conflitto può dare. Tutto è giocato sulle tensioni familiari, sulle [...] Vai alla recensione »
La serie paga rispetto alla precedente eccessiva staticità delle situazioni. Asfittica, visto che di fatto si svolge quasi tutta ad approdo del re e quasi unicamente entro la famiglia Targarian, e statica, perché si svolge in un periodo di pace, senza quindi quella tensione continua che solo un contesto di conflitto può dare. Tutto è giocato sulle tensioni familiari, sulle [...] Vai alla recensione »