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Happy Winter, «Palermo alla fine dell'estate? Un'Italia in piccolo»

Il regista Giovanni Totaro ci racconta il film che ha girato a Mondello, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e ora in anteprima al cinema La Compagnia di Firenze.
di Gabriele Baldaccini

Happy Winter

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giovedì 21 dicembre 2017 - Incontri

D'estate, nel palermitano, la spiaggia di Mondello diventa un luogo di ritrovo e uno spazio in cui le speranze, che si sono infrante con la dura realtà che la recente crisi economica ha messo di fronte a molti dei suoi assidui frequentatori, riemergono. Sono molti i personaggi che - anche letteralmente - la abitano in questo periodo dell'anno: c'è chi si indebita per fare a tutti i costi le vacanze in quell'economica ma ambita zona e potersi così poi vantare di fronte agli amici, chi fa di tutto per sentirsi ancora giovane e ignorare così l'inesorabile avanzare del tempo, chi prova a sfruttarne il continuo affollamento per vendere bibite o cianfrusaglie e racimolare - non proprio a norma di legge - un guadagno che possa permettergli di superare l'inverno, chi, infine, senza alcuna sosta fa propaganda per le prossime elezioni comunali.

Happy Winter racconta uno spaccato del Paese reale riproponendone i vizi e le virtù, i vezzi e le fissazioni, le paure e i sogni infranti. Il tono spensierato, ma vicino a un modo sempre rigoroso di trattare la forma documentaristica, ne fa un oggetto che prova a descrivere, nella maniera più sincera possibile, la voglia di andare avanti attraverso la "sacra" arte d'arrangiarsi.
Gabriele Baldaccini

Il film è stato presentato in anteprima toscana presso il Cinema La Compagnia, dove rimarrà in programmazione nei prossimi giorni. Era presente il regista Giovanni Totaro, abbiamo colto l'occasione per intervistarlo.


L'INTERVISTA

Ciao Giovanni, innanzitutto come nasce questa idea? Perché Mondello e perché la spiaggia?
L'idea nasce perché sentivo il bisogno di sviluppare ed evolvere il cortometraggio con il quale mi sono diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo. Ma avevo soprattutto la necessità di raccontare la spiaggia legata al "rito" della vacanza e all'utilizzo di quelle che noi a Palermo chiamiamo "capanne", cioè le cabine che vedi nel film e che sono un vero e proprio oggetto caratterizzante l'estate a Mondello. Inoltre ho avuto la sensazione che ci fosse il bisogno di dover fotografare questi momenti, in quanto dal 2020 le cabine verranno rimosse e non potranno essere più utilizzate. Per questo fatto ho letto come una specie di terrore negli occhi dei bagnanti all'idea che ciò possa accadere e quindi mi sono sentito ancora più spronato a raccontarne quella che per me è divenuta quasi un'epopea.

Il titolo che hai scelto dunque a cosa si riferisce e quale significato ha?
Ha due significati: il primo è che alla fine della stagione i bagnanti si augurano un "buon inverno", che è una cosa che a me ha fatto anche un po' tenerezza, perché le vite andranno avanti e si sottolinea la natura periodica, e forse in taluni casi un po' effimera, di queste amicizie. Il secondo è legato al fatto che, essendo l'estate quasi uno stato d'animo in cui tutti ci sentiamo meglio, questo "buon inverno" è anche un augurio a passarlo nel migliore dei modi, sperando che quei problemi, comunque sia discussi durante tutta la durata della stagione estiva, possano non divenire così asfissianti da permettere di arrivare, con il massimo della serenità, all'anno successivo.

Credi allora che in qualche modo questo spazio sociale che hai provato a descrivere, seppur ristretto, possa mostrarsi anche come una sorta di metafora del Paese?
Assolutamente! Questa è un'Italia in piccolo. E ti dirò, nei festival all'estero ai quali abbiamo partecipato, il film è stato recepito proprio in quella direzione. Forse perché, non capendo ogni sfumatura del modo di esprimersi e di alcuni specifici atteggiamenti siciliani, è stato ancora più efficace a delineare delle strutture socio-culturali che sono tipiche dell'italiano in vacanza al mare. E poi la cosa di cui sono rimasto soddisfatto è che ridevano molto!

Restiamo allora un attimo su questo argomento: la spiaggia descrive perfettamente un luogo che, come tanti, ha dei pattern socio-culturali che la denotano da un punto di vista antropologico, ma è anche un luogo che rivela atteggiamenti e situazioni diverse a seconda della regione geografica in cui ci si trova. Credi che avresti fatto un film diverso in un'altra zona d'Italia?
Sì, assolutamente sì. Il film è là dove l'ho girato. Conoscevo il luogo e sapevo come gestirlo. In quanto palermitano avevo naturalmente una marcia in più nel costruirci attorno una storia che rendesse bene l'idea dello stato delle cose, proprio perché sapevo perfettamente cosa Mondello vuol dire per chi vi si reca in vacanza. No, in un altro luogo sono sicurissimo che sarebbe venuto fuori un film completamente diverso, anche se riconosco che quei pattern, come li hai definiti tu, sono riconoscibili in molte zone d'Italia..


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In foto una scena del film Happy Winter.
In foto una scena del film Happy Winter.
In foto una scena del film Happy Winter.

L'abbiamo già accennato: una delle protagoniste indiscusse del tuo film è la cabina di legno all'interno della quale i bagnanti si cambiano, giocano, si baciano, dormono, vivono. Quanto ha influito su questa idea Casotto di Sergio Citti?
In realtà pochissimo. Ho visto Casotto e lo trovo un film meraviglioso, ma lo sento, come forma, un po' distante dal mio. Se devo dirtela tutta, in questo specifico caso, sento più vicino Pranzo di ferragosto di Gianni Di Gregorio, in particolare per l'uso degli attori non professionisti in una condizione però strutturalmente narrativa. E può sembrare strano, ma da quel film sento di aver imparato molto per quanto riguarda la loro direzione. Anche perché a me serviva velocità; per girare in 5 settimane, con un numero abbastanza alto di attori, bisogna essere effettivamente molto rapidi e io sentivo di aver bisogno di capire bene come avrei potuto farlo.

Gli spazi che hai descritto sono essenzialmente tre; l'interno delle cabine, la spiaggia vera e propria e il mare: come hai scelto il tempo narrativo da dedicare a ognuna di queste tre zone?
L'ho scelto in un modo che mi permettesse di non tendere troppo a un'unità di luogo, perché quello che mi spaventava è che se avessi girato tutto quanto in un'unica zona avrei rischiato di creare una ripetizione troppo forte. In questo senso mi è stato molto utile l'utilizzo del drone, che ha permesso di allargare il campo di azione soprattutto in verticale. Volevo dare un respiro anche spaziale al mio racconto e in questo modo spero di esserci riuscito.

E per quanto riguarda la colonna sonora, come hai lavorato? È come se si componesse strada facendo. Alcuni dei protagonisti accennano delle canzoni per ricordare degli eventi o evocare dei ricordi relativi a uno specifico periodo estivo della loro vita. Hai selezionato quei pezzi facendoti effettivamente ispirare dalle loro scelte?
No, è partito tutto quanto da loro. Penso tu ti riferisca in particolare alle tre signore: Anna, Grazia e Piera. E voglio confessarti la mia ignoranza per quanto concerne la cosiddetta musica nazional-popolare estiva: un pezzo come Tropicana, ad esempio, sì, forse mi è capitato in passato di ascoltarlo, ma l'avevo completamente rimosso. E loro, con quei suggerimenti, mi hanno permesso di costruire una colonna sonora che raccontasse da una parte questo bisogno di rivivere, seppur in maniera un po' scontata, quella che fu la loro gioventù, dall'altra il ricordo astratto di un periodo cruciale della storia dell'Italia contemporanea, quello che appunto va dagli anni Sessanta agli anni Ottanta del secolo scorso.


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In foto una scena del film Happy Winter.
In foto una scena del film Happy Winter.
In foto una scena del film Happy Winter.

E come mai hai deciso di focalizzarti su questi individui? Quale pensi sia stato il più efficace per raccontare la crisi che effettivemente sembra essere l'obbiettivo principale del tuo film?
Penso onestamente che tutti i personaggi siano stati efficaci e utili per descrivere come si vive la crisi e come si prova a progettare un piano per uscirne. Se dovessi scegliere un personaggio al quale sono più affezionato, ti direi Toni Serio, il candidato alle comunali. Perché alla fine credo che sia una persona sincera, che ha scelto in modo arbitrario da che parte stare e forse lui stesso inizia a porsi delle domande e ad avere dei dubbi. Sembra in qualche modo uscito da un cinepanettone o da un film di Ficarra e Picone, però ha una cosa che raramente trovi nelle persone: ti trasmette nel modo più sincero possibile ciò che pensa, ha pochissimi filtri, è espansivo e riesce facilmente a empatizzare con il prossimo e a me questo è piaciuto molto. E quando ho fatto i casting lui è stato subito uno dei mie favoriti.

Una definizione che mi ha molto colpito, con la quale hai provato a descrivere il tuo film in una sola parola, è quella di "docupanettone". Se ti chiedessi di dare una definizione di questo nuovo e provocatorio genere, cosa mi risponderesti?
Un genere capace di rimpiazzare i cinepanettoni - che non hanno più un'anima e che comunque sono fermamente convinto che siano stati in grado, nel loro primo periodo, di descrivere l'identità del Paese - con l'ironia e la forza del Reale che è un qualcosa che può darti solo il documentario. Lo dico in modo anche un po' scherzoso, ma mi piacerebbe che nelle nostre sale, magari proprio durante il periodo natalizio, ci fosse un appuntamento fisso con un certo modo ironico di fare documentario. È un'utopia, ma sognare non fa mai male!

Sei molto giovane, classe 1988, sicuramente avrai già in cantiere qualche nuovo progetto. Puoi anticiparci qualcosa?
Devo essere sincero, non c'ho pensato tanto. Però ho varie strade di fronte a me: voglio tuttavia essere sicuro, perché poi devi investire tutto il tempo che hai a disposizione per poterle intraprendere. Sicuramente posso dirti che ho intenzione di girare un altro documentario su qualche altra problematica o aspetto della sicilianità, sempre con un tono, possibilmente, ironico. Ma non ho ancora niente di preciso in mente. Vedremo, per restare in tema, cosa mi porterà l'inverno!


RECENSIONE

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