Anno | 2016 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia, Svizzera, Germania |
Durata | 54 minuti |
Regia di | Alina Marazzi |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 giugno 2016
Vita e visione di Anna Piaggi, ispirazione e punto di partenza per numerosi stilisti e designer di tutto il mondo.
CONSIGLIATO SÌ
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Alina Marazzi per questo documentario su Anna Piaggi si avvale di un fornito catalogo di materiale d'archivio che comprende foto e filmati di interviste, comparsate televisive, reportage giornalistici, che come in un mosaico ci restituiscono un'immagine della sua attività di giornalista di moda dalla penna raffinata e dalla originale idea di moda. Nei filmati che via via si susseguono la vediamo in compagnia di noti fotografi che era solita frequentare, come Mario Mandrini, Ugo Mulas e Mario Dondero; con suo marito, il fotografo Alfa Castaldi; con lo stilista e fotografo tedesco, nonché amico di lunga data, Karl Lagerfeld; o ancora, con il collezionista Vern Lambert, che la accompagnava nei mercatini dell'usato a Londra a caccia di abiti e accessori provenienti da contesti ed epoche diverse, che poi lei utilizzava per comporre le sue originalissime mise.
Ciò che emerge è una figura in grado di mescolare, ricombinare e reinventare stili, con un suo gusto personale, riuscendo a far coesistere su di sè gli opposti, gli elementi agli antipodi; in uno scontro tra diversi stili e mode. I colori sgargianti e le capigliature del punk si mescolano con capi più tradizionali o addirittura aristocratici, come velette, pizzi e merletti. Tratto distintivo del suo stile era la combinazione di materiali e tessuti diversi. Esemplare il vestito che sfoggia in uno dei filmati riproposti nel film, che è sostanzialmente la carta di un manifesto avvolta intorno al corpo.
Allo stesso modo la regista di Un'ora sola ti vorrei (2002) realizza un documentario che è un caleidoscopio di colori, di stili e di linguaggi diversi. Quello della filmmaker milanese è un ritratto della giornalista di moda che è semiserio, giocoso, variopinto. Fedele allo spirito di questo personaggio eccentrico. C'è una certa affinità fra le due donne, che riguarda il loro modo di intendere l'atto creativo: entrambe lavorano sul riuso, sul collage, sul dare senso a elementi disomogenei.
Il documentario condensa le testimonianze e le riflessioni di varie personalità della moda che conoscevano o erano amiche di Anna Piaggi. Fra questi, alcune vere e proprie autorità della moda internazionale da Giorgio Armani a Versace, passando per Rosita Missoni, della celeberrima marca omonima, e lo stilista Jean-Charles de Castelbajac. La Marazzi non solo interpella chi la moda la disegna, ma anche chi, proprio come faceva la Piaggi, si occupa di raccontarla, di interpretarla. È il caso del modista Stephen Jones, di Luca Stoppini della rivista Vogue (su cui la Piaggi ha scritto alcuni dei suoi più memorabili articoli) o del fotografo Bill Cunnigham.
Degno di nota lo splendido lavoro fatto da Niccolò Manzolini dello studio grafico di "Bologna Seiperdue". Infatti, il passaggio da una decade a un'altra, da uno stile all'altro, da una tendenza all'altra, è simbolicamente segnato nel film da un siparietto di animazione fatta di ritagli, tinte cromatiche, stili grafici che rievocano tutta un'epoca. Questi brevi e allegri caroselli sono segnati ognuno da un genere musicale diverso (dal Jazz, al bebop, al rock), scelta che partecipa all'immediata connotazione di un determinato periodo storico e culturale.
Anna Piaggi incarnava questa doppia figura del critico e dell'icona della moda: da una parte ne dava una lettura mai banale, dall'altra ne era anche partecipe, nonché influente rappresentante. Fino a diventare in alcuni casi una pioniera, in grado con le sue sperimentazioni di aprire brecce e lanciare raffinate provocazioni. Ponendo infine le basi per concepire il vestire come uscita dal corpo per contaminare lo spazio. Una vera e propria opera d'arte vivente.