alexs80
|
giovedì 2 giugno 2016
|
la normalitá della follia
|
|
|
|
Beatrice è una donna logorroica che ha conosciuto il benessere prima di innamorarsi perdutamente dell'uomo sbagliato. Donatella è una ragazza madre a cui è stato tolto il figlio. Sono queste le due "solitudini" che si incontrano nel nuovo film di Paolo Virzí "La pazza gioia". E dal loro incontro nasce un'amicizia consolatoria che sará la salvezza per entrambe. Non era facile raccontare la malattia mentale in un road movie capace anche di far ridere di gusto. Virzí ci è riuscito in pieno, con una delicatezza ed una capacitá di raccontare le donne più unica che rara. Quelle che la societá etichetta come matte (solo perchè non allineate al modo di fare comune) sono le uniche a provare sentimenti veri, circondate da un mondo egoista e meschino incapace di comprendere la debolezza e la fragilitá altrui.
[+]
Beatrice è una donna logorroica che ha conosciuto il benessere prima di innamorarsi perdutamente dell'uomo sbagliato. Donatella è una ragazza madre a cui è stato tolto il figlio. Sono queste le due "solitudini" che si incontrano nel nuovo film di Paolo Virzí "La pazza gioia". E dal loro incontro nasce un'amicizia consolatoria che sará la salvezza per entrambe. Non era facile raccontare la malattia mentale in un road movie capace anche di far ridere di gusto. Virzí ci è riuscito in pieno, con una delicatezza ed una capacitá di raccontare le donne più unica che rara. Quelle che la societá etichetta come matte (solo perchè non allineate al modo di fare comune) sono le uniche a provare sentimenti veri, circondate da un mondo egoista e meschino incapace di comprendere la debolezza e la fragilitá altrui. Alla fine resta un senso di speranza: si puó essere felici acquisendo una maggiore consapevolezza di se stessi. Qual'è il senso della vita? Cos'è la felicitá? Forse la risposta è dall'altra parte di un cancello che tutti dovremmo varcare almeno una volta nella vita per vedere le cose con occhi diversi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alexs80 »
[ - ] lascia un commento a alexs80 »
|
|
d'accordo? |
|
great steven
|
venerdì 3 giugno 2016
|
la collaborazione virzì-archibugi dà ottimi frutti
|
|
|
|
LA PAZZA GIOIA (IT, 2016) diretto da PAOLO VIRZì. Interpretato da VALERIA BRUNI TEDESCHI, MICAELA RAMAZZOTTI, VALENTINA CARNELUTTI, ANNA GALIENA, MARCO MESSERI, TOMMASO RAGNO, BOB MESSINI, SERGIO ALBELLI, MARISA BORINI
Villa Biondi è una clinica di Pistoia dove vengono ospitate donne affette da disturbi psichiatrici. Fra loro c’è Beatrice Morandini Valdirana, divorziata, in custodia giudiziaria perché ritenuta, al pari di gran parte delle altre ospiti, socialmente pericolosa, caratterizzata da una logorrea inarrestabile e da megalomania, il che le fa dispensare consigli alle altre donne senza che ciò le permetta di creare nessuna amicizia.
[+]
LA PAZZA GIOIA (IT, 2016) diretto da PAOLO VIRZì. Interpretato da VALERIA BRUNI TEDESCHI, MICAELA RAMAZZOTTI, VALENTINA CARNELUTTI, ANNA GALIENA, MARCO MESSERI, TOMMASO RAGNO, BOB MESSINI, SERGIO ALBELLI, MARISA BORINI
Villa Biondi è una clinica di Pistoia dove vengono ospitate donne affette da disturbi psichiatrici. Fra loro c’è Beatrice Morandini Valdirana, divorziata, in custodia giudiziaria perché ritenuta, al pari di gran parte delle altre ospiti, socialmente pericolosa, caratterizzata da una logorrea inarrestabile e da megalomania, il che le fa dispensare consigli alle altre donne senza che ciò le permetta di creare nessuna amicizia. Un giorno arriva nella casa di cura Donatella Morellini, giovane donna magrissima, depressa e piena di lividi, che suscita immediatamente le simpatie di Beatrice. Le due col tempo diventano amiche, malgrado l’enorme abisso che c’è fra le loro personalità. Donatella confessa all’amica di avere un figlio che le è stato tolto dopo un processo che l’ha riconosciuta non in possesso delle facoltà mentali e dunque non in grado di allevarlo, e che adesso vive presso una coppia sposata che l’ha adottato. Decisa a risolvere i problemi ed entrambe e stanca dell’incomprensione generale che le aleggia attorno, un pomeriggio Beatrice prende un’iniziativa pazzamente strampalata e coinvolge la compagna in una fuga in autobus che porterà le due donne a passare giorni e giorni in giro per la Versilia, fra discoteche e ristoranti, dedicandosi al divertimento fine a sé stesso, infrangendo un sacco di leggi e sentendosi libere dall’oppressivo controllo sociale esercitato dagli operatori della clinica. Verranno poi riprese e condotte di nuovo sotto osservazione, ma il loro sfrenato desiderio di libertà incondizionata non sarà stato un totale buco nell’acqua. Girato in Toscana fra Livorno, Viareggio (anche durante il Carnevale), Montecatini Terme, Campi Bisenzio, Capannori, Ansedonia e la provincia di Pistoia. Le riprese son durate otto settimane. Vale soprattutto per il binomio Bruni Tedeschi-Ramazzotti: un’intesa eccezionale, che permette ad entrambe le attrici di estrarre tutti i loro assi nella manica e di costruire una recitazione di coppia tecnicamente perfetta, che bilancia la loquacità violenta e distruttiva della prima con la ritrosia introspettiva della seconda; e per gli spettatori che osservano e giudicano la recitazione, l’effetto finale è straordinario. Per chi ama le citazioni meta-cinematografiche, il film di Virzì (sposato con la Ramazzotti dal 2010, di nuovo insieme anche sul lavoro sei anni dopo La prima cosa bella) fonde l’amicizia viscerale fra sconosciuti (virata però al femminile) de Il sorpasso con la ricerca della libertà individuale, sfrenata e lesiva per gli altri di Thelma & Louise, benché poi il regista riesca a percorrere un sentiero artistico del tutto originale, che non nasconde i lati contraddittori e controversi per il tema psichiatrico, ma adduce motivazioni ottimistiche per quanto riguarda il superamento delle difficoltà esistenziali, mostrando una simpatia tutt’altro che utilitaristica anche per quei personaggi che, ad un primo acchito, dovrebbero adempiere ad un ruolo negativo (le suore e i medici della clinica, la madre pettegola e severa di Beatrice, l’ex fidanzato manesco e burbero di Donatella). Incontra sostanzialmente i limiti della pellicola on the road nel suo stile più classico, sebbene le derivazioni moderne non facciano altro che contribuire ad accentuarne i punti deboli, ma la struttura narrativa nel suo complesso ne risente solo relativamente, dato che l’impianto è fondato prima di tutto sulla bravura degli interpreti (in particolar modo Messeri e la Galiena, per quanto le loro parti risultino risicate, riescono comunque a sfoderare le loro consuete e innegabili doti, per quanto riguarda il primo soprattutto il suo spigliato aplomb e la seconda il suo innato umorismo sottile e tagliente). I suoi principali meriti, in sintesi, vanno dunque al gioco di squadra quasi perfetto fra le due protagoniste, ad un copione essenziale ma comunque ricco di spunti e sfumature interessanti e agli aspetti tecnici che vengono curati con una decenza ben più che decorosa. Virzì, già con Il capitale umano, aveva mosso le sue critiche (per altro lucidissime e giustissime) al modo italiano di trattare tutto quell’insieme di cose che risultano ostiche e invise alla cosiddetta "gente normale", in quel caso argomenti inerenti ad un ambito economico e quindi prettamente materialistico, mentre per quel che concerne La pazza gioia (nel suo genere e a suo modo, un piccolo, imperdibile capolavoro di nicchia) il discorso si estende alla materia psichiatrica. Ma la benzina che lo alimenta è fatta di uno humour irresistibile che non si prende troppo sul serio e che fa giocoforza ragionare su temi spinosi e controversi sui quali è bene che il cinema, non solo quello italiano ma lui specialmente, continui a produrre film. Naturalmente di qualità e che sappiano affrontare queste difficili ma importanti questioni con un’importanza ragguardevole. E l’opera in questione, evitando di ricattare sentimentalmente lo spettatore, centra in pieno il bersaglio.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a great steven »
[ - ] lascia un commento a great steven »
|
|
d'accordo? |
|
mauro2067
|
mercoledì 8 giugno 2016
|
non lo perdeteeee!!!
|
|
|
|
Sembra un “Thelma e Louise” all’italiana ma proprio perché noi siamo italiani ci basta la Toscana per organizzare una fuga e non tutto l’Arkansas fino giù in Messico, e a corrergli dietro ci sono solo un paio di assistenti di un ospedale psichiatrico e una suora che riescono al massimo a perdersi in un centro commerciale e non decine di poliziotti con vetture ed elicotteri.
La bravura di Virzì sta nel saper esplorare uno spazio infinito, quello mentale, con le sue paranoie, i suoi buchi, i suoi angoli oscuri. Dietro l’avventura di due donne, condannate ad un ricovero forzato con terapie di recupero, che fuggono alla ricerca di un amore, una per il figlio dato in adozione l’altra per un uomo tanto amato ma causa della sua rovina, c’è il tema della fragilità umana, di quanto possa essere facile perdere il proprio equilibrio quando si è troppo sensibili e fragili davanti a sentimenti forti come l’amore in una società che spesso non capisce ma che è sempre pronta a giudicarti e a punirti.
[+]
Sembra un “Thelma e Louise” all’italiana ma proprio perché noi siamo italiani ci basta la Toscana per organizzare una fuga e non tutto l’Arkansas fino giù in Messico, e a corrergli dietro ci sono solo un paio di assistenti di un ospedale psichiatrico e una suora che riescono al massimo a perdersi in un centro commerciale e non decine di poliziotti con vetture ed elicotteri.
La bravura di Virzì sta nel saper esplorare uno spazio infinito, quello mentale, con le sue paranoie, i suoi buchi, i suoi angoli oscuri. Dietro l’avventura di due donne, condannate ad un ricovero forzato con terapie di recupero, che fuggono alla ricerca di un amore, una per il figlio dato in adozione l’altra per un uomo tanto amato ma causa della sua rovina, c’è il tema della fragilità umana, di quanto possa essere facile perdere il proprio equilibrio quando si è troppo sensibili e fragili davanti a sentimenti forti come l’amore in una società che spesso non capisce ma che è sempre pronta a giudicarti e a punirti.
Dopo “Il capitale umano” e “La prima cosa bella” Virzì ci regala un’altro cioccolatino cinematografico…tutto da gustare.
Un film da non perdere anche per la strepitosa recitazione di Valeria Bruni Tedeschi, in questo film veramente immensa…
[-]
|
|
[+] lascia un commento a mauro2067 »
[ - ] lascia un commento a mauro2067 »
|
|
d'accordo? |
|
howlingfantod
|
mercoledì 8 giugno 2016
|
folle....non vederlo
|
|
|
|
Che poi uno non se ne potrebbe semplicemente tornare a casa dopo aver visto un film? Magari un po’ stravolto, forse dopo aver anche versato una lacrimuccia se il film era emotivamente forte. Che bisogno c’è di scrivere una recensione o delle riflessioni? Forse solo per condividere qualcosa che si è sentito per capire se anche gli altri lo hanno sentito. O magari per chiedere all’ autore se quel dettaglio è per come lo ha visto lo spettatore in questione il fulcro semantico del film stesso. Mi riferisco alla scena quando Beatrice e Donatella fuggono a bordo di un duetto decappottabile dalla casa della madre di Beatrice dove si sta girando un film, sfruttando, intromettendosi e poi fuggendo dalla scena del film stesso, nel/dal set, nel/dal cinema proprio, come a voler dire che il cinema sfrutta sè stesso e fugge da sé stesso per entrare nella realtà, da qui la sua forza espressiva e di rappresentazione della realtà e anche la sua vocazione direi “civile” ed etica per parlare di temi importanti e spesso taciuti e nascosti.
[+]
Che poi uno non se ne potrebbe semplicemente tornare a casa dopo aver visto un film? Magari un po’ stravolto, forse dopo aver anche versato una lacrimuccia se il film era emotivamente forte. Che bisogno c’è di scrivere una recensione o delle riflessioni? Forse solo per condividere qualcosa che si è sentito per capire se anche gli altri lo hanno sentito. O magari per chiedere all’ autore se quel dettaglio è per come lo ha visto lo spettatore in questione il fulcro semantico del film stesso. Mi riferisco alla scena quando Beatrice e Donatella fuggono a bordo di un duetto decappottabile dalla casa della madre di Beatrice dove si sta girando un film, sfruttando, intromettendosi e poi fuggendo dalla scena del film stesso, nel/dal set, nel/dal cinema proprio, come a voler dire che il cinema sfrutta sè stesso e fugge da sé stesso per entrare nella realtà, da qui la sua forza espressiva e di rappresentazione della realtà e anche la sua vocazione direi “civile” ed etica per parlare di temi importanti e spesso taciuti e nascosti. In questo caso la grande tematica del rapporto salute-malattia, normalità-devianza. Questo è per me un pò il messaggio e il fulcro del film, magari mi sbaglio. Come a dirci, guardate che non è una cosa estetica a fare un film, è una cosa etica, smuovere le coscienze, svegliare le coscienze e qua il tema è forte e aiuta. Penso questo film dovrebbe essere passato nelle scuole, nelle stazioni ferroviarie, nei circoli, nei centri commerciali, entrare nella vita delle persone, per smuoverle, interrogarle, svegliarle. Certo poi la scenografia, il linguaggio, la sceneggiatura, il medium artistico insomma fa la differenza, certo poi si ride, si piange come in molti altri film di Virzì che seguono il filone della cosiddetta commedia all’ Italiana se questa significa qualcosa. Quello che è più importante è secondo me il tema più universale e umanissimo della cosiddetta malattia, del disagio e dell’ emarginazione e del rapporto con questo delle cosiddette persone “normali”. Mi viene in mente un racconto di Anton Cechov (reparto numero 6) dove non si sa chi siano i sani e chi i folli e di quanto sia lieve la linea che divide i sani di mente dai malati e di come siano complessi i valori per cui una società possa considerare una persona folle. Nel film questo è espresso nella profonda umanità, sofferenza e voglia di vivere delle protagoniste. Nel mondo reale lo si può trovare in ogni centro per disabili, in ogni comunità di recupero per tossicodipendenti, in ogni mensa della Caritas o più semplicemente in ogni angolo maleodorante di qualche grande stazione ferroviaria delle nostre città, proprio quegli angoli da dove fuggiamo lo sguardo, per paura di trovarci noi stessi, cioè quello che avremmo potuto essere o potremo diventare, anche così, per un nonnulla, per un ganglo della catena delle nostre vite che si inceppa. E’ un film che regala forti emozioni, dove si ride e ci si commuove e mi viene in mente che forse i veri folli sono coloro che non hanno la capacità di commuoversi con questo film, chi magari lo va anche a vedere ma rimane nel film senza pensare al disagio, a coloro che feriti dalle sberle della vita e dal caso, guardano noi “normali” e ci interrogano muti, coloro che magari incontriamo per caso ogni giorno e che i veri folli alla fine sono gli indifferenti, i duri di cuore e soprattutto tutti coloro che non vanno a vedere questo film.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a howlingfantod »
[ - ] lascia un commento a howlingfantod »
|
|
d'accordo? |
|
lorifu
|
giovedì 9 giugno 2016
|
una pazza amicizia
|
|
|
|
“La pazza gioia” è l’ultima fatica di Paolo Virzì, regista sensibile e raffinato che insieme a Francesca Archebugi ha confezionato questo bellissimo film puntando sulle straordinarie performance di Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti le due protagoniste, vittime e colpevoli di una società che non sempre ha gli strumenti per intervenire nei casi di quello che comunemente e riduttivamente viene definito “disagio mentale” e che porta lo spettatore a sintonizzarsi sui tanti episodi di cronaca quotidiana che non può non legare al fallimentare ricorso alle scartoffie e alla burocrazia che spesso ne minano l’efficacia.
[+]
“La pazza gioia” è l’ultima fatica di Paolo Virzì, regista sensibile e raffinato che insieme a Francesca Archebugi ha confezionato questo bellissimo film puntando sulle straordinarie performance di Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti le due protagoniste, vittime e colpevoli di una società che non sempre ha gli strumenti per intervenire nei casi di quello che comunemente e riduttivamente viene definito “disagio mentale” e che porta lo spettatore a sintonizzarsi sui tanti episodi di cronaca quotidiana che non può non legare al fallimentare ricorso alle scartoffie e alla burocrazia che spesso ne minano l’efficacia.
L’idea di ambientare il racconto all’interno di una comunità di recupero non è nuova ma nuovo è il modo di raccontarlo puntando soprattutto sulla caratterizzazione delle due donne così dissimili ma così unite in un abbraccio di solidarietà e di amicizia tanto da poter affermare, ancora una volta che sofferenza, amicizia amore sono svincolati da qualsiasi forma di classismo.
La Tedeschi megalomane e logorroica proveniente dal dorato mondo dell’alta società, elegante e apparentemente distaccata e la Ramazzotti, ragazza del popolo, triste e taciturna, s’incontrano o meglio si accettano ma solo per trovare insieme le risorse e il coraggio per vivere uno sprazzo di felicità in quel “manicomio a cielo aperto” che simboleggia il mondo dei sani spesso in agguato e soltanto più fortunato.
In una sequenza continua di primi piani che Virzì, splendidamente mette in risalto evidenziando gli stati d’animo senza indulgere nella retorica e nel sentimentalismo, si consuma il loro viaggio “on the road” che è anche un modo per portare alla luce i nodi irrisolti e le ombre della loro vita ma anche uno spazio personale in cui vivere un momento sospeso, “senza fine” in un’immagine illusoria di felicità.
Non sarà facile trovare la strada per il recupero che partirà da loro, dalla consapevolezza di poter contare solo su se stesse per riuscire a non perdersi definitivamente avendo scelto di vivere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a lorifu »
[ - ] lascia un commento a lorifu »
|
|
d'accordo? |
|
filippo catani
|
giovedì 9 giugno 2016
|
la pazza gioia
|
|
|
|
Due donne si conoscono all'interno di una comunità di recupero per chi deve seguire un percorso dettato dal tribunale. Una sostanzialmente è una mitomane violenta mentre l'altra è una madre a cui è stato dato il figlio in adozione.
Due donne in fuga che provano a darsi alla pazza gioia ma che in realtà provano a modo loro a fare i conti con i problemi delle loro vite. Virzì dirige con grande maestria questa pellicola che offre un coraggioso spaccato non solo delle comunità di recupero ma anche e soprattutto degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle realtà che si vivono in questi luoghi. Le due protagoniste variano tra autoironia e commiserazione ma cercando disperatamente di riannodare i fili del discorso.
[+]
Due donne si conoscono all'interno di una comunità di recupero per chi deve seguire un percorso dettato dal tribunale. Una sostanzialmente è una mitomane violenta mentre l'altra è una madre a cui è stato dato il figlio in adozione.
Due donne in fuga che provano a darsi alla pazza gioia ma che in realtà provano a modo loro a fare i conti con i problemi delle loro vite. Virzì dirige con grande maestria questa pellicola che offre un coraggioso spaccato non solo delle comunità di recupero ma anche e soprattutto degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle realtà che si vivono in questi luoghi. Le due protagoniste variano tra autoironia e commiserazione ma cercando disperatamente di riannodare i fili del discorso. Il film riesce a far ridere, riflettere e nel finale l'occhio inevitabilmente finisce per inumidirsi davanti alla disperazione umana. La Bruni Tedeschi è semplicemente fantastica a calarsi nella parte e si traina una Ramazzotti capace nell'interpretare una madre fragile ma che insomma potrebbe fare meglio. Il tutto immerso nei paesaggi toscani e nelle note di Gino Paoli. Un film intenso e mai banale sulle tante storie di disagio che purtroppo passano quotidianamente sotto i nostri (distratti?) occhi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
iuriv
|
venerdì 15 luglio 2016
|
matte? secondo alcune perizie si.
|
|
|
|
Al termine della visione, mentre le note di Gino Paoli si posano sulla sequenza finale e sui titoli di coda, l'impressione è quella di aver assistito a una storia struggente ed edificante, che lascia dietro di se belle sensazioni. Riflettendoci a mente fredda, però, si rischia di scoprire che le cose non stanno esattamente così.
Per la maggior parte del suo tempo il film si preoccupa di far accettare le sue protagoniste allo spettatore. Magari con il personaggio interpretato da Ramazzotti non è un 'impresa così difficile: Donatella Morelli è una ragazza spaesata e fragile come il cristallo e da l'impressione di rompersi in mille pezzi ogni volta che fa la mossa sbagliata. L'altra invece (Bruni Tedeschi) è ben più respingente, con i suoi quarti di nobiltà decaduta, la sua arroganza non troppo latente e il disturbo bipolare.
[+]
Al termine della visione, mentre le note di Gino Paoli si posano sulla sequenza finale e sui titoli di coda, l'impressione è quella di aver assistito a una storia struggente ed edificante, che lascia dietro di se belle sensazioni. Riflettendoci a mente fredda, però, si rischia di scoprire che le cose non stanno esattamente così.
Per la maggior parte del suo tempo il film si preoccupa di far accettare le sue protagoniste allo spettatore. Magari con il personaggio interpretato da Ramazzotti non è un 'impresa così difficile: Donatella Morelli è una ragazza spaesata e fragile come il cristallo e da l'impressione di rompersi in mille pezzi ogni volta che fa la mossa sbagliata. L'altra invece (Bruni Tedeschi) è ben più respingente, con i suoi quarti di nobiltà decaduta, la sua arroganza non troppo latente e il disturbo bipolare.
Per riuscire nell'intento il regista sceglie la via del monologo, presa di posizione netta che solleva lo spettatore dal compito di interpretare i caratteri e la storia che vede protagoniste le due squilibratissime Thelma e Louise.
In secondo luogo relega sullo sfondo tutti i personaggi secondari: che essi siano in scena con continuità, oppure appaiono, sembrino determinanti e poi spariscano come sono arrivati, tutti coloro che non sono le due donne fungono da mero contorno. Danno spessore, talvolta, ma nella maggior parte dei casi finiscono per rendere prolisse alcune fasi di una pellicola che sarebbe potuta durare anche meno.
Virzì, poi, punta forte sulla commedia. Il mio senso dell'umorismo non è facilissimo da destare, ma, almeno dalle reazioni ascoltate in sala, mi viene da pensare che la scelta del regista sia stata giusta. Mentre scoppiavano le risate, però, io ero occupato a chiedermi come mai queste due donne, così diverse per esperienze, disturbi e retroterra, potessero essersi prese con tanta semplicità.
Chiaramente lo scorrere della loro incredibile vicenda le unisce, ma come è possibile che siano arrivate a viverla questa storia? La determinazione di una delle due (e della sceneggiatura, mi verrebbe da dire) può essere una risposta, ma non mi da soddisfazione. Manca una scintilla, un qualcosa che faccia pensare a una sorta di imprintig.
Si potrebbe obbiettare che Ramazzotti, per esigenze di personaggio, fatichi a relazionarsi con tutti, persino con coloro con cui dovrebbe visto come vanno le cose. Ma ancora non sono convinto.
Forse è che razionalizzo troppo, o che magari mi son perso per strada qualcosa. Tant'è che nella seconda parte il regista apre i rubinetti dell'emotività e porta a casa il film che vuole.
Quindi, magari, va bene anche così.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a iuriv »
[ - ] lascia un commento a iuriv »
|
|
d'accordo? |
|
|
lunedì 18 luglio 2016
|
incredibile capolavoro di cinema italiano
|
|
|
|
Impossibile non amare le due splendide protagoniste del film di Virzì, due Thelma e Louise nostrane, per un film che lascia il segno, commuove, fa riflettere e va dritto al cuore.
La tristezza delle loro storie è raccontata sempre con un pizzico di ironia e la maestria tipica di Virzì, per farci innamorare di Beatrice e Donatella, per accompagnarle in questo loro viaggio attraverso ricordi, genitori assenti e la crudeltà di una vita e una società che non ti permettono errori, perchè quando sbagli seriamente purtroppo non ti viene più data la possibilità di tornare indietro.
Non siamo più disposti a perdonare persone fragili e meno fortunate di noi, nonostante i loro sentiementi, la loro voglia di vivere ed il loro continuo bisogno di affetti, sentimenti in continuo contrasto con la crudeltà della nostra moderna società.
[+]
Impossibile non amare le due splendide protagoniste del film di Virzì, due Thelma e Louise nostrane, per un film che lascia il segno, commuove, fa riflettere e va dritto al cuore.
La tristezza delle loro storie è raccontata sempre con un pizzico di ironia e la maestria tipica di Virzì, per farci innamorare di Beatrice e Donatella, per accompagnarle in questo loro viaggio attraverso ricordi, genitori assenti e la crudeltà di una vita e una società che non ti permettono errori, perchè quando sbagli seriamente purtroppo non ti viene più data la possibilità di tornare indietro.
Non siamo più disposti a perdonare persone fragili e meno fortunate di noi, nonostante i loro sentiementi, la loro voglia di vivere ed il loro continuo bisogno di affetti, sentimenti in continuo contrasto con la crudeltà della nostra moderna società.
Grazie Paolo per averci regalato un film così intenso e bello che rimarrà per sempre nel nostro cuore.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a »
[ - ] lascia un commento a »
|
|
d'accordo? |
|
afficarlo
|
domenica 25 settembre 2016
|
delusione profonda
|
|
|
|
dopo tanta attesa vedo in bluray il film e resto profondamente deluso , salvo solo l'interpretazione della tedeschi ( ottima attrice ) seppure a fianco della moglie del regista che ormai interpreta sempre la stessa parte ( guardare i film precedenti ) di persona sguaiata e sopra le righe; stavolta anche veste anoressica . assurda la costruzione del cast con solo due attrici professioniste ed il resto dilettanti allo sbaraglio e si vede profondamente . Potrei parlare inoltre delle inesattezze dal punto di vista medico-giuridico ma questo non lo possiamo chiedere ad un film ; ci vuole altro per vincere un oscar anche se veicolati da un grande battage pubblicitario ( come fu per sorrentino ).
|
|
[+] lascia un commento a afficarlo »
[ - ] lascia un commento a afficarlo »
|
|
d'accordo? |
|
raffele
|
domenica 22 maggio 2016
|
quelle vite fragili, pericolose
|
|
|
|
Due donne scollegate dal senso comune, ma coinvolte nella realtà quanto basta per combinare un mare di guai e correre rischi terribili. Se Virzì e la Archibugi volevano penetrare con tenerezza e rispetto questo mondo sofferente, provocando sorriso e commozione, ci sono riusciti. L'hanno fatto con pennellate misurate, senza concentrare la storia solo sulla sottolineatura della cattiveria umana che sfrutta le persone fragili, permettendo di capire come lo schianto degli affetti, in una persona troppo vulnerabile, possa esitare in tragedia, lasciando intuire quali mondi possano esserci dietro certi occhi cupi, smarriti. E l'hanno fatto senza inserirsi in quel filone stucchevolissimo e stupidissimo, di certa letteratura dell'antipsichiatria secondo la quale eliminando farmaci, medici, infermieri queste persone rinascerebbero a nuova vita.
[+]
Due donne scollegate dal senso comune, ma coinvolte nella realtà quanto basta per combinare un mare di guai e correre rischi terribili. Se Virzì e la Archibugi volevano penetrare con tenerezza e rispetto questo mondo sofferente, provocando sorriso e commozione, ci sono riusciti. L'hanno fatto con pennellate misurate, senza concentrare la storia solo sulla sottolineatura della cattiveria umana che sfrutta le persone fragili, permettendo di capire come lo schianto degli affetti, in una persona troppo vulnerabile, possa esitare in tragedia, lasciando intuire quali mondi possano esserci dietro certi occhi cupi, smarriti. E l'hanno fatto senza inserirsi in quel filone stucchevolissimo e stupidissimo, di certa letteratura dell'antipsichiatria secondo la quale eliminando farmaci, medici, infermieri queste persone rinascerebbero a nuova vita. (il più recente è forse “Si può fare”, con Bisio, che pure a tratti garbato e divertente, con un cenno di onestà intellettuale sulla tragica morte di uno dei protagonisti, prospetta la scoperta che la sofferenza fosse dovuta alla terapia). Ben congegnate nell' “on the road” le apparizioni delle persone che hanno segnato le due vite, e sono state segnate da esse.Tutte credibilissime, perché pensate sul verosimile piuttosto che sull'incarnazione dei cattivi, anche i tetri genitori di Beatrice. Parrebbe ben documentato l'abbozzo di certi profili clinici. Leggiadra l'evocazione di Thelma e Luise, grandi la Bruni Tedeschi e la Ramazzotti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a raffele »
[ - ] lascia un commento a raffele »
|
|
d'accordo? |
|
|