sawclaudio
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mercoledì 26 gennaio 2011
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bello
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Non possiamo negare l'evidenza: questo film è fatto bene. Certamente, non di quelli che riguardi all'infinito, ma ha degli effetti speciali fantastici e un qualcosa che ti inculca nella testa Eywa e tutta la cultura Na'Vi. Concordo con quelli che dicono che manca un pò la storia, e che questo pesi soprattutto quando lo si guarda una seconda volta, ma al cinema non te ne rendi neanche conto, sei troppo preso dal resto.
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jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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avatar di james cameron - da non perdere
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2154 d.C. Su Pandora, la RDA, potente multinazionale, ha creato una colonia per lo sfruttamento di un metallo prezioso. Arriva sul pianeta Jake (Worthington), marine disabile, che ha sostituito il fratello gemello come membro del programma avatar: il guidatore viene collegato all’avatar, un clone biologico teleguidato dalle sembianze di un indigeno Na’vi, la popolazione del pianeta. Lo scopo di questa operazione è riuscire a far spostare il popolo dalla loro casa, un grande albero, situata proprio sopra un grande giacimento. Il protagonista conoscerà gli indigeni e si innamorerà della bella Neytiri (Saldana), schierandosi al suo fianco nella battaglia finale.
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2154 d.C. Su Pandora, la RDA, potente multinazionale, ha creato una colonia per lo sfruttamento di un metallo prezioso. Arriva sul pianeta Jake (Worthington), marine disabile, che ha sostituito il fratello gemello come membro del programma avatar: il guidatore viene collegato all’avatar, un clone biologico teleguidato dalle sembianze di un indigeno Na’vi, la popolazione del pianeta. Lo scopo di questa operazione è riuscire a far spostare il popolo dalla loro casa, un grande albero, situata proprio sopra un grande giacimento. Il protagonista conoscerà gli indigeni e si innamorerà della bella Neytiri (Saldana), schierandosi al suo fianco nella battaglia finale. Che dire del film più costoso (500 milioni di dollari, inclusa l’ampia campagna pubblicitaria), ma anche di maggior incasso (2 miliardi e settecento milioni di dollari), della storia del cinema? Cameron, a dodici anni da Titanic,torna a dirigere questo Pocahontas fantascientifico. La trama di per sé non è particolarmente originale, ma la messa in scena ed alcune scene sono davvero straordinarie. Infatti il regista nella seconda ora di film riesce davvero ad essere interessante, con le descrizioni magnifiche e poetiche di Pandora e del rapporto che gli indigeni hanno con la natura e crea un mondo bellissimo in cui lo spettatore si perde. Dal punto di vista della psicologia Cameron (anche sceneggiatore, produttore e montatore) non convince del tutto ma è interessante la perdita di identità del protagonista che dice: “Ora è tutto alla rovescia, laggiù è il mondo vero e questa è la finzione. Non so più neanche chi sono”. Bella e romantica la storia d’amore, dove il regista riesce a non cadere nel ridicolo-imbarazzante della prima parte del film precedente. Purtroppo nell’ultima mezz’ora il regista si è ricordato di essere americano e perciò che ci doveva essere per forza una battaglia finale molto americana. Straordinario dal punto di vista tecnico (fotografia magistrale di Mauro Fiore). Distribuito in un ottimo 3D, per la prima volta usato con discrezione. Tre Oscar (fotografia, scenografie e effetti speciali) su nove nomination. Bellissima colonna sonora di James Horner.
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fabal
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venerdì 20 settembre 2013
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da aliens ad avatar: la conversione di cameron
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James Cameron non prova nemmeno a fuggire dal rischio di essere banale. E non solo perché gli effetti speciali gli fornirebbero, in ogni caso, un alibi di ferro: la storia infatti, nella sua prevedibilità, è comunque piacevole e suggestiva, iniettando nello spettatore alcuni brividi emotivi nelle scene di battaglia o nella tormentata conversione del protagonista. Né l’imprevedibilità rientra nelle aspettative del pubblico: la delusione ci sarebbe se alla fine vincessero i cattivi (cioè “noi” umani), se il bacio (tanto assurdo quanto scontato) di un uomo proiettato in un corpo alieno e un’aliena doc non si verificasse, se, insomma, i canoni terrestri della favola in stile classico non valessero anche per Pandora.
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James Cameron non prova nemmeno a fuggire dal rischio di essere banale. E non solo perché gli effetti speciali gli fornirebbero, in ogni caso, un alibi di ferro: la storia infatti, nella sua prevedibilità, è comunque piacevole e suggestiva, iniettando nello spettatore alcuni brividi emotivi nelle scene di battaglia o nella tormentata conversione del protagonista. Né l’imprevedibilità rientra nelle aspettative del pubblico: la delusione ci sarebbe se alla fine vincessero i cattivi (cioè “noi” umani), se il bacio (tanto assurdo quanto scontato) di un uomo proiettato in un corpo alieno e un’aliena doc non si verificasse, se, insomma, i canoni terrestri della favola in stile classico non valessero anche per Pandora.
Il film non si pone il problema del se e perché il rito amoroso del bacio debba valere anche per gli abitanti di un pianeta distanti anni luce, né del problema della strutture e delle linee evolutive del linguaggio, troppo facilmente condiviso da umani e Na’vi: e da qui nasce la grande contraddizione di Avatar. Il protagonista, infatti, tradisce la sua razza misconoscendo il modo di fare militaresco di un’umanità evoluta solo sulla carta ma ancora colonialista e dominatrice, e al tempo stesso schiava delle sue spietate leggi di mercato; Jake arriva a rinnegarla e addirittura a combatterla perché ne detesta i suoi cliché che puntualmente si ripresentano anche su Pandora. Ma sono proprio i cliché "troppo" terrestri a consentire ad Avatar di sfoggiare i suoi elementi sentimentali, di coinvolgere lo spettatore nell’ovvio parteggiare per gli indigeni, nel preannunciare il lieto fine; pertanto il tentativo di essere “anti-umano” si rivela, in ultima analisi, poco credibile.
Anche la proposta di un culto naturalistico, rigidamente monista, non ha alcuna originalità ma ripresenta una tendenza decisamente troppo terrestre e troppo di moda: già Dan Brown aveva spopolato con le teorie di un sostrato pre - ario dedito al culto femminile della Grande Madre, e in Avatar la cosa non fa più notizia; più che di una religione verosimile per un popolo extraterrestre, il culto di Eywa sembra un tentativo di proporre un revival naturalistico tipico dell’uomo che reagisce ai suoi stessi eccessi. Utilizzare gli extraterrestri e le loro usanze per fare delle allegorie su vizi e virtù (perdute) del genere umano poteva forse essere un espediente significativo per i pensatori libertini a metà del 1600, ma nel 2010 è un perenne sfociare in allegorie elementari.
Per ricavare un giudizio positivo su Avatar occorre allora appellarsi, in primo luogo, all’abilità di Cameron di rendere comunque molto avvincente questo minestrone di stereotipi e all’obbligo che lo spettatore ha di identificarsi nella vicenda; in questo l’obiettivo è raggiunto. In secondo luogo occorre elogiare la ricchezza visiva offerta dal film, non solo per gli effetti speciali, ma anche per la bellezza di Pandora e dei suoi scenari (elogiare ma trascurando, con un gesto misericordioso, le accuse di scopiazzatura dal lungometraggio animato “Aida degli alberi”).
In un film fantasy o di fantascienza, a mio giudizio, a far emergere la bontà del lavoro è la credibilità dei luoghi: le ambientazioni, cioè, devono essere inesistenti ma verosimili, funzionare in se stesse senza il raffronto col mondo reale, e, soprattutto, devono poter apparire “normali” allo spettatore, in modo che ogni elemento si trovi a proprio agio. Perché ciò si verifichi è necessario evitare di introdurre i luoghi con atmosfere caotiche e già turbate, ma in condizioni di routine: la luna boscosa di Endor in Star Wars ne è un esempio lampante, e risulta molto in linea con Pandora, nonostante siano entrambe macchiate dall’errore di ospitare civiltà primitive geocentricamente intese, che danno per scontata la dialettica delle linee dell’evoluzione (archi, frecce e culto pseudo animistico). Errore in cui, invece, non cadono i monolitici e monocromatici Arrakis (Dune) e Tatooine.
Pandora, comunque, è credibile, molto ricco di dettagli e forma un universo perfettamente circoscritto anche senza i marines guastafeste; nel complesso riesce ad atteggiarsi come un’oasi di Paradiso ben studiata e sorretta da una bella analogia tra micro e macrocosmo. Il campionario di flora è molto vario e dettagliato; la fauna invece è un po’ meno convincente perché racchiude e rende immediatamente riconoscibili le categorie terrestri di mammiferi, rettili, uccelli, insetti, anfibi. Siamo dunque ben lontani dalla indefinibile perfezione biologica di un Alien, nonostante anche in Avatar siano reperibili alcune invenzioni visive pregevoli, come nel design degli pseudo - rinoceronti. Non eccezionale, invece, è l’invenzione visiva dei Na’vi e degli Avatar, piuttosto stereotipata nel taglio d’occhi, nelle orecchie a punta e nei fisici snelli da figurini: probabilmente tutti i registi e gli ufologi concorderanno sul fatto che l’obesità sia un problema limitato a noi terrestri.
Il regista ha anche il merito di auto citarsi senza l’obbligo della discrezione, pur cadendo nel vizietto della scopiazzatura in alcune scene iniziali: lo sbarco sul pianeta, il discorso ai marines e la mensa sono scene pressoché identiche a quelle di Aliens, così come la ispanica incazzata interpretata dalla Rodriguez non è che il clone della Vasquez, anche nel modo di morire. Per non parlare poi dello scontro finale: il colonnello si erge ad ultimo difensore della sua razza, guidando lo scatolone metallico (già visto da qualche parte…) ma stavolta il cattivo, nonché sconfitto, è proprio lui. Le similitudini sono così evidenti che non possono certo essere casuali; né occorre tirare in ballo la scelta di mobilitare Sigourney Weaver, che da sterminatrice di xenomorfi diventa qui l’emblema di una “conversione” alla quale tutto Avatar è consacrato. Le similitudini con Aliens non sono perciò copiature, ma espedienti usati dalla stesso Cameron per simboleggiare una sua personale evoluzione: nelle atmosfere claustrofobiche e artificiali di Aliens, la guerra tra le due specie è un freddo atto di sopravvivenza biologica; pertanto lo spettatore si trova a parteggiare per l’unica razza che sia in grado di manifestare qualche sentimento, cioè la propria. In Avatar, invece, la sfera sentimentale viene estesa anche (e forse solo) agli extraterrestri che diventano così il “diverso” dal quale noi uomini degenerati avremmo solo da imparare.
Avatar vorrebbe, insomma, esplicitare la conquista Cameroniana di aver interiorizzato una cosmologia meno meccanicista (in cui la specie che uccide non lo fa per istinto) e non etnocentrica, cadendo però nei limiti e nelle contraddizioni già elencate. Pertanto il tentativo riesce solo a metà, e alla fine lo spettatore ha la sensazione di dover scegliere tra Aliens o Avatar, e non di integrare due prospettive che sembrano escludersi a vicenda.
Gli altri riferimenti tirati in ballo dai detrattori del film non perdonano, ad esempio, la troppa familiarità con la trama di Pocahontas, cosa peraltro innegabile (il buon senso suggerisce di non negare mai l’evidenza); ma vorrei limitare la portata di queste accuse proprio in virtù delle considerazioni già sviluppate. Ammesso che la sceneggiatura sia davvero il risultato di 15 anni di incubazione (vogliamo crederci), rivendicare l’autenticità di Avatar non lo salva dalla sua prevedibilità, perché dimostra una volta di più i cliché idealizzati (e purtroppo molto etnocentrici) su cui si fonda la narrazione; né può considerarsi immune da questa pecca lo stesso Pocahontas, che addirittura prende spunto da una storia vera deformandola in senso fiabesco, producendo così, più che un film originale, della piatta demagogia sentimentale. E quest’ultima, anche se mi duole ricordarlo, è un fenomeno tipico degli esseri evoluti, tenuti in scacco dai sensi colpa e non più dalle necessità della sopravvivenza; non certo dei primitivi per i quali il motto è Primum vivere. Pocahontas può comunque contare sull’alibi di essere un cartone animato della Disney, al quale si può concedere un impianto favolistico. In Avatar invece, che apre con quella che vorrebbe essere una probabile evoluzione umana, testimoniata da veicoli, armi e tecnologie all’avanguardia, questa concessione non può essere fatta; e così io mi trovo a scegliere Aliens ma, sia chiaro, solo per la sua maggiore credibilità. Come già detto, infatti, Avatar è molto avvincente e non può non coinvolgere: i ritmi sono sempre sostenuti, smarrendosi soltanto in alcune sequenze centrali, ma riescono pienamente a legittimare la lunga durata del film.
Ed è superfluo richiamare le suggestioni degli effetti speciali; meno lo è, forse, citare il discorso che Jake in formato Avatar fa agli indigeni incitandoli alla resistenza: è vero, anche in questo caso è tutto già visto, ma ciò non inficia sull’entusiasmo spontaneo generato nello spettatore. Insomma, il pubblico ha di che emozionarsi, e Cameron ha di che fregarsi le mani per un film che è già il primo della storia per incassi.
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ryan.gamer
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mercoledì 17 marzo 2010
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dopo lucas, cameron prosegue la strada della cgi.
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James Cameron. Questo nome vuole significare i due film più visti del mondo. I due film che hanno incassato di più nella storia del cinema*. I due film che più sono stati attesi come "film per quindicenni" e che poi hanno vinto 11 e 3 premi oscar, più a parecchi golden globe e BAFTA.
James Cameron vuol dire il capitolo più famoso(e forse il migliore) della serie creata da R. Scott: Aliens.Ma vuole dire anche cult: Terminator (2).
Pensando a James Cameron viene in mente come creare una favolosa spy story da 100 milioni di dollari, metterci dentro Shwarzy, e chiamarla True Lies, viene in mente come creare il più grande successo di tutti i tempi, partendo da tutti i risparmi della Fox (300 mln di $), combattere contro mezzo mondo di scettici, e incassarne 1 miliardo e otto, sapendo che fino a quell'anno nessun film si era avvicinato nemmeno a 900 milioni di $.
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James Cameron. Questo nome vuole significare i due film più visti del mondo. I due film che hanno incassato di più nella storia del cinema*. I due film che più sono stati attesi come "film per quindicenni" e che poi hanno vinto 11 e 3 premi oscar, più a parecchi golden globe e BAFTA.
James Cameron vuol dire il capitolo più famoso(e forse il migliore) della serie creata da R. Scott: Aliens.Ma vuole dire anche cult: Terminator (2).
Pensando a James Cameron viene in mente come creare una favolosa spy story da 100 milioni di dollari, metterci dentro Shwarzy, e chiamarla True Lies, viene in mente come creare il più grande successo di tutti i tempi, partendo da tutti i risparmi della Fox (300 mln di $), combattere contro mezzo mondo di scettici, e incassarne 1 miliardo e otto, sapendo che fino a quell'anno nessun film si era avvicinato nemmeno a 900 milioni di $.
Cameron è uno spirito libero, e non deve avere limiti, ne scentifici, ne tecnologici, e la sua idea deve essere riprodotta sullo schermo perfettamente. Costi quel che costi, alla lettera.
Avatar è il suo nuovo successo. Come Lucas(insuperabile) lanciò la fantascienza, gli effetti visivi e la CGI(computer grafica), ora Cameron rilancia la fantascienza,gli effetti visivi e apre definitivamente la strada al 3D.
Spettacolare dall'inizio alla fine, dalla storia -apparentemente- semplice, Avatar fa venire la pelle d'oca dopo aver letto i retroscena. Quattro anni di produzione. Scenografie,acqua, animali e, perchè no, anche persone digitali.
Girato con una MdP digitale sperimenata da Cameron stesso. Il decantato 3D qui vale i 3€ in più.
La sceneggiatura rispecchia leggermente il lavoro di Kostner in "Balla coi Lupi": Jake Sully, marine costretto alla carrozzina, prende il posto di suo fratello per un esperimento scentifico sul pianeta Pandora. Lì disubbidirà a suoi superiori (...razzisti?) e resterà con gli indigeni del pianeta, a combattere contro gli umani (...rinnega la propria razza?). Cameron porta un messaggio ecologico, umano e morale. Nascosto in una scenneggiatura semplice, ma che per penetrarla e trovare quest'ultimo bisogna riflettere. Chi lo guarda solo per dire , non lo ha capito.
Bravo Cameron. Bello il film, ancora.
*non tenendo conto dell'inflazione e del costo dei biglietti, Avatar e Titanic sono in cima con rispetivamente 2.5 e 1.8 miliardi di dollari incassati. Tenendo conto di vari dati, Via col Vento(1939) e Star Wars (1977) sono i primi in classifica. Nulla da dire su Star Wars, ma il modo di andare al cinema dal 1939 è cambiato: un tempo i film stavano sugli schermi per più di sei mesi. Ora tre-quattro al massimo, e dopo altrettanti c'è già l'home video in fullhd, da gustarsi su un 37" sul divano.
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(di 19gc88)
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monnnyticia
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giovedì 9 settembre 2010
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ottimo film
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Davvero un ottimo film. Belle le ambientazioni, i personaggi e la trama. Bravissimi anche gli attori e la regia. Le tematiche vengono sviluppate su 2 piani importanti, il primo il rapporto con "gli altri", "il diverso", il secondo il rapporto tra la scienza e il progresso. La conclusione? Cercare di apprezzare la cultura altrui e rispettare la natura.. direi un messaggio più che attuale.
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giacomo j.k.
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domenica 24 gennaio 2010
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avatar, benvenuti in un nuovo mondo
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Jake Sully, un marine che ha perso l’uso delle gambe, viene chiamato a sostituire il fratello morto durante una missione sul pianeta Pandora. Qui riceve l’ordine di infiltrarsi tra la popolazione indigena dei Na’vi, che nella mente del colonnello Quaritch è l’ultimo ostacolo sulla strada per l’Unobtainium, un preziosissimo minerale. Per portare a termine la missione, a Jake è assegnato un Avatar, una creatura di dna misto (umano e indigeno) che lui potrà controllare a distanza (stile Matrix). Stabilito (piuttosto rocambolescamente) un contatto con la tribù nativa, Jake inizia a fornire informazioni al suo superiore, mentre la principessa Naytiri ottiene l’incarico di iniziarlo alla loro cultura…
Dal momento che nessuno si preoccupa di specificarne l’utilità, e la lotta per l’Unobtainium diviene, non solo simbolicamente ma anche di fatto, il simbolo dell’accecamento che l’avidità può produrre negli uomini verso lo sterile guadagno.
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Jake Sully, un marine che ha perso l’uso delle gambe, viene chiamato a sostituire il fratello morto durante una missione sul pianeta Pandora. Qui riceve l’ordine di infiltrarsi tra la popolazione indigena dei Na’vi, che nella mente del colonnello Quaritch è l’ultimo ostacolo sulla strada per l’Unobtainium, un preziosissimo minerale. Per portare a termine la missione, a Jake è assegnato un Avatar, una creatura di dna misto (umano e indigeno) che lui potrà controllare a distanza (stile Matrix). Stabilito (piuttosto rocambolescamente) un contatto con la tribù nativa, Jake inizia a fornire informazioni al suo superiore, mentre la principessa Naytiri ottiene l’incarico di iniziarlo alla loro cultura…
Dal momento che nessuno si preoccupa di specificarne l’utilità, e la lotta per l’Unobtainium diviene, non solo simbolicamente ma anche di fatto, il simbolo dell’accecamento che l’avidità può produrre negli uomini verso lo sterile guadagno. Per questo essi risultano fin dall’inizio i veri ”paralizzati”, i quali non vogliono ammettere la propria immane “disabilità” nascondendola goffamente in gigantesche macchine distruttrici androidi. È naturale quindi che la promessa di “nuove gambe” fatta a Jake dal colonnello non potrà essere veramente mantenuta se non dai Na’vi, gli abitanti indigeni di Pandora, un nome che in greco significa “Ogni dono”; non a caso essi sono gli unici ad aver capito che il valore di questo grande dono è inestimabile.
Chiaro il rimando non solo alla violenta colonizzazione europea e americana, per la quale – avverte Cameron – non si può ancora parlare di un periodo storico concluso, ma anche all’immancabile tematica ecologista, che con Avatar assume connotati religiosi panteistici; non a caso Pandora è un pianeta molto simile alla Terra, della quale sempre più spesso l’uomo sacrifica i doni in nome del Dio Denaro.
A parte alcune carenze artistiche (i personaggi piuttosto piatti stonano con la tridimensionalità del tutto), è innegabile che con Avatar James Cameron si sia spinto al di là di ogni esperienza cinematografica mai tentata: ne discende un film in tre dimensioni con (poca) live action mescolata a creature e luoghi figli della fantasia su un set extraplanetario, pane per i denti esperti della Weta Visual, la casa neozelandese che curò gli effetti speciali de Il Signore degli Anelli. Ma c’è anche posto per il (finora) semisconosciuto Mauro Fiore: Cameron gli affida la cura della fotografia, e lui gli inventa scorci mai tentati, inquadrature impossibili e carrellate mozzafiato, che vengono montate – neanche a dirlo – in maniera impeccabile. Le musiche, orchestrate e condotte da James Horner (che rincontra Cameron… 250 anni dopo Titanic) sono da Oscar; e di Oscar è verosimile che questo film ne prenderà parecchi.
Avatar, presentato al mondo con fin troppo anticipo come una pietra miliare della storia del nuovo cinema, è riuscito a non smentire le aspettative. Con la sua nuova perla, James Cameron ci trasporta in un nuovo mondo, e ad oggi Avatar costituisce l’esperienza cinematografica più totalizzante mai vista. È bello pensare che questo sia solo il prototipo del cinema che verrà.
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alespiri
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lunedì 25 gennaio 2010
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l’espressione visiva alla massima potenza. 1parte
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Avatar è un film onirico che sfrutta le innovative tecniche della motion- capture per creare un mondo fantastico, quello di Pandora un pianeta rigoglioso di vita, popolato dai coloratissimi Na’Vi.
Una Divinità, Eywa, è la forza che guida ogni cosa e provvede al mantenimento di un perfetto equilibrio tra tutti gli esseri viventi. Questi sembrano essere interconnessi tra loro e vivono in un campo energetico unico, un sistema di collegamento fisico unisce tutte le creature. L’invasore Uomo metterà a dura prova questo equilibrio per un elemento preziosissimo e fonte di energia inesauribile per un pianeta che sta morendo, la Terra: l’Unuptanium.
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Avatar è un film onirico che sfrutta le innovative tecniche della motion- capture per creare un mondo fantastico, quello di Pandora un pianeta rigoglioso di vita, popolato dai coloratissimi Na’Vi.
Una Divinità, Eywa, è la forza che guida ogni cosa e provvede al mantenimento di un perfetto equilibrio tra tutti gli esseri viventi. Questi sembrano essere interconnessi tra loro e vivono in un campo energetico unico, un sistema di collegamento fisico unisce tutte le creature. L’invasore Uomo metterà a dura prova questo equilibrio per un elemento preziosissimo e fonte di energia inesauribile per un pianeta che sta morendo, la Terra: l’Unuptanium.
Corsi e ricorsi storici. Il popolo più “evoluto” attacca quello più debole per dettare una supremazia prevaricante che non ammette confronti; così col popolo centroamericano dei Maya e gli invasori spagnoli, così con i nativi d’America, i Pellerossa,un grande popolo guerriero e cacciatore che fu sistematicamente sterminato da chi aveva invaso le sue terre…Quì I Pellerossa cambiano colore: diventano blù e si trasferiscono su Pandora.
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saix91
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martedì 16 febbraio 2010
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avatar = titanic = non male
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Come Titanic (non nel senso che la trama è la stessa) è il neo-kolossal di Cameron. Un film che non è niente altro che una gioia per gli occhi (effetti speciali disumani e innovaitvi) come una mezza tortura per gli orecchi (i dialoghi sono banalissimi e scontati), con uno scenario originale (pandora, pianeta ricco di materie prime) in cui si colloca la solita storia d'amore melensa (fra Rose e Jack in Titanic e fra Jake e Neytiri in Avatar) ma di grande effetto (e con il tocco di patriottismo ed ecologismo in più). Come avrei dato tre stelle a Titanic anche questo film si becca la stessa valutazione: film mediocremente sceneggiato, eccellentemente costruito (anche con le tonnellate di pubblicità sopra di esso) e recitato nella media (anche se Zoe Saldana è la migliore fra i quattro "protagonisti" [Winslet, Di Caprio e Worthington]).
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Come Titanic (non nel senso che la trama è la stessa) è il neo-kolossal di Cameron. Un film che non è niente altro che una gioia per gli occhi (effetti speciali disumani e innovaitvi) come una mezza tortura per gli orecchi (i dialoghi sono banalissimi e scontati), con uno scenario originale (pandora, pianeta ricco di materie prime) in cui si colloca la solita storia d'amore melensa (fra Rose e Jack in Titanic e fra Jake e Neytiri in Avatar) ma di grande effetto (e con il tocco di patriottismo ed ecologismo in più). Come avrei dato tre stelle a Titanic anche questo film si becca la stessa valutazione: film mediocremente sceneggiato, eccellentemente costruito (anche con le tonnellate di pubblicità sopra di esso) e recitato nella media (anche se Zoe Saldana è la migliore fra i quattro "protagonisti" [Winslet, Di Caprio e Worthington]). Assurdi, ovviamente, i due golden globe, così come saranno assurdi l'Oscar al miglior film e alla miglior regia (che vincerà), in quanto il film non è certamente superiore ad Up e, da quello che ho potuto vedere (da alcune scene) e leggere (dalle critiche), neanche a Bastardi Senza Gloria, Tra Le Nuvole, The Hurt Locker o A Serious Man e Cameron come regista non penso proprio che abbia svolto un lavoro migliore di Reitman, Tarantino o la moglie Bigelow, però sono premi già assegnati, quindi mi sto cominciando ad abituare all'idea già da ora. Un film comunque con un grosso pregio: la tecnologia 3-D e gli effetti speciali hanno raggiunto un livello impressionante, grazie ad Avatar.
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(di dado1987)
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liuk©
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sabato 9 ottobre 2010
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grafico
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Plot interessante ma non originalissimo, cast nella norma e musiche sotto la media dei colossal. Quello che risalta è la grafica, strepitosa e curata all'inverosimile. Si gusta meglio senza gli stupidi occhialini e ci si rende conto degli sforzi fatti per un morphing perfetto. Da vedere.
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il brandani
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domenica 26 dicembre 2010
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un film microscopico
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“Benvenuti su Pandora, l’aria è pulita, la natura è ricca ed è tutto meraviglioso e magico come alle origini era il nostro sciagurato pianeta. I passeggeri sono pregati di rimanere seduti finché l’atterraggio non sarà effettuato”.
Si potrebbe dire che è con questa linea guida che James Cameron ci presenta il suo pianeta, popolato da creature fantastiche e da strani alieni blu simili agli umani. Pare di assistere a un’età della pietra extraterrestre: i Na’vi rappresentano la forma aliena civilizzata primordiale, l’uomo rousseauiano prima delle origini della disuguaglianza; essi sono quindi la razza aliena dominante, organizzati in tribù e possiedono una cultura e un culto propri, mentre il resto del pianeta è abitato da creature selvagge, animalesche, la maggior parte feroci e pericolose.
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“Benvenuti su Pandora, l’aria è pulita, la natura è ricca ed è tutto meraviglioso e magico come alle origini era il nostro sciagurato pianeta. I passeggeri sono pregati di rimanere seduti finché l’atterraggio non sarà effettuato”.
Si potrebbe dire che è con questa linea guida che James Cameron ci presenta il suo pianeta, popolato da creature fantastiche e da strani alieni blu simili agli umani. Pare di assistere a un’età della pietra extraterrestre: i Na’vi rappresentano la forma aliena civilizzata primordiale, l’uomo rousseauiano prima delle origini della disuguaglianza; essi sono quindi la razza aliena dominante, organizzati in tribù e possiedono una cultura e un culto propri, mentre il resto del pianeta è abitato da creature selvagge, animalesche, la maggior parte feroci e pericolose. Ciò che caratterizza maggiormente la condizione di vita dei nativi è la loro profonda e totale simbiosi con la propria terra, seguendo il panteistico disegno che il mondo sia “un enorme organismo vivente di cui tutti fanno parte”. Ovviamente tutto ciò non va giù nemmeno di striscio all’uomo, oltremodo “civilizzato” al punto di essere talmente schiavo delle proprie tecnologie da non esitare a dichiarare guerra per perseguire i propri meri interessi economici, nel film rappresentati dalla conquista dell’unobtanium, un cristallo ferroso superconduttore del quale il maggior giacimento si trova (ma guarda un po’) nel sottosuolo del grande albero casa dei Na’vi. Occorre però agire d’astuzia e quindi gli uomini mandano sul pianeta un militare che ha il compito di spiare il popolo alieno per carpirne i segreti. Ma il nostro baldo giovane rimarrà fedele alla sua razza?
E’ il caso di dirlo: dal punto di vista tecnico e grafico, Avatar è un film impeccabile. Mitragliate di effetti speciali con una cura sbalorditiva nei dettagli, arricchita da un uso (questa volta) efficace del 3D. Il movimento dei corpi è fluido, i tratti espressivi del viso degli alieni incredibilmente realistici, le scene d’azione ben dirette e sbalorditive, in particolare le sequenze di volo sulle creature alate. Una vera e propria libidine per gli occhi, talmente coinvolgente da portare Steven Spielberg a considerarlo “Il più suggestivo e sorprendente film di fantascienza dai tempi di Guerre Stellari”.
Ma ora veniamo al film. Sì, perché a mio parere il giudizio di un film non si può basare solo sulla “suggestione da effetto speciale”. Perché di questo si tratta. E’ questo che, a mio parere, ha spinto pubblico e critici a dare un punteggio troppo elevato ad una pellicola che a parte gli effetti speciali di speciale non ha veramente nulla. La trama è di una banalità imbarazzante oltre che essere un enorme collage tra Pocahontas (film d’animazione Disney del 1995), Balla Coi Lupi (film di Kevin Costner del 1990) e Fern Gully (film d’animazione di Bill Kroyer del 1992).
Scontato e convenzionale, personaggi piatti e stereotipati, situazioni prevedibili e canoniche, insomma, per dirlo con le parole di Duncan Jones: “A che punto del film avete avuto qualche dubbio su cosa sarebbe successo subito dopo?” La vera potenza di Avatar non consiste nel riuscire ad ammaliare lo spettatore, l’effetto che produce è una vera e propria ipnosi. Sfido chiunque a non ammettere di essere uscito dalla sala estasiato dalla bellezza onirica delle immagini, delle quali la retina è stata preda per ben 2 ore e 40 minuti. Ci siamo messi gli occhialetti e per quel lasso di tempo siamo evasi dalla realtà, letteralmente immersi in un mondo fatto di luci, colori, suoni, musica e fantasia. Sono pronto a scommettere che la maggior parte della gente ne ha parlato bene con i propri amici per il resto della giornata e per i giorni successivi, ma è solo un momento. Solo successivamente, a mente fredda, ci si accorge delle mancanze che ha. A mio parere le recensioni ultrapositive che ho letto a riguardo sono scaturite da menti che al momento della stesura erano ancora calde. Tra le tante mi è capitato di leggerne una che comparava la meticolosità di Cameron per i dettagli di Pandora alle riprese che Terrence Malick riserva ai paesaggi e alla natura.
Per cortesia, non spariamola grossa, anzi, non spariamola enorme!
C’è una bella differenza tra l’introspezione filosofica di un personaggio attraverso il proprio ritorno alle origini, al brodo primordiale, e quindi attraverso il proprio dialogo con la natura e il cinema virtuale di un regista che vuole solo far vedere quanto è bravo nel campo degli effetti speciali. In sintesi, non basta soffermarsi a lungo su un paesaggio per creare un rimando al cinema (o meglio all’anticinema) di Malick, soprattutto poi se si ha a che fare con un paesaggio creato in computer graphic. Anche perché, se questa analogia fosse vera, allora anche il primo capitolo della trilogia de Il Signore Degli Anelli di Peter Jackson rientrerebbe a pieno titolo in questo paragone e non vedo cosa possa avere in comune quest’ultimo con La Sottile Linea Rossa o The New World.
Del tutto sterile poi, la grande innovazione, secondo alcuni, di aver introdotto in un film di fantascienza tematiche sociali e politiche in perfetta relazione con la situazione attuale del mondo: l’invasione e la guerra degli umani su Pandora per l’unobtanium è un chiaro riferimento alla guerra in Iraq. Chi ci vede un film politico, intriso di propaganda e retorica farebbe meglio a placare il proprio animo. E’ indubbio il tentativo di Cameron di far trasparire un messaggio ma è altrettanto esagerata la reazione di tante personalità di sinistra nel considerare il film più pieno di significato di quanto in realtà non lo sia. Esemplare fu al riguardo il commento di Michael Moore: “Andate a vederlo, è un film brillante, per i nostri tempi”. C’è da chiedersi quale sarebbe stato il suo commento se nel film non ci fosse stata la frecciatina all’imperialismo americano. La verità è che in Avatar il tentativo di fare un film di fantascienza “al passo coi tempi” soccombe dinnanzi alla straordinaria tecnica con cui è stato fatto, perché come disse giustamente il giornalista Russell D. Moore: “Se tu riesci a far alzare una sala piena di gente nel Kentucky (stato fortemente repubblicano, n.d.r.) e a farle applaudire la sconfitta del loro paese in guerra, allora devi avere degli effetti speciali straordinari”.
In conclusione, Avatar è un film microscopico e non macroscopico.
Ciononostante non mi sento di sconsigliarlo assolutamente, anzi, sono stati gli 8 euro per un film in 3D meglio spesi della mia vita, per ora.
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