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The Forgotten Front, Farinelli: «Un film che racconta la Storia in modo nuovo»

Il Direttore della Cineteca di Bologna racconta la genesi, l'entusiasmo nell'adesione al progetto, le idee sul futuro prossimo dell'audiovisivo. Guarda il film in streaming nella Sala virtuale di MYmovies. Acquista €3,00 »
di Marianna Cappi

mercoledì 22 aprile 2020 - mymovieslive

Dal 21 al 25 aprile MYmovies, in collaborazione con la Cineteca di Bologna, propone in streaming la visione di The Forgotten Front - La resistenza a Bologna, un documentario di Paolo Soglia e Lorenzo K Stanzani.

Realizzato con materiale d’archivio in gran parte inedito, il film propone un racconto storico rigoroso, sostenuto dagli interventi di Luca Alessandrini, Luca Baldissara, David W. Ellwood e Toni Rovatti. È il racconto del “fronte dimenticato”, per usare l’espressione che impiegò il New York Times l’11 dicembre 1944, quando l’avanzata alleata in Italia si fermò per molti mesi lasciando alla Resistenza il compito di combattere i nazifascisti, mentre angloamericani e sovietici procedevano verso Berlino dalla Francia e dall’Europa orientale.

“Un film che riguarda la storia di tutti”, come afferma Gian Luca Farinelli, Direttore della Cineteca di Bologna.


Qual è stato il ruolo della Cineteca nella realizzazione di “The Forgotten Front”?
Da moltissimi anni raccogliamo con grande attenzione il materiale che riguarda la Seconda guerra mondiale e in particolare Bologna durante la guerra, perché nasciamo anche come archivio cittadino: un archivio enorme, con quasi due milioni di fotografie e tante altre immagini che rappresentano la storia della città.
Quando, ormai due anni fa, Stanzani e Soglia sono venuti da me per dirmi che stavano lavorando su un documentario che raccontasse la guerra a Bologna tra la fine dell’estate del ‘44 e l’aprile del ‘45, quando il fronte si assesta a pochi chilometri dalla città, la cosa mi ha subito molto interessato, soprattutto per l’approccio, che prevedeva il lavoro sui materiali.


Conosco in particolare il lavoro di documentarista di Lorenzo Stanzani da parecchi anni, l’attenzione che ha nella ricerca dei materiali e come sa valorizzarli, quindi la Cineteca ha dato subito la sua adesione al progetto, ha fornito l’accesso agli archivi e si è impegnata a promuovere un film come questo, che racconta in modo nuovo la Storia, non attraverso le parole dei testimoni ma attraverso la testimonianza dei materiali.
Gian Luca Farinelli, Direttore della Cineteca di Bologna

Film così rischiano altrimenti di rimanere sommersi, perché sono operazioni che hanno un valore storico molto rilevante ma un basso impatto commerciale. Un’istituzione come la nostra può aiutare a farli conoscere e circolare. Tra l’altro, fino a qualche tempo fa credevamo che il materiale sulla Seconda Guerra Mondiale fosse ormai stato completamente reperito, ma non è così: ci siamo accorti, negli ultimi anni, che, soprattutto negli archivi delle Forze Alleate, è in corso un lavoro di digitalizzazione importante.
Abbiamo scoperto, sia a Washington che in Sud Africa che in Inghilterra, tanto materiale che fino a poco tempo fa era totalmente sconosciuto. Una piccola parte è nel film, ma per noi questo film è anche l’inizio di un nuovo lavoro, per acquisire questo materiale e renderlo conosciuto e utilizzabile, al fine di raccontare meglio la storia e farla conoscere alle future generazioni.


Questo ci porta al tema del rapporto tra cinema d’archivio e memoria: un rapporto aperto, perché l’archivio è sempre potenzialmente in espansione.
Per questo penso che il nostro sia un lavoro importante, proprio perché mette a disposizione di tutti un materiale che può essere usato in tanti modi: per i documentari ma anche per un museo, una mostra o altro. Sarebbe tragico non poter più raccontare la Storia attraverso le immagini. Invece gli archivi sono un corpo vivo, cambiano, non restano uguali.
Nella mia giovinezza, uno dei primi lavori che mi toccò fare fu un documentario che si chiamava “La battaglia dei fiumi padani e la liberazione di Bologna,” che grosso modo prendeva in analisi lo stesso periodo di The Forgotten Front e che fu diretto da Renzo Renzi, geniale critico e cineasta. E ricordo che all’epoca parlammo con il principale storico di quel periodo, il quale diceva che il materiale esistente era stato portato ormai completamente alla luce.
Era il 1985. Trentacinque anni dopo posso dire che non era vero: altro materiale è emerso, nuovi sguardi. Il film era stata prodotto dall’ANPI e dal capitano partigiano Michelini, che mi disse: “Noi fra un po’ non ci saremo più, bisogna che lasciamo delle tracce”.
Credo che la bellezza di The Forgotten Front stia proprio nel suo utilizzo degli archivi e nel suo essere dunque una delle possibili storie per raccontare ciò che è accaduto.


Il film utilizza molti archivi diversi; se è vero che ogni archivio è in un certo senso uno specchio di chi l’ha costruito, poter accedere ad archivi differenti dovrebbe significare un arricchimento della complessità e della profondità del quadro storico che si vuole raccontare. È così?
Non c’è dubbio. Tra l’altro nel film ci sono archivi istituzionali, ci sono le immagini di alcune delle armate che erano in azione, ma ci sono anche archivi privati, sia fotografici - come quello delle meravigliose sei fotografie riprese da una finestra su piazza Maggiore che si riempie progressivamente - che filmati, come il materiale preziosissimo di Edo Ansaloni, che era un giovanissimo appassionato di cinema, abitante nel pieno centro della città, che aveva una macchina 16 mm e le bobine da 30 metri, e quando partiva l’allarme, contrariamente al volere dei genitori, scappava sui tetti e riprendeva i bombardamenti e tutto quello che accadeva. Una cosa proibita, oltre che rischiosissima. Le sue immagini, molto poco professionali, sono un altro, prezioso punto di vista.
E poi ci sono le immagini tutte rigate di un partigiano che si era unito all’esercito americano e la notte del 19 aprile aveva dato il suo sassofono ad un soldato americano in cambio di una macchina da presa 16 mm con una bobina. Con queste, che non aveva mai usato prima, ha ripreso la sua liberazione, la sua famiglia che percorre la strada cittadina finalmente libera: un documento di una tenerezza e di un’umanità grandiose.


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