The Silver Cliff

Film 2011 | Drammatico 82 min.

Titolo originaleO Abismo Prateado
Anno2011
GenereDrammatico
ProduzioneBrasile
Durata82 minuti
Regia diKarim Aïnouz
AttoriAlessandra Negrini, Camila Amado, Luisa Arraes, Milton Goncalves, Sérgio Guizé Thiago Martins, Otto Jr., Carla Ribas.
MYmonetro 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Karim Aïnouz. Un film con Alessandra Negrini, Camila Amado, Luisa Arraes, Milton Goncalves, Sérgio Guizé. Cast completo Titolo originale: O Abismo Prateado. Genere Drammatico - Brasile, 2011, durata 82 minuti. - MYmonetro 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento giovedì 1 settembre 2011

Il regista brasilliano Karim Ainouz racconta una notte misteriosa trascorsa da una donna ferita.

Consigliato nì!
2,50/5
MYMOVIES 2,00
CRITICA
PUBBLICO 3,00
CONSIGLIATO NÌ
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Trailer
Una fotografia, riuscita solo in parte, della realtà brasiliana.
Recensione di Cristina Battocletti
giovedì 19 maggio 2011
Recensione di Cristina Battocletti
giovedì 19 maggio 2011

Un uomo guarda i tonfi sordi delle onde. Sembra aderire al grigiore del mare con cui si confronta. Poi in costume si avvia in mezzo al traffico, tra le auto e i pedoni, senza che nessuno abbia un moto di sorpresa. Sale in una casa soleggiata e fa l'amore con una donna. La macchina da presa si posa a lungo sulle mani che portano le fedi. O abismo prateado del brasiliano Karim Ainouz inizia così, senza una parola. A parlare è solo il rumore di quello che poi si capirà essere Rio de Janeiro. Ma nella casa in cui si rifugia c'è requie. Lì si è appena trasferito con la moglie Violeta e il figlio. Violeta è piena di attenzioni per il suo uomo, gli prepara la colazione, lo abbraccia a lungo perché lui sta per partire per un viaggio. Poi assieme al figlio adolescente inforca la bicicletta e si getta nella mischia per andare al lavoro. Violeta estrae denti, li cura, fa la pausa pranzo in palestra, dove guarda compiaciuta il suo corpo di quarantenne ragazzina. Ma il film fa un balzo. A un tratto lei prende con ansia a pigiare i tasti del telefonino e a chiamare ossessivamente il marito. Intanto fuori il rumore cresce, diventa addirittura insopportabile e Violeta con foga disperata irrompe in un cantiere. A guidare i lavori c'è una donna, forse la sorella di lei, su cui riversa tutta la sua rabbia per ciò che l'ha sconvolta: in un messaggio nella segreteria telefonica il marito le comunica l'intenzione di lasciarla per sempre. La donna la guarda senza sorprese, come se da tempo sapesse o avesse intuito il disagio di lui. Le dice con il pragmatismo di chi ha visto molta vita passare: "Ti ha comprato la casa a cui tenevi tanto. Ha fatto quello che doveva e poi se n'è andato". Una logica che urta Violeta quando un pugno in faccia: si dibatte, piange, grida, ma la città urla di più mentre cerca di squarciare la natura prepotente di Copacabana con i suoi palazzi.
Violeta agisce d'istinto, decide di lasciare il figlio con la cugina e andare all'aeroporto per raggiungere il marito a Porto Alegre. Ma è troppo tardi, nessun volo parte a quell'ora. Allora comincia un girovagare per la città con la telecamera sempre fissa sul suo volto di donna furente e ansiosa. Rio vive attraverso la sua disperazione nella notte, che si illumina in un motel a ore, nelle luci di una discoteca, nel chiarore asfittico dei neon di un bagno pubblico. Lì Violeta farà un incontro speciale che pian piano stempererà la sua rabbia e finirà per dileguarsi sulle note della canzone di Chico Buarque Olhos non olhos, cioè a viso aperto, affrontandosi, come il marito non ha avuto il coraggio di fare.
O abismo prateado parte proprio da qui, dalla voglia del regista di costruire la storia di una donna, lasciata dal suo amore, che trova la forza di reagire. Una storia qualunque, un abbandono che tutti hanno subito, ma che, pur nella sua banalità, per ognuno di noi è ferita profonda. Questa vicenda ordinaria diventa così unica, molto grazie alla bravura e all'espressività di Alessandra Negrini, e meno alla sceneggiatura, che troppo rapidamente trasforma la disperazione in consolazione. Mike Leigh racconta vite di gente qualunque senza mai stancare, qui l'ordinarietà invece fa sentire tutto il suo peso. È come se la vicenda non avesse un giusto bilanciamento dei tempi, come se in alcune scene il film dovesse essere accorciato e in altre tagliato per funzionare bene. Ma sa regalare, questo sì, una bella fotografia della brulicante umanità brasiliana.

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