lauro123
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domenica 20 gennaio 2013
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la "d" è muta
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La stagione cinematografica italiana non poteva iniziare meglio, quando si parla di Tarantino, almeno io, parto molto prevenuto perché so già in cuor mio che andrò a vedere un film entrerà negli annali come uno tra i migliori film degli ultimi anni... e devo dire.. che Tarantino.. questa volta.. ha superato le mie aspettative facendo un film che prende un genere morto e sepolto come lo western o anche gli spaghetti western e lo ricrea come solo Tarantino sa fare, lo si vede già con i primi 2 minuti dove troviamo dei titoli di testa che ti riporta con il pensiero e l'anima a quella trilogia del dollaro.
parliamo un attimo della trama un po insolita per il genere perché che io ricordi non ho mai visto un film dove uno schiavo diventa cacciatore di taglie per liberare l'amata.
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La stagione cinematografica italiana non poteva iniziare meglio, quando si parla di Tarantino, almeno io, parto molto prevenuto perché so già in cuor mio che andrò a vedere un film entrerà negli annali come uno tra i migliori film degli ultimi anni... e devo dire.. che Tarantino.. questa volta.. ha superato le mie aspettative facendo un film che prende un genere morto e sepolto come lo western o anche gli spaghetti western e lo ricrea come solo Tarantino sa fare, lo si vede già con i primi 2 minuti dove troviamo dei titoli di testa che ti riporta con il pensiero e l'anima a quella trilogia del dollaro.
parliamo un attimo della trama un po insolita per il genere perché che io ricordi non ho mai visto un film dove uno schiavo diventa cacciatore di taglie per liberare l'amata.. ultimamente se si accende la tv e si sente parlare di questo film possiamo sentire "film razzista" be io credo che chi dice così via della locandina non ha visto altro del film perché qui troviamo un django che fa di tutto salvare la moglie schiava a candy land, dove troviamo un leonardo dicaprio che veste magistralmente la veste del negriero, possiamo vedere tutta la cattiveria e la convinzione di essere nel giusto mentre il buon messier candy (dicaprio) maltratta i neri. Si fa notare anche samuel jackson che dopo aver interpretato nick fiury in avengers torna un po' alle origini tornando a lavorare per tarantino, ricordiamoci che le loro strade si erano incontrate gia per film come jacky brown e il magnifico pulp fiction, jackson torna e torna in grande stile interpretando il "capo nero" di candy land, interpretando un personaggio subdolo e cattivo come poco.
Arriviamo al personaggio che più ho amato ovvero il dr. shultz interpretato da qui da un incredibile christoph walz, questo "dottore" cacciatore di taglie aiuterà in tutti i modi il buon django a salvare sua moglie, waltz qui interpreta qui un personaggio agli antipodi rispetto al colonnello landa che odiava il diverso qui invece lo aiuta, un interpretazione che a mio avviso potrebbe portarlo al secondo oscar.
Concludendo, posso dire che questo film mi é piaciuto ben più di quanto mi aspettassi e non posso che consigliarlo.
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s. rizzo
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domenica 20 gennaio 2013
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tarantino: un'altra ciambella col buco. ma ...?
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"Signori, avevate la mia curiosità... Ma ora avete la mia attenzione". E’ una delle frasi più celebri del film "Django Unchained" , il nuovo lavoro di Quentin Tarantino. E quanto a curiosità e attenzione sembrerebbe proprio che questo capolavoro ne abbia fatto il pieno sia da parte del pubblico sia della critica. Eh già ,un capolavoro: su questo è difficile discutere. Ma ,come spesso accade per tutti i “masterpieces “, spesso si tratta di una “targhetta” impegnativa e difficile da portare attaccata.
Tuttavia, andiamo con ordine. Dal punto di vista prettamente tecnico la pellicola è impeccabile ,sfiora la perfezione: la fotografia è ottimale ;i paesaggi e l’ambientazione sono superlativi e oltremodo appropriati per un western che si propone anche di richiamare la tradizione del genere; ma alla vera punta di diamante si collocano il montaggio e le colonne sonore.
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"Signori, avevate la mia curiosità... Ma ora avete la mia attenzione". E’ una delle frasi più celebri del film "Django Unchained" , il nuovo lavoro di Quentin Tarantino. E quanto a curiosità e attenzione sembrerebbe proprio che questo capolavoro ne abbia fatto il pieno sia da parte del pubblico sia della critica. Eh già ,un capolavoro: su questo è difficile discutere. Ma ,come spesso accade per tutti i “masterpieces “, spesso si tratta di una “targhetta” impegnativa e difficile da portare attaccata.
Tuttavia, andiamo con ordine. Dal punto di vista prettamente tecnico la pellicola è impeccabile ,sfiora la perfezione: la fotografia è ottimale ;i paesaggi e l’ambientazione sono superlativi e oltremodo appropriati per un western che si propone anche di richiamare la tradizione del genere; ma alla vera punta di diamante si collocano il montaggio e le colonne sonore. Fred Raskin ,al montaggio, e Wylie Stateman ,al montaggio sonoro, danno il meglio di loro mettendo in scena espedienti ,tecniche e risultati creativi strepitosi mentre le scelte musicali non potevano essere più azzeccate. Con la selezione di un compositore tanto legato al mondo dello “spaghetti western” come Ennio Morricone e con un’alternanza di stili che non dimentica comunque il fatto che il film è del 2012/2013 l’esito è scontato. Non stupisce ,pertanto ,che proprio il signor Stateman abbia ricevuto una nomination all’Oscar. Ma tra tutti i nomi legati a questo lungometraggio non è ovviamente il solo ad attendere la statuetta dall’Accademy :come non considerare ,infatti, Christoph Waltz! Già vincitore del Golden Globe, con il suo ruolo in questo film sicuramente è nel cast quello che merita di più grazie alla sua mimica spontanea e alla sua recitazione unica e straordinaria. Tra gli attori ,però, anche Leonardo Di Caprio si distingue ,a differenza di Jamie Foxx e Samuel Jackson ,i quali hanno espresso tutte le loro magnifiche capacità più in altre pellicole.
E arriviamo dopo tutto ciò al grande Quentin ,che con qualche scena ci regala pure un singolare cameo dedicato alla sua originale figura ,la quale svanisce dai nostri occhi per mezzo di un’esplosione quasi magica : un’uscita in grande stile! Tarantino è un regista di primo livello, dietro la macchina da presa è in grado di competere con i big della storia del cinema mondiale e con “Django” lo dimostra eccome. Sa omaggiare il western con degli zoom che non si vedavano da un pezzo, sa mantenere una certa continuità con le peculiarità dei suoi precedenti lavori ,sa gestire al meglio il cast e la troupe. Cionostante, si può dire che in questo film qualcosa cambi. Qualcuno potrebbe asserire che sia il più “normale” delle opere tarantiniane ,sempre un po’ definite “strane”. E in effetti diverse sperimentazioni che hanno segnato i suoi esordi cedono il passo a talune forme anche troppo classiche per uno come lui. Tali riscontri sono rilevanti soprattutto quando si parla in termini di sceneggiatura. Tra Tarantino regista e Tarantino sceneggiatore ,difatti, vi è una linea ;sottile ma c’è. I dialoghi di “Django Unchained” sono sì accattivanti ,geniali e divertenti ma in alcuni tratti manca loro quel poco in surplus di folle, delirante, controverso e provocatorio che connotava per esempio “Bastardi” ma anche “Pulp Fiction” o ”Le iene”. Non è ,comunque, una macchia nera ,solo una macchietta per quanto riguarda il bianco copione di Quentin. Allo stesso modo, di macchietta si può parlare in merito a certe aspettative che guardando il lungometraggio non sono state soddisfatte. E’ il caso dell’irriverente personaggio protagonista ,dal quale forse ci si sarebbe attesi un maggiore approfondimento della sua psicologia ,della sua storia e del suo comportamento. Restano scarsamente motivate alcune sue trasformazioni troppo repentine ,come quella da schiavo liberato a spaccone ammazza-tutti, e restano vagamente mostrati tratti di umanità ,che magari si potevano accentuare. Copensano il tutto ,ad ogni modo, il personaggio dell’affabile e caricaturale dottor King Shultz e quello dell’enigmatico e prevaricatore Calvin Candie.
Restando sempre sulla sceneggiatura (premiata anch'essa con il Golden Globe), si può concludere ,quindi, affrontando l’aspetto tematico del film. Qual è il tema? Qual è la morale? Qual è il messaggio? Rispondere a queste domande è sempre qualcosa di ostico quando si parla della farina del sacco di Tarantino ,un cineasta che in realtà si confronta di continuo con un solo e medesimo motivo di base nei suoi film: il bene e il male ,il gioco delle parti. Il regista di “Django” ha costantemente ben presente chi sono i buoni e chi i cattivi ,nelle sue storie i due si scontrano ;è vero ,talvolta si confondono anche , ma alla fine sono i buoni che hanno la meglio ,ottengono il loro riscatto e la loro vendetta. Entrambi gli schieramenti sono ,comunque, presentati e costruiti con la stessa cura e meticolosità. In quest’ultima pellicola si aggiunge ,inoltre, la tematica della schiavitù ,delle impensabili e crudeli condizioni cui i neri erano costretti nel passato ma la sensazione che qualcosa manchi è presente. Forse una maggiore attenzione per l’intero aspetto del “sottotesto” ,potremmo dire, e del significato profondo dell’opera. E questo è un peccato perché molto probabilmente è proprio quell’elemento ,quel piccolo punto che non ha giocato e non gioca a favore della filmografia di Tarantino per l’elezione a miglior film agli Oscar. Un peccato ancora più grande se si considera quanto effettivamente migliore possa essere considerata la prima parte del lungometraggio rispetto alla seconda e quanto ,forse anche a causa dell’eccessiva lunghezza di 165 minuti, il finale si perda in sottili ridondanze ,incongruenze nell’intreccio e sproporzione di unilaterale e poco funzionale violenza.
Le interpretazioni su “Django” ,tuttavia, possono e devono essere moltissime ;e questo è un altro pregio del film ,quello di incoraggiare dibattiti in materia cinematografica tra la gente. Ad esempio, l’esasperazione della sfrenata brutalità e spietatezza che si impadrona di Django nelle scene conclusive potrebbe essere letta solo e soprattutto come la conseguenza di un’altrettanto esasperata crudeltà subita "obtorto collo". E non risulterebbe più unilaterale la violenza spropositata.
Sia ben chiaro, in ogni modo ,che la critica si tinge di negativo solo in relazione a una percentuale piccolissima rispetto alla più che buona valutazione del film. Sono giusto alcune semplici osservazioni senza le quali nulla impedirebbe al nostro Quentin di intascare tutte le meritate 5 stelle. E “Django” sarebbe stato un perfetto candidato considerando i progressi del regista in questa direzione. E’ anche questo ,come tutti gli altri titoli della sua filmografia, una ciambella riuscita col buco e con un buco dalla circonferenza precisissima ,da geometra! Ma forse manca quel pizzico di zucchero per soddisfare un palato raffinato.
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uppercut
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domenica 20 gennaio 2013
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deludente, anche la fotografia
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Fare un film "alla Tarantino" è la cosa più difficile del mondo. Anche per lo stesso Tarantino. Si tratta di dare misura alla dismisura. Vedi un po' te... Django unchained è il film meno riuscito di Tarantino e lo si era immaginato ancora prima che lo girasse e ne abbiamo avuto conferma appena visto il trailer. Tutto troppo prevedibile (proprio dal regista delle più spiazzanti sorprese), tutto troppo tirato via (dopo un capolavoro di scrittura come Bastardi senza gloria). Bisogna essere onesti (dobbiamo convincercene anche noi fedeli pulpfictiani): Django unchained non è affatto un gran film, è un trenino negli studios delle serie tv western che riesce persino ad essere noioso.
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Fare un film "alla Tarantino" è la cosa più difficile del mondo. Anche per lo stesso Tarantino. Si tratta di dare misura alla dismisura. Vedi un po' te... Django unchained è il film meno riuscito di Tarantino e lo si era immaginato ancora prima che lo girasse e ne abbiamo avuto conferma appena visto il trailer. Tutto troppo prevedibile (proprio dal regista delle più spiazzanti sorprese), tutto troppo tirato via (dopo un capolavoro di scrittura come Bastardi senza gloria). Bisogna essere onesti (dobbiamo convincercene anche noi fedeli pulpfictiani): Django unchained non è affatto un gran film, è un trenino negli studios delle serie tv western che riesce persino ad essere noioso. Ma la peggiore delusione è stata la fotografia. Pur magnificata da ogni parte (e il fatto di essere in totale minoranza qualche pensiero me lo fa venire...), è più insopportabile della stessa presenza di Christoph Waltz che fa la caricatura di Christoph Waltz. L'effetto bianco spampanato, anche sulla fiamma delle candele, anche sul cielo, anche sui nasi, non ha proprio niente del mood anni sessanta. Sembra piuttosto un gioco di color correction reiterato con meccanica approssimazione. Dove va va... Così come la desaturazione dei colori: senza alcuna poesia, programmata di default. Sono l'unica a pensarla così? un direttore della fortografia come si deve mi può dire se sto delirando e merito la fustigazione (con i dovuti spari luminescenti)?
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riccardo tavani
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domenica 20 gennaio 2013
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la tarantinata!
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Una volta di un film si diceva: “Un'americanata!”. Adesso possiamo dire: “Una Tarantinata!!!”. Dichiaratamente ispirato a “Django”, lo spaghetti western girato da Sergio Corbucci nel 1966 con Franco Nero, Tarantino riprende il tema del razzismo presente in quel film e lo radicalizza. L'eroe pistolero assume così i tratti neri di uno schiavo liberato da uno strano dentista tedesco e diventa con lui cacciatore di taglie.
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Una volta di un film si diceva: “Un'americanata!”. Adesso possiamo dire: “Una Tarantinata!!!”. Dichiaratamente ispirato a “Django”, lo spaghetti western girato da Sergio Corbucci nel 1966 con Franco Nero, Tarantino riprende il tema del razzismo presente in quel film e lo radicalizza. L'eroe pistolero assume così i tratti neri di uno schiavo liberato da uno strano dentista tedesco e diventa con lui cacciatore di taglie. Il razzismo è visto nel volto sanguinario dello schiavismo come si praticava nelle piantagioni del Sud nel 1856 (soltanto dieci anni dopo è ambientata la vicenda dell'altra grande produzione ora sugli schermi e sugli stessi temi, "Lincoln"). Quentin ci infila dentro anche Brumilde, Sigfrido e Wotan come nelle opere di Wagner. Ottima interpretazione di Leonardo Di Caprio, Samuel L. Jackson e Christoph Waltz. Un film e un genere cinematografico che possono naturalmente non piacere, ma le polemiche scatenate contro la pellicola sono semplicemente assurde. Il regista nero Spike Lee e il reverendo Al Sharpton hanno lanciato una campagna di boicottaggio del film. Il primo perché dice che lo schiavismo americano è stato un Olocausto e non un “macaroni western” alla Sergio Leone; il secondo per la commercializzazione di “action figure”, pupazzetti di plastica raffiguranti i personaggi del film, compresi quelli magistralmente delineati dei suoi atroci negrieri. Insomma: non si gioca con la tragedia e la ferita ancora aperta dello schiavismo yankee. Si riapre qui un tema legato direttamente alla Shoha, allo sterminio degli ebrei nei campi nazisti. È il tema della sua impossibilità a rappresentarlo in qualsiasi modo, visto l'abisso dell'orrore nel quale l'umanità è sprofondata attraverso esso. Non solo, ma “Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro”, sentenziò Theodor Adorno, qualsiasi forma d'arte non è più possibile. Lo stesso Adorno ebbe in seguito a correggere questa sua drastica affermazione, ma sta di fatto che il cinema lo schiavismo e la guerra civile americana li ha rappresentati attraverso celebri pellicole storiche. La discussione potrebbe vertere sul fatto se un film di genere, lo spaghetti western, leggermente splatterizzato da Tarantino, sia degno di tale rappresentazione. Sugli extra all'interno del DVD del “Django” di Corbucci c'è una significativa intervista dello stesso Tarantino. Il regista americano afferma che il suo collega italiano usava quelle storiacce di genere per mettere in scena i fascisti della realtà presente, non solo e non tanto del passato. Se si perde questo elemento dell'attualità ancora bruciante del razzismo negli Usa e nel mondo, si smarriscono le coordinate stesse all'interno delle quali può avvenire una pur aspra critica dello specifico cinematografico. Una delle scene finali del film lo mostra chiaramente. I neri, condannati con lui ai lavori forzati e chiusi prima dentro una sozza gabbia da animali, ora spalancata, guardano Django allontanarsi a cavallo che va a liberare Brumilde e a fare giustizia. Quello sguardo comune ci dice che lo sta facendo ed è un esempio per tutti loro, ancora oggi, nel presente della rappresentazione filmica e non solo dell'epoca storica nella quale è ambientata. C'è da registrare, inoltre, che le polemiche più crescono, più fanno aumentare gli incassi del film. Anche in questo lo splatter spaghettaro western Quentin ha centrato in pieno il bersaglio. La tarantinata fa esplodere di dinamite gli schermi e di dollari i botteghini.
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anthonio82
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domenica 20 gennaio 2013
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eccezionale!!!
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Film stupendo, da vedere assolutamente!
Oltre 160 min di film da bere tutto d'un fiato, mai noioso e monotono, davvero avvincente.
Ovviamente con Tarantino non si sbaglia mai.
Perfetto.
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marco michielis
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domenica 20 gennaio 2013
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tarantino, il suo passato e il western
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Il Quentin Tarantino che affronta il western è il Quentin Tarantino che fa i conti con se stesso, con la propria opera, la propria adolescenza, la propria cinefilia, insomma con gran parte della sua esistenza. E “Django unchained” non poteva non risultare un omaggio all'incursione italiana nel genere, lo spaghetti-western, ai grandi maestri del ragazzone di Knoxville, i due Sergio, Leone e Corbucci, quest'ultimo regista, per l'appunto, dello storico “Django” del '66 con Franco Nero (che qui fa un cameo gustosissimo). Com'è naturale, però, Tarantino ci mette del suo, e parecchio del suo, anche.
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Il Quentin Tarantino che affronta il western è il Quentin Tarantino che fa i conti con se stesso, con la propria opera, la propria adolescenza, la propria cinefilia, insomma con gran parte della sua esistenza. E “Django unchained” non poteva non risultare un omaggio all'incursione italiana nel genere, lo spaghetti-western, ai grandi maestri del ragazzone di Knoxville, i due Sergio, Leone e Corbucci, quest'ultimo regista, per l'appunto, dello storico “Django” del '66 con Franco Nero (che qui fa un cameo gustosissimo). Com'è naturale, però, Tarantino ci mette del suo, e parecchio del suo, anche. Molti hanno parlato di rivisitazione del genere fatta dal regista del Tennessee; io, personalmente, sono solo in parte d'accordo con quest'affermazione. Forse è preferibile parlare, più che di una vera e propria rivisitazione, di una lettura squisitamente personale e originale del western da parte di Tarantino (è innegabile, del resto, l'impronta del suo stile fatto di dialoghi surreali e violenza esplicita e inaspettata): il termine “rivisitazione”, infatti, sembrerebbe implicare una precisa volontà di rifondare il genere preso in esame, volontà che in Tarantino è del tutto assente. Inutile girarci attorno, il western, ahimè, è morto, e lo sappiamo bene. Allora ecco che il regista di “Pulp fiction” non si smentisce e non delude i suoi milioni di fan, infarcendo la pellicola con la solita moltitudine di citazioni, musiche coinvolgenti (alcun brani di ultima generazione hanno un effetto veramente straniante e arricchiscono la scena di adrenalina pura) e personaggi assolutamente fuori dal comune e politicamente scorretti. E battute talmente surreali e geniali, che sembrano fermare il tempo della narrazione per accedere a quello della risata e dell'incredulità dello spettatore. Può darsi che alla lunga, se la sua carriera da cineasta dovesse proseguire (me lo auguro di cuore), Tarantino e i suoi marchi di fabbrica stuferanno chiunque. Reinventarsi ad ogni pellicola non tradendo se stessi, si sa, non è mai facile. Ma per il momento non è così, e quasi tre ore di “Django unchained” ce le godiamo dal primo all'ultimo minuto, auspicando in maniera vana che non passino mai. Menzione obbligatoria per il cast, in particolar modo per Christoph Waltz, attore che pare essere nato apposta per recitare nei film tarantiniani, che fornisce una prova di assoluto spessore e originale gestualità. Ah, e come dimenticare la citazione finale da “Il buono, il brutto e il cattivo”: da paura!
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teoshhh
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domenica 20 gennaio 2013
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il solito tarantino
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Semplicemente un ottimo film,a tratti geniale,con una colonna sonora da oscar.Tra i migliori del genere Tarantino! ...non eguaglia il doppio "kill Bill" ma ci si avvicina.ben fatto Quentin
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writer58
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domenica 20 gennaio 2013
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le iene di candyland
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Sono uscito dalla sala pensando che Tarantino ha fondato un linguaggio cinematografico peculiare. Come i film di Fellini o Kubrick (per citare due geni della cinematografia) possiedono un "marchio DOC" che li rendono immediatamente identificabili, così le opere di Tarantino riescono a cavalcare i diversi generi e ad amalgamarli mediante uno sguardo d'autore che li travalica e li assembla in sintesi originali.
I dialoghi costruiti con un crescendo di tensione e che spesso sfociano in una violenza ritualizzata,l'ironia "noir", la vendetta,i duelli, le sfide, la rivisitazione del pulp, la scansione per capitoli,i corpi dilaniati che sprizzano sangue, ma soprattutto una narrazione serrata e impeccabile, ne costituiscono gli aspetti essenziali.
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Sono uscito dalla sala pensando che Tarantino ha fondato un linguaggio cinematografico peculiare. Come i film di Fellini o Kubrick (per citare due geni della cinematografia) possiedono un "marchio DOC" che li rendono immediatamente identificabili, così le opere di Tarantino riescono a cavalcare i diversi generi e ad amalgamarli mediante uno sguardo d'autore che li travalica e li assembla in sintesi originali.
I dialoghi costruiti con un crescendo di tensione e che spesso sfociano in una violenza ritualizzata,l'ironia "noir", la vendetta,i duelli, le sfide, la rivisitazione del pulp, la scansione per capitoli,i corpi dilaniati che sprizzano sangue, ma soprattutto una narrazione serrata e impeccabile, ne costituiscono gli aspetti essenziali. Anche in "Django Unchained", l'autore propone il suo approccio nel confronto con il genere western, a partire dalla storia di uno schiavo che viene liberato da un cacciatore di taglie (interpretato da un magnifico Waltz),è coinvolto nella cattura di criminali ricercati e si mette alla ricerca di sua moglie, venduta a un possidente (un eccellente De Caprio) ossessionato dai combattimenti all'ultimo sangue tra "mandingos".
I film western si prestano ottimamente alla ritualizzazione delle sequenze e dei nodi narrativi: i primi piani dei volti dei protagonisti, la magnificenza degli esterni, le sparatorie, l'estetica dell' "uno contro tutti", la sfida prometeica dello schiavo nei confronti dei padroni, l'epopea di una terra sterminata dove è possibile, in virtù del talento individuale, cambiare rapidamente il proprio status.
Un intero universo di opportunità per i registi, soprattutto per coloro che, come Tarantino, rivisitano i generi e li trasformano negli scenari della propria proposta narrativa.
Qualcuno ha scritto che, nella sua essenza, "Django Unchained" è una storia d'amore: ritengo questa affermazione insieme vera e falsa: così come "kill Bill" non è solo la storia di una vendetta, ma un saggio lucidissimo sull'estetica Tarantiniana, anche nella sua ultima opera la ricongiunzione di Django con sua moglie è solo uno dei fili narrativi, quasi un'esca per incatenare l'attenzione dello spettatore al modulo proposto.
Un modulo che, senza cadere nella stereotipia e nel manierismo, rivela la sua efficacia nell'interazione tra i personaggi, gli ambienti, le storie e i ritmi e che conferma Tarantino come uno dei maggiori autori del cinema contemporaneo.
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si.ssi
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domenica 20 gennaio 2013
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capolavoro
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saro' breve...una sola parola per commentarlo...CAPOLAVORO!
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graziano bianco
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domenica 20 gennaio 2013
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il peggior film di tarantino...
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ho aspettato 3 anni per vedere un 'altro film di quentin tarantino,ed è stato una delusione incredibile...........
il film parla delle vicende di django che da schiavo diventa un cacciatore di taglie fino ad arrivare a liberare sua moglie tenuta in schiavitù...il film è lineare non ci sono colpi di scena, intrecci di storia ,ènoioso ,infatti per alcuni versi non sembra un film di tarantino ,in altri film di tarantino ci sono colpi di scena incredibili ,intrecci di storia paurosi ,in django la storia è ai limiti del banale ,per dirla meglio è scontato al massimo non c'è un minimo di suspense , poi fino ad ora non avevo mai sentito musica rap in un film western veramente indecente,per non parlare dei discorsi tra i vari cowboys definirli stupidi è poco.
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ho aspettato 3 anni per vedere un 'altro film di quentin tarantino,ed è stato una delusione incredibile...........
il film parla delle vicende di django che da schiavo diventa un cacciatore di taglie fino ad arrivare a liberare sua moglie tenuta in schiavitù...il film è lineare non ci sono colpi di scena, intrecci di storia ,ènoioso ,infatti per alcuni versi non sembra un film di tarantino ,in altri film di tarantino ci sono colpi di scena incredibili ,intrecci di storia paurosi ,in django la storia è ai limiti del banale ,per dirla meglio è scontato al massimo non c'è un minimo di suspense , poi fino ad ora non avevo mai sentito musica rap in un film western veramente indecente,per non parlare dei discorsi tra i vari cowboys definirli stupidi è poco...
i film di tarantino sono stati sempre violenti ma in altri film la violenza era necessaria e mai esagerata tranne in alcune scene di kill bill,in django la violenza si è necessaria ma diventa esagerata l'unico modo per definirlo, è splatter ,ad un certo punto sembra di guardare hostel per il sangue che schizza in aria...
il film dura quasi 3 ore , per i contenuti poteva durare benissimo 90 minuti ,sarebbe stato molto più digeribile ,ora capisco le polemiche di spike lee dopo la visione di django...
tarantino ha voluto esagerare in questo film ,però può essere giustificato un 'errore può capitare a tutti....
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[+] spike lee
(di killbillvol2)
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(di anthonio82)
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(di graziano bianco)
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(di opidum)
[ - ] effettivamente
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