Billie

Film 2019 | Documentario 96 min.

Anno2019
GenereDocumentario
ProduzioneGran Bretagna
Durata96 minuti
Regia diJames Erskine
MYmonetro 3,50 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di James Erskine. Un film Genere Documentario - Gran Bretagna, 2019, durata 96 minuti. - MYmonetro 3,50 su 3 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 27 novembre 2020

Un ritratto della grande artista Billie Holiday.

Consigliato sì!
3,50/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 4,00
CONSIGLIATO SÌ
Un coro di interviste sulla Holiday, raccolte negli anni '70, alla base di una sintesi ricca e caotica.
Recensione di Raffaella Giancristofaro
venerdì 27 novembre 2020
Recensione di Raffaella Giancristofaro
venerdì 27 novembre 2020

Caratterizzata da un'infanzia di povertà e degrado, dalla segregazione razziale subita anche una volta divenuta star, rapporti tempestosi e rapaci con amanti di entrambi i sessi, una dipendenza dalle droghe e un'attenzione particolare da parte della Narcotici americana, la fulminante, convulsa esistenza della cantante Billie Holiday (1915-1959) avrebbe dovuto essere oggetto di una biografia scritta da Linda Lipnack Kuehl. La giornalista, a tale scopo, accumulò una corposa mole di interviste audio, al fine di rendere giustizia alla vera natura della performer con la massima precisione possibile. Morta nel 1978 in circostanze non totalmente chiare alla famiglia, Kuehl non fece in tempo a pubblicare il suo lavoro. Così quelle registrazioni diventano, molti anni dopo, la base di questo documentario.

L'operazione è complessa, in primo luogo perché per necessità produttive il film impone allo spettatore un parallelismo tra la Holiday e la sua prima fan e investigatrice, coi tratti di un'ossessione e un'identificazione a cui il film allude senza portare prove concrete.

Il cuore del film, cioè le decine di incontri e dialoghi senza volti "in presenza", sono ricostruiti sul set ma accompagnati da voci originali, digitalizzate e rieditate, e foto o filmati d'archivio. Qui si pone la seconda scelta stilistica cruciale, cioè la colorizzazione della maggior parte dei materiali storici ad opera della digital colorist brasiliana Marina Amaral. "Dato che la vita di Billie era stata vissuta una vita a colori, sentivamo che lasciandola intrappolata in un mondo di pellicole in bianco e nero avremmo reso un pessimo servizio al pubblico di oggi e all'importanza della sua storia", dichiara il regista James Erskine nelle note stampa.

Il colore quindi è inteso come acceleratore di empatia, di effetto drammatico. Di forti contrasti. Non che la biografia di Eleonore Fagan alias Billie Holiday ne sia privo, o che lo spettatore ne avverta mai la mancanza (elementi già noti ed elaborati, anche se in chiave fiction, in La signora del blues di Sidney J. Furie, a sua volta tratto dall'autobiografia della Holiday). Perché dalla ricerca di Kuehl il film raccoglie e fa propria la curiosità sulle cause e i traumi psicologici di un'esistenza da rockstar.

Il grosso delle testimonianze è più interessato agli aspetti privati e scandalosi che alle caratteristiche della performance, del canto o dell'interazione e degli aspetti anche contrattuali con le band e i musicisti prestigiosi che si susseguirono nella sua carriera.

Unica, lodevole eccezione, un inciso particolarmente riuscito su Strange Fruit, brano spartiacque nella discografia di Lady Day e durissima accusa al razzismo endemico degli Stati Uniti, il cui testo, come quelli di tutti i brani inclusi nel film, è fortunatamente sottotitolato. È infatti solo grazie a un elegante apparato di esibizioni live, fornito dalla fondazione a lei dedicata, se da questo collage disinvolto nell'uso dei frammenti si affaccia anche, saltuariamente, la narrazione di un'artista in lotta con violenze e pregiudizi. Più preoccupata di "vivere cento giorni in un giorno" che della propria indipendenza.

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STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
sabato 28 novembre 2020
Francesca Pistocchi
Close-up

Non è la prima volta che il documentarista inglese James Erskine s'insinua, armato di cinepresa, nelle controverse vite degli altri: Reduce da The Battles of Sexes, dedicato alla tennista Billie Jane King e da Pantani: The Accidental Death of a Cyclist, il regista sembra aver conservato l'impassibile lucidità necessaria per tracciare i contorni di un nuovo, allucinato dipinto.

venerdì 27 novembre 2020
Alessandra Levantesi
La Stampa

Lo firma James Erskine, autore di vari documentari sportivi, e il titolo Billie sta per Billie Holiday alias «Lady Day» come fu soprannominata da Lester Young, straordinario sax tenore e fraterno amico; e come è nota a milioni di appassionati nel mondo. Ma il film fuori concorso al TFF ruota su Billie in maniera indiretta, attraverso i materiali raccolti da Linda Lipnack Kuehl, una giornalista sensibilizzat [...] Vai alla recensione »

NEWS
TORINO FILM FESTIVAL
venerdì 27 novembre 2020
Raffaella Giancristofaro

Fuori concorso al 38TFF, la narrazione di un'artista iconica in lotta con violenze e pregiudizi. Vai all'articolo »

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