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Ultimo aggiornamento giovedì 26 settembre 2019
Manuel Gomez Vidal, politico di successo con una vita apparentemente perfetta, è in realtà un corrotto che ha trafugato per anni fondi pubblici. Il film ha ottenuto 13 candidature e vinto 7 Goya, In Italia al Box Office Il Regno ha incassato 61,9 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Manuel López-Vidal è un vicesegretario regionale prossimo al salto verso la politica nazionale. Con i compagni di partito gestisce un consolidato sistema di potere che mescola corruzione, favoritismi e benefit di lusso. Quando il giro di corruzione viene a galla e cominciano gli interrogatori, Manuel è lasciato solo sia dai capi di Madrid, sia dagli ex amici. Espulso dal "regno", braccato dalla stampa e indicato come principale responsabile dello scandalo, non esita a tentare ogni strada pur di salvare la reputazione e la sua stessa vita.
Una riflessione sulla corruzione nella politica e nella società spagnola, che il regista di Che Dio ci perdoni gira come un tesissimo thriller sulla deriva di un uomo disperato e abbandonato dal sistema nel quale ha sempre creduto.
Il regno si colloca temporalmente agli albori del sovranismo oggi imperante; o meglio al tramonto dell'era del partitismo che avrebbe portato - in Spagna e in buona parte d'Europa - all'avvento delle spinte populiste e dei partiti-persona. L'era, come si vede in una scena del film, dei primi iPhone usati per documentare ogni aspetto della vita pubblica e privata; l'era della crisi economica e delle speculazioni edilizie; l'era del connubio tra destra e sinistra nella gestione clientelare della politica, come indicato dalla vaghezza sul nome e sul colore politico del partito a cui appartiene il protagonista.
Al centro del film c'è un'idea di potere e di controllo privatistico della cosa pubblica che riguarda l'idea stessa di società. Manuel López-Vidal, detto Manu, è a suo modo un eroe popolare, un uomo che si è fatto da solo arrivando a un passo dalla cima senza terminare gli studi e dopo anni di gavetta. Il rispetto, la ricchezza, l'assenza di scrupoli che condivide con i compagni di partito sono un mezzo e al tempo stesso un fine della sua scalata: nel "regno" di cui fa parte, la corruzione è politica e la politica è corruzione, non esistono altri modo di lavorare.
Rodrigo Sorogoyen, che già in Che Dio ci perdoni aveva dato uno spaccato sociologico della Spagna contemporanea con le forme del cinema di genere (in quel caso il poliziesco), gestisce questa deriva incontrollata con i tempi di un thriller che si fa sempre più teso con il precipitare degli eventi. Antonio de la Torre, vulcanico interprete dagli occhi furiosi, s'imbarca in un tour-de-force attoriale che rende lo stato febbrile del personaggio, sottolineato dalla mobilità della macchina da presa, dalla musica elettronica di Olivier Arson e dal montaggio che allunga le scene oltre la soglia del sostenibile. Momenti come il confronto tra Manu e un ex compagno di partito che l'uomo cerca d'incastrare, o la ricerca notturna dei taccuini segreti del partito, sono attraversati da una tale agitazione da spingere l'espressionismo del film al punto di non ritorno, al limite tra l'isteria incontrollata e il parossismo.
Il risultato è uno stato di tensione perenne che porta alla sostanziale immobilità del sistema e che dunque svela il cinismo del regista e della sua co-sceneggiatrice Isabel Peña: Manu resta convinto della propria invulnerabilità esattamente come il sistema di cui fa parte, pronto a cadere e a rialzarsi un'altra volta, con le solite figure di sempre ai posti di comando e qualche comprimario in meno sullo sfondo.
Sospese nell'aria restano le responsabilità morali di ciascun individuo e le domande esistenziali senza risposta («Si è mai fermato per un momento, nella sua vita, a pensare a cosa stava facendo?», chiede una giornalista a Manu), ma niente a cui il regno non sappia resistere riaffermando la propria forza.
Il regno è morto, viva il regno.
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Nel film “El Reino”, in originale, Manuel Gómez Vidal (un bravissimo Antonio La Torre) è un politico vicesegretario regionale di successo, che conduce una vita agiata, ha una bella moglie (Monica Lopez) e una figlia che lo adora (Maria De Nati). Vidal è un uomo che si è fatto da sé, con poca istruzione ma con grande acume ed è devoto al Presidente [...] Vai alla recensione »
Corruzione spagnola, niente di nuovo che possa appassionare. La trama è standard e prevedibile: un gruppo di politici è coinvolto in loschi traffici, fino a quando un giudice riesce a pizzicarne un paio. Inizia un tormentone in cui tutti cercano di proteggersi, invocando l'omertà e scaricando la colpa sui due colti con le mani nella marmellata.
questo movie ha tutte le caratteristiche per assurgere alla massima statuetta,perfetto thriller sotto tutti i punti di vista,de la torre bravissimo,non mancano suspence colpi di scena il tutto sostenuto da un'incessante colonna sonora e dal ritmo incalzante,ottimo!!!
Sinceramente non capisco le tre stelle di Vanessa. Bastano i primi 15 minuti per capire l'incosistenza di un film noioso e fastidioso. La regia non esiste, le inquadrature spesso staccano troppo velocemente. Il contenuto è scialbo e gli attori troppo inefficienti. Non consiglio di vederlo.
Il film del regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen, Il regno [el reino], è una formidabile riflessione sul potere (economico e politico) e sulla rigidissima legge dell’omeostasi che lo regola. Nessun mutamento sostanziale deve accadere, perché il mantenimento dello status quo è la priorità assoluta, indiscutibile. Per far questo deve sempre essere servito da un gruppetto [...] Vai alla recensione »
Quando i registi italiani invece di acrobazie narcisiste come "Martin Eden" di Pietro Marcello gireranno un piano sequenza come quello che apre "Il regno", il cinema italiano godrà di salute migliore. Vale anche per i premi David e i Nastri d'argento, questo film ha avuto 13 candidature e vinto sei premi Goya (si usa dire, gli Oscar del cinema spagnolo).
Dopo aver mostrato con il precedente Che dio ci perdoni di essere un regista dotato per il poliziesco (i ritmi, l'ambiguità, la violenza, il sottotesto politico), Rodrigo Sorogoyen compie con Il regno una scelta importante e rischiosa: raccontare, con le modalità di quel genere in cui per l'appunto si è mosso tanto bene, il mondo della politica. Il mondo occulto della politica.
La macchina da presa lo inquadra di spalle e lo insegue mentre attraversa la cucina di un rinomato ristorante e raggiunge alcuni amici e compagni di partito con un vassoio di gamberoni. Manuel Lopez-Vidal ha tutto quello che si può desiderare: fama, soldi, lusso, potere. Soprattutto, potere: dirigente regionale del suo partito, sta per fare il gran salto e diventare un leader nazionale.
Sembra una spy story senza tregua della New Hollywood, invece è "solo" una questione poco "new" di fondi pubblici trafugati. Vincitore di sette Goya, è del Sorogoyen che con Madre ha appena ottenuto il premio per la miglior attrice (Marta Nieto) nella sezione Orizzonti a Venezia. Immersione nella battaglia che un politico corrotto ingaggia per non finire stritolato come capro espiatorio di un sistema [...] Vai alla recensione »
ll regno ha vinto lo scorso anno sette Goya (gli Oscar spagnoli), tra cui quelli al 51 enne protagonista Antonio de la Torre (carismatico e solidissimo, visto di recente in due ottimi film, La isla minima e Una notte di 12 anni in cui impersonava il futuro presidente dell'Uruguay, José Mujica), al "non protagonista" Louis Zahera (ma si fa per dire, le prime parti sono molte nel film), al regista Rodrigo [...] Vai alla recensione »
Manuel Lopez Vidal, detto "Manu", sta per fare il grande salto dalla politica regionale a quella nazionale. Madrid lo aspetta. Ha governato per 15 anni un comitato d'affari tra speculazioni su terreni, tangenti e giri di soldi spostati all'estero. Quando lo scandalo viene fuori, seguito da un'improvvisa ondata moralizzatrice, tutti lo mollano cercando di attribuirgli ogni colpa (e invitandolo a prendersela) [...] Vai alla recensione »
Il regno, che dà il titolo a film, è una bolla di corruzione, omertà e connivenze che circonda la politica spagnola. Manuel, il protagonista di questo avvincente thriller di Sorogoyen, come Adamo nel paradiso perduto di Milton, viene cacciato dall'Eden fatto di denaro e lusso al quale era abituato dopo anni di "vivere alla grande", come ama definirlo lui stesso e come odiava sentir dire il compianto [...] Vai alla recensione »
Prossimo a entrare nella direzione nazionale del suo partito, Manuel Lopez-Vidal è coinvolto in un caso di corruzione; ma non intende finire da solo nella polvere e minaccia i suoi confratelli di trascinarli con sé. Tutto converge in un dibattito televisivo con la giornalista Amaia Marin, che lo sottopone a un processo mediatico in diretta. Se Il regno si riferisce a casi di cronaca avvenuti in Spagna, [...] Vai alla recensione »
Il "Regno" del titolo è un partito politico, o meglio il comitato d'affari che lo gestisce. Uno dei "regnanti", Manuel López Vidal (interpretato da Antonio de la Torre, performance straordinaria la sua), quello dal futuro più luminoso, viene incastrato dalla procura. Intercettazioni senza scampo. Effetto domino, mentre aumenta il ritmo del racconto e della musica di Olivier Arson che ne diventa il [...] Vai alla recensione »
Sulla scia dei 7 Goya vinti approda nelle sale la nuova pellicola di Rodrigo Sorogoyen, Il regno, nella quale il pubblico potrà ritrovare le medesime qualità di scrittura, estetica e recitazione già presenti nei lavori precedenti. Qualità che hanno consentito al cineasta madrileno di dare forma ad un thriller che affonda la lama in uno dei temi più caldi in Spagna e non solo, ossia la corruzione nella [...] Vai alla recensione »
Rodrigo Sorogoyen, nel suo film del 2016, Che Dio ci perdoni, ci aveva presentato un potente quadro sociologico della Spagna contemporanea attraverso le forme del genere poliziesco. Con questo nuovo lavoro - che ha vinto in patria sette premi Goya - prosegue l'indagine (peraltro documentatissima) affrontando il "political drama" sulle manovre sporche di un uomo di governo (un influente vicesegretario [...] Vai alla recensione »
Ha vinto qualcosa come sette premi Goya, l'equivalente spagnolo dei nostri David. E non in categorie da poco, visto che ha trionfato come regia, attore protagonista e non protagonista, sceneggiatura originale, colonna sonora, montaggio e sonoro. Non che questo sia sinonimo automatico di qualità, ma, in questo caso, non ci sono dubbi in merito. Il Regno è realmente un gran bel film, un thriller dalle [...] Vai alla recensione »