Un diario intimo del dolore, un ritratto della presenza dell'assenza, un viaggio interiore di un'anima ripiegata su se stessa. Recensione di Francesca Ferri, legge Barbara Petti.
di A cura della redazione
1944, la Francia è sotto l'occupazione tedesca. Lo scrittore Robert Antelme, maggior rappresentante della Resistenza, è arrestato e deportato. La sua giovane sposa Marguerite Duras è trafitta dall'angoscia di non avere sue notizie e dal senso di colpa per la relazione segreta col suo amico Dyonis. Pronta a tutto per ritrovare il marito, si lascia coinvolgere in un rapporto ambiguo con un agente francese della Gestapo, Rabier, l'unico a poterla aiutare.
Con qualche libertà e sublime delicatezza, il regista rilegge il celebre romanzo di Marguerite Duras che lo sconvolse a 19 anni.
L'opera non è un biopic su Marguerite Duras, ma un diario intimo del dolore, un ritratto della presenza dell'assenza, un viaggio interiore di un'anima ripiegata su se stessa che Mélanie Thierry ha saputo brillantemente portare alla luce.
In occasione dell'uscita al cinema di La douleur, dal 17 gennaio in sala, Barbara Petti interpreta la recensione di Francesca Ferri.