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shiningeyes
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sabato 8 febbraio 2014
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un film tutto da sentire
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Un film sentimentale non potrà mai essere banale se a scriverlo ci penserà Spinke Jonze. E’ questo il primo pensiero che ho avuto dopo essermi visto “Her”, e ho anche pensato che non mi sognerò mai di vederlo in un’altra lingua. La seconda ragione è perché è un film che va sentito con tutti sensi, e che le voci originali ricoprono una funzione essenziale per fartelo sentire con tutti i sensi possibili, e soprattutto, la voce della Johansson è un qualcosa di così angelico e puro che farebbe prendere il primo aereo per l’America, cercarla e chiedergli la mano. Johansson a parte, il film è rivestito di un alone misterioso e freddo, che al tempo stesso però, sa affascinare e dare una più che precisa idea di come dovrebbe venire su questo futuro sempre più tecnologizzato, facendoti sentire più attirato da queste nuove tecnologie.
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Un film sentimentale non potrà mai essere banale se a scriverlo ci penserà Spinke Jonze. E’ questo il primo pensiero che ho avuto dopo essermi visto “Her”, e ho anche pensato che non mi sognerò mai di vederlo in un’altra lingua. La seconda ragione è perché è un film che va sentito con tutti sensi, e che le voci originali ricoprono una funzione essenziale per fartelo sentire con tutti i sensi possibili, e soprattutto, la voce della Johansson è un qualcosa di così angelico e puro che farebbe prendere il primo aereo per l’America, cercarla e chiedergli la mano. Johansson a parte, il film è rivestito di un alone misterioso e freddo, che al tempo stesso però, sa affascinare e dare una più che precisa idea di come dovrebbe venire su questo futuro sempre più tecnologizzato, facendoti sentire più attirato da queste nuove tecnologie. “Her”, oltre a raccontare un’inusuale storia d’amore, tratta temi delicati come la solitudine e il cambio necessario da fare dopo la fine di un intenso rapporto; ci mostra come potersi rimettere in gioco, anche se la nuova partner è un sistema operativo, cosa che incredibilmente riesce a sfuggire allo spettatore, qualche volta. Noi, come il protagonista Theodeore, siamo in piena simbiosi con Samantha (il sistema operativo), ci emozioniamo quando la sentiamo dire “I love you”, come se fosse rivolto a noi, e rimaniamo confusi e addolorati nei momenti in cui s’incrina il rapporto, proprio come quando abbiamo problemi con le nostre fidanzate. Quindi, la capacità di “Her” di entrarti nei tuoi sentimenti è data dal fatto che, tolto il senso della vista (quello dell’apparenza in primis) abbiamo i sensi molto più sviluppati, che sono quelli che, a mio parere, ci rendono più affettivi che mai. La genialità di una sceneggiatura valida e non troppo banale di Jonze rende il film certamente più appetibile e curioso (odore di Oscar per la sceneggiatura), senza levare la buonissima prova di Phoenix. “Her” è la dimostrazione che il cinema, ogni tanto, va più sentito che guardato, e non è poco in un’era in cui le produzioni hollywoodiane contano più su effetti visivi 3D, che alla lunga possono stufare.
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(di matteoiceman)
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[+] un film da riflettere
(di francesca50)
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sergiofi
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venerdì 31 gennaio 2014
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conoscere se stessi nel mondo virtuale del futuro
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In una Los Angeles futuribile, spostata in avanti nel tempo di una manciata di anni, il disincantato e introverso Theodore Twombly (un superbo Joaquin Phoenix che sa riempire la scena anche nei lunghi momenti di ascolto) cerca con poco successo di elaborare il dolore della rottura matrimoniale con Catherine (la spigolosa Rooney Mara). Lo fa soprattutto impegnandosi con passione e tenerezza nel suo lavoro di lettere scritte a mano in un sito web per conto terzi. Le persone, del tutto schiave degli smartphone e della tecnologia virtuale, vivono trascinandosi in un’algida solitudine scandita da auricolari e pseudocontatti che le isolano pericolosamente dal contesto. I rapporti si sono arenati, sono diventati (quasi) impossibili.
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In una Los Angeles futuribile, spostata in avanti nel tempo di una manciata di anni, il disincantato e introverso Theodore Twombly (un superbo Joaquin Phoenix che sa riempire la scena anche nei lunghi momenti di ascolto) cerca con poco successo di elaborare il dolore della rottura matrimoniale con Catherine (la spigolosa Rooney Mara). Lo fa soprattutto impegnandosi con passione e tenerezza nel suo lavoro di lettere scritte a mano in un sito web per conto terzi. Le persone, del tutto schiave degli smartphone e della tecnologia virtuale, vivono trascinandosi in un’algida solitudine scandita da auricolari e pseudocontatti che le isolano pericolosamente dal contesto. I rapporti si sono arenati, sono diventati (quasi) impossibili. I tentativi di Theodore di ricostruirsi una vita vera sembrano destinati al fallimento (paradigmatico l’incontro con la bella e straniante Olivia Wilde, nei cui occhi tutti vorrebbero perdersi). Sopravvivono sporadiche frequentazioni a misura d’uomo: il collega di lavoro fuori posto nel mondo virtuale che ci viene raccontato (il simpatico Paul di Chris Pratt, dai tratti ancora umani), un’amica di vecchia data destinata a diventare forse qualcosa di più (l’intensa Amy Adams, ormai sganciata dai ruoli precotti di inizio carriera) e la deliziosa figlioccia di quattro anni (Gracie Prewitt, un cameo che riscalda il cuore e invita a sperare nelle nuove generazioni). Il tempo libero di Theodore si consuma tra insulsi videogiochi tridimensionali e squallide chat erotiche. Finchè non arriva Samantha (la voce calda e sensuale di Scarlett Johansson, che ci accompagnerà per tutto il film e di cui finiremo per immaginare ogni espressione corporea), una OS virtuale che gli darà modo di aprirsi con rinnovata fiducia al mondo reale dopo un improbabile tentativo di materializzarsi nel corpo preso a prestito di una volontaria del sesso (la partecipativa Katherine Boecher). Spike Jonze, in questo caso anche sceneggiatore, indugia con la macchina da presa sul percorso di crescita interiore del protagonista. Anche se con qualche lentezza nello script riesce a raccontarci una bella storia sull’amore e sulla necessità di conoscere se stessi per poterlo vivere compiutamente. “Her” è un film intrigante che, pur nella brevità sincopata del titolo, ha davvero molte cose da dire e da insegnare sul futuro che ci aspetta.
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[+] “le persone deludono, i robot no”… her? sorprende!
(di antonio montefalcone)
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[+] un capolavoro
(di francesca50)
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carpo86
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giovedì 30 gennaio 2014
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amore 2.0
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Come metabolizzare la tristezza e il dolore propri di una storia d'amore finita?
Questo l'interrogativo che tormenta il protagonista, Theodore - un convincente Joaquin Phoenix - che, in un futuro non troppo distante dal nostro, trova prima conforto e poi vero amore in un programma virtuale, un software, che non si limita a simulare la voce di una persona umana ma che crea un vero e proprio essere umano, Samantha, carico di dubbi, insicurezze ma aperto al mondo, curioso della vita e pronto a progredire.
Ecco l'artificio usato dal regista per scandagliare la genesi di un nuovo rapporto, profondo, che, seppur vissuto verbalmente e in maniera travagliata per la mancanza di fisicità della lei, riesce a cambiare i protagonisti dello stesso, fornendo al lui il coraggio per cambiare pagina, svoltare con il passato e tornare a vivere.
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Come metabolizzare la tristezza e il dolore propri di una storia d'amore finita?
Questo l'interrogativo che tormenta il protagonista, Theodore - un convincente Joaquin Phoenix - che, in un futuro non troppo distante dal nostro, trova prima conforto e poi vero amore in un programma virtuale, un software, che non si limita a simulare la voce di una persona umana ma che crea un vero e proprio essere umano, Samantha, carico di dubbi, insicurezze ma aperto al mondo, curioso della vita e pronto a progredire.
Ecco l'artificio usato dal regista per scandagliare la genesi di un nuovo rapporto, profondo, che, seppur vissuto verbalmente e in maniera travagliata per la mancanza di fisicità della lei, riesce a cambiare i protagonisti dello stesso, fornendo al lui il coraggio per cambiare pagina, svoltare con il passato e tornare a vivere.
Unirsi ed evolvere come essere umani, affrontando le proprie brutture e paure,
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