Fuori concorso al 38TFF, la narrazione di un'artista iconica in lotta con violenze e pregiudizi.
di Raffaella Giancristofaro
Caratterizzata da un'infanzia di povertà e degrado, dalla segregazione razziale subita anche una volta divenuta star, rapporti tempestosi e rapaci con amanti di entrambi i sessi, una dipendenza dalle droghe e un'attenzione particolare da parte della Narcotici americana, la fulminante, convulsa esistenza della cantante Billie Holiday (1915-1959) avrebbe dovuto essere oggetto di una biografia scritta da Linda Lipnack Kuehl. La giornalista, a tale scopo, accumulò una corposa mole di interviste audio, al fine di rendere giustizia alla vera natura della performer con la massima precisione possibile. Morta nel 1978 in circostanze non totalmente chiare alla famiglia, Kuehl non fece in tempo a pubblicare il suo lavoro. Così quelle registrazioni diventano, molti anni dopo, la base di questo documentario.
L'operazione è complessa, in primo luogo perché per necessità produttive il film impone allo spettatore un parallelismo tra la Holiday e la sua prima fan e investigatrice, coi tratti di un'ossessione e un'identificazione a cui il film allude senza portare prove concrete.