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Nessuno si salva da solo, onestà di racconto e sguardo sempre alto

Castellitto e Mazzantini si buttano a capofitto dentro il dolore vivo del disfacimento di una storia d'amore. Da oggi disponibile su Infinity.

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venerdì 20 ottobre 2017 - Infinity

Gaetano e Delia sono una coppia separata che si incontra al ristorante per decidere come suddividersi le vacanze con i figli. Quello che inizia come un match fra due contendenti pieni di rabbia e di risentimento si trasforma a poco a poco in un viaggio lungo la memoria della loro storia d'amore. Riusciranno Gaetano e Delia a ritrovare la strada di casa?

Sergio Castellitto, alla sua quinta prova per il cinema e la terza trasposizione di un testo della moglie, Margaret Mazzantini (sceneggiatrice qui come nelle tre occasioni precedenti), si cimenta con quello che è ormai diventato un genere a sé, quelle "scene da un matrimonio" che hanno costituito la poetica di alcuni autori.
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Da oggi disponibile sul servizio streaming di Infinity, Nessuno si salva da solo ha il pregio di avere un tempismo sorprendente rispetto alla realtà di una generazione, e la volontà di scavare nella rabbia e nella frustrazione contemporanee senza indietreggiare. Con onestà di racconto Castellitto e Mazzantini si buttano a capofitto dentro il dolore vivo del disfacimento di una storia d'amore senza mai abbassare lo sguardo, o nascondere la testa. L'unica concessione "cinematografica" è la velocità di montaggio (di Chiara Vullo) che taglia senza esitazione i tempi morti lasciando che sia la vita a narrarsi e mostra simbolicamente l'accelerazione improvvisa di certi scontri. E poiché una crisi coniugale è anche spesso una sequela di frasi fatte e insulti coloriti questa volta la penchant declamatoria di Margaret Mazzantini funziona in sceneggiatura: perché ogni passo della via crucis che la coppia attraversa porta incisa una didascalia dolorosa. È difficile ammetterlo, data la confezione rifinita e glamour del film, ma c'è una verità di fondo, una genuinità di ispirazione anche dietro il più scontato dei cliché che si raccontano e la più banale delle discussioni, buche di percorso in cui cadono quasi tutti, e quasi tutti allo stesso modo. Così come sarebbe facile liquidare snobisticamente i due protagonisti come "imbecilli depressi", dato che loro stessi così si definiscono, quando invece la loro imbecillità e soprattutto la loro depressione è anche segno dei tempi, che instillano sfiducia e dispensano umiliazioni difficili da reggere.


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