tony montana
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lunedì 18 ottobre 2010
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un buon poliziesco eccellentemente diretto
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Il boss del crimine Frank Lucas governa il narcotraffico di Harlem, guidato da un rigoroso codice etico e secondo le dure e spietate leggi della strada. Quando l’incorruttibile Richie Roberts, decide di far crollare il suo impero multimilionario, i destini dei due uomini si intrecceranno in un incontro-scontro leggendario.
Anni 70. Il Vietnam dove infuria la guerra non è il solo paese dove si affrontano dure lotte. Anche la Grande Mela, la città di New York è divisa in due fronti: da una parte i poliziotti corrotti e i gangster, dall’altra i poliziotti purosangue di Roberts, disposti a sacrificare la vita per sgominare uno dei maggiori traffici della storia americana.
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Il boss del crimine Frank Lucas governa il narcotraffico di Harlem, guidato da un rigoroso codice etico e secondo le dure e spietate leggi della strada. Quando l’incorruttibile Richie Roberts, decide di far crollare il suo impero multimilionario, i destini dei due uomini si intrecceranno in un incontro-scontro leggendario.
Anni 70. Il Vietnam dove infuria la guerra non è il solo paese dove si affrontano dure lotte. Anche la Grande Mela, la città di New York è divisa in due fronti: da una parte i poliziotti corrotti e i gangster, dall’altra i poliziotti purosangue di Roberts, disposti a sacrificare la vita per sgominare uno dei maggiori traffici della storia americana. Questa è la trama del film 2008 dell’acclamato regista Ridley Scott che ha firmato otto anni prima la regia del Gladiatore, sempre con Crowe, nelle vesti di protagonista. Questa volta il buon Russell divide lo schermo con l’altrettanto bravo Denzel Washington, che assieme danno vita ad un vivido duo, che fa scintille, nel vero senso della parola. Scott dirige con maestria due fra i più grandi attori dei nostri tempi in un gangster movie che fonde hard-boiled a raffinato dramma dando vita alla cruda trasposizione del più grande scontro gangster-polizia degli ultimi quarant’anni. Ovviamente non è uno di quei capolavori che ha scritto la storia del cinema, ma certamente è un gangster movie che possiamo mettere fra i migliori del genere anche se il confronto con Il Padrino non regge. La regia è pressoché buona ( strepitoso l’inseguimento finale nella casa popolare ) e adatta benissimo lo script di Steven Zaillan, anche se non raggiunge gli stessi, elevati picchi raggiunti da Il Gladiatore. La fotografia riesce a ricostruire il clima dell’epoca, anche se non si respira molto un’atmosfera anni 70. Gli interpreti buoni, Denzel Washington recita da dio nella parte del mafioso raffinato e allo stesso tempo brutale, raggiungendo gli stessi picchi che ha raggiunto Marlon Brando. Russell Crowe è bravo come al solito, e recita benissimo ( capigliatura e brutto doppiaggio a parte ), però non ha lo stesso fascino di altre sue interpretazioni. Josh Brolin è una rivelazione. L’azione è concentrata nella parte finale del film mentre nel resto della pellicola si approfondisce lo sviluppo dei personaggi e della trama, tutto sommato, diretta benissimo. Ottimo poliziesco, un po’ lungo ma la lunghezza è perdonabile visto che il film è tratto da una storia vera. La trama coinvolge e affascina, quindi le quasi tre ore di pellicola, non si sentono.
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marvelman
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sabato 18 settembre 2010
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scott non è più quello di una volta
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Seguite il mio ragionamento personale: Ridley Scott dopo Il bellissimo film de Il Gladiatore ha fatto schifo, un regista irriconoscibile che è passato per il mediocre sparatutto Black Hawk Down per poi fare un inutile Hannibal, è passato per Nessuna Verità, film sul terrorismo islamico di genere spionistico poco efficace per poi arrivare ad un Robin Hood reinventato e decisamente poco originale, stendiamo un velo pietoso in memoria di ALien e Blade Runner...in pratica una carrellata del solito Ridley Scott dinamico, frenetico, violento, visivamente impeccabile ma sostanzialmente povero. Poi c'è American Gangster, duro e crudo e violento, un prodotto di strada, poliziesco, gangster e hard boiled, infarcito di droga e armi, una regia diretta ma elegante, in sintesi: NON IL SOLITO RIDLEY SCOTT DEGLI ANNI 2000.
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Seguite il mio ragionamento personale: Ridley Scott dopo Il bellissimo film de Il Gladiatore ha fatto schifo, un regista irriconoscibile che è passato per il mediocre sparatutto Black Hawk Down per poi fare un inutile Hannibal, è passato per Nessuna Verità, film sul terrorismo islamico di genere spionistico poco efficace per poi arrivare ad un Robin Hood reinventato e decisamente poco originale, stendiamo un velo pietoso in memoria di ALien e Blade Runner...in pratica una carrellata del solito Ridley Scott dinamico, frenetico, violento, visivamente impeccabile ma sostanzialmente povero. Poi c'è American Gangster, duro e crudo e violento, un prodotto di strada, poliziesco, gangster e hard boiled, infarcito di droga e armi, una regia diretta ma elegante, in sintesi: NON IL SOLITO RIDLEY SCOTT DEGLI ANNI 2000. E' lo stesso ragionamento che vale per Tim Burton ma al contrario, cioè se Burton piace così comìè tutto particolare, gotico, un po' macabro e se vogliamo d'autore con il suo tocco burtoniano, inevitabilmente i suoi film meno belli più recenti saranno quelli come Alice in Wonderland, Mars Attacks e The Planet of the Apes che sono meno tipici. Allo stesso modo se Ridley Scott dopo il Gladiatore ha fatto pena, American Gangster, il suo film meno "suo", sarà il migliore. Sarà Denzel, sarà Crowe che fa lo sbirro da film hard boiled, saranno gli anni 70 ma il film regge da paura e maledizione di nuovo a Scott che non ha tenuto il bellissimo finale della versione estesa.
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mr.619
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domenica 4 luglio 2010
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la nuova conformazione del sogno americano
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E' incredibile come l'America ( comparabile, a detta di molti , all'Impero romano del III secolo a.C.) possa, certe volte, superare anche gli stessi Italiani in quelle tematiche ed illminazioni architettoniche in prospettiva non solo a sfondo socio-culturale od economico, ma specialmente limitatamente all'originalità e potenza di "rifacimento" ( è degradante dire il solito vocabolo degli "yankees" "remake") di detective stories squallide, sporche e, in aggiunta a ciò, notevolmente interessanti artisticamente, oltre che strutturalmente ( la corruzione della polizia non è una cosa poi così grave, solo in deteminate situazioni, pare vogliano dire i criminali, a dir poco indulgenti, come un padre coi figli, verso di loro).
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E' incredibile come l'America ( comparabile, a detta di molti , all'Impero romano del III secolo a.C.) possa, certe volte, superare anche gli stessi Italiani in quelle tematiche ed illminazioni architettoniche in prospettiva non solo a sfondo socio-culturale od economico, ma specialmente limitatamente all'originalità e potenza di "rifacimento" ( è degradante dire il solito vocabolo degli "yankees" "remake") di detective stories squallide, sporche e, in aggiunta a ciò, notevolmente interessanti artisticamente, oltre che strutturalmente ( la corruzione della polizia non è una cosa poi così grave, solo in deteminate situazioni, pare vogliano dire i criminali, a dir poco indulgenti, come un padre coi figli, verso di loro).Denzel Washington, ultimo attore degno quanto basta di interpretare il ruolo di un boss della mafia di colore piuttosto disilluso ed amsreggiato dalla vita, rappresenta l'ultimo baluardo mnemonico di un tempo in cui le strade erano lo scenario e il "background" di sparatorie, scontri con armi da fuoco, vendette da assaporare lentamente e, quindi, del mesto ri-manifestarsi della propria autarchia ed autorità a livello sociale ed internazionale ( Al Capone, sebbene non sia vero che il film è " Il padrino" nero, questo è molto meno letterario e maggiormente concreto).D'altronde, Russell Crowe è l'altra faccia ( lercia o pulita, ancora lo si deve decidere) dell'infranta forza armata, ma non per questo più stolta, al punto che, sul finire dell'opera, stabilisce un punto di comunicazione, un dialogo con la sua (a)nemesi opposta a lui sia per ideali, che per razza e credo ( l'uno di colore ed uccisore , l'altro bianco ed ucciso), ma uniti quantomeno nel riconoscimento del tentativo da parte di loro di divenire dei giusti simulacri di un segno epocale ormai sparito e dissolto ( la scena finale è il culmine della narrazione).Un'ultima annotazione: ho trovato l'utilizzo per la "soundtrack" della canzone di Bobby Womack "Across 110th Street" appropriato, in ricordo degli scoppietanti 70's.
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joker91
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lunedì 19 aprile 2010
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scott si confronta col cinema gangster
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un film ottimo in tutti i suoi aspetti che ci racconta la vita,il potere e la caduta di frank lucas che dal nulla a creato un impero durante la guerra in viehtman.
un film che racconta i fatti reali visto che tutto ciò resta una storia vera ed nel film si eleva un denzel washington padrino nero amleto con sguardo penetrante e mitico,anche crowe è bravo diventando ormai l'attore feticcio di scoot.
un gangster movie da vedere
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ale87pv
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giovedì 6 agosto 2009
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denzel numero 1
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paride86
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domenica 1 marzo 2009
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insomma
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"American gangster" è un film che non mantiene le promesse: sulla locandina viene addirittura paragonato a "Il Padrino", non so se mi spiego!
Inoltre nel trailer e nella rassegna stampa si è molto insistito sull'interazione dei protagonisti, cosa che viene liquidata in poche scene alla fine del film.
La storia è quella di un gangster nero che arriva alla vetta del crimine e del poliziotto che lo insegue, ma il tutto viene affrontato molto blandamente: non si sentono gli anni che passano, l'ascesa di Frank è appena accennata e per lo più si vedono feste chic e critiche situazioni familiari.
Le interpretazioni dei protagonisti sono ottime, e d'altronde non poteva essere altrimenti, ma il film non è una vera gangster story.
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"American gangster" è un film che non mantiene le promesse: sulla locandina viene addirittura paragonato a "Il Padrino", non so se mi spiego!
Inoltre nel trailer e nella rassegna stampa si è molto insistito sull'interazione dei protagonisti, cosa che viene liquidata in poche scene alla fine del film.
La storia è quella di un gangster nero che arriva alla vetta del crimine e del poliziotto che lo insegue, ma il tutto viene affrontato molto blandamente: non si sentono gli anni che passano, l'ascesa di Frank è appena accennata e per lo più si vedono feste chic e critiche situazioni familiari.
Le interpretazioni dei protagonisti sono ottime, e d'altronde non poteva essere altrimenti, ma il film non è una vera gangster story. Né carne né pesce.
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valon_88
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lunedì 23 febbraio 2009
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vi prego aiutatemi
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chi mi sa dire il titolo della canzone quando frank lucas esce dalla chiesa e viene arrestato?
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zuma
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lunedì 9 febbraio 2009
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gangster movie secondo scott
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Due attori strepitosi e un grande regista fanno un bellissimo film sulla mafia finalmente non italo-americana.Non gli do 5 solo per una certa mancanza di azione,ma per il resto è un gran bel film.
[+] un film di scott ancora a buon livello.
(di valvestino)
[ - ] un film di scott ancora a buon livello.
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giulio brillarelli
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domenica 18 gennaio 2009
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quando l’eroina si tagliava col soul
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Le polemiche che hanno preceduto l'uscita di “American Gangster”, riguardanti la figura del “cattivo” Frank Lucas (Denzel Washington) trasfigurato sul grande schermo in una sorta di eroe da prendere a modello, non erano immotivate: a confronto col poliziotto che gli dà la caccia, Richie Roberts (Russell Crowe), Lucas stravince. Chi non vorrebbe sfoggiare il suo sardonico sorriso e il suo sangue freddo, quando nella caffetteria in cui sta facendo colazione la concorrenza cialtrona e spaccona viene a reclamare il suo “venti per cento”? Chi non vorrebbe avere il suo spirito d'intraprendenza, la sua determinazione negli affari (seppur sporchissimi come quelli della droga)? Chi non vorrebbe incazzarsi come lui, scagliando via il primo bicchiere a portata di mano con la stessa affascinante bestialità? Frank Lucas diventa il prototipo del self-made man, dell'uomo americano che, partendo dal nulla, arriva a costruire un impero dal potere accentratissimo.
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Le polemiche che hanno preceduto l'uscita di “American Gangster”, riguardanti la figura del “cattivo” Frank Lucas (Denzel Washington) trasfigurato sul grande schermo in una sorta di eroe da prendere a modello, non erano immotivate: a confronto col poliziotto che gli dà la caccia, Richie Roberts (Russell Crowe), Lucas stravince. Chi non vorrebbe sfoggiare il suo sardonico sorriso e il suo sangue freddo, quando nella caffetteria in cui sta facendo colazione la concorrenza cialtrona e spaccona viene a reclamare il suo “venti per cento”? Chi non vorrebbe avere il suo spirito d'intraprendenza, la sua determinazione negli affari (seppur sporchissimi come quelli della droga)? Chi non vorrebbe incazzarsi come lui, scagliando via il primo bicchiere a portata di mano con la stessa affascinante bestialità? Frank Lucas diventa il prototipo del self-made man, dell'uomo americano che, partendo dal nulla, arriva a costruire un impero dal potere accentratissimo. Viceversa, il poliziotto Richie Roberts sotto molti aspetti è un fallito, un “giusto” che pur di stare dalla parte della legge finisce per ritrovarsi tutti contro. Ma c'è una cosa, in fondo, che accomuna i due protagonisti: la solitudine. Quella di Roberts è più manifesta: viene emarginato dagli altri poliziotti perché è uno dei pochi onesti in circolazione, perde la famiglia, perde il suo collega che si è lasciato inquinare dall'eroina nel corpo e nell'anima, come tanti disperati che affollano le strade. Frank Lucas, invece, ha sempre qualcuno intorno, ma in fondo è solo in mezzo al mucchio. - - - Ridley Scott dà alla luce un film paragonabile per certi aspetti a “Quei bravi ragazzi” o “Casinò” di Martin Scorsese (alcune esplosioni di violenza di Lucas non possono non ricordare quelle dei personaggi di Joe Pesci), giocando spesso su toni e ritmi che conferiscono agli anni '70 il sapore epico e un po' nostalgico di un'epoca che è passata e che non tornerà più. Questi sono gli anni '70, baby, sono gli anni della guerra in Vietnam, superbasettoni e capelli lunghi, gli anni di Cassius Clay e della musica soul, la musica nera. Non a caso nella colonna sonora del film fanno la loro comparsa due dei brani più celebri del genere. “Green Onions” è semplicemente usata come sottofondo diegetico nel night vietnamita, intelligente allusione alla colonizzazione culturale, anche involontaria, che l'America ha sempre portato avanti con film e canzoni prima ancora che affidandosi alle pallottole e alle bombe. Sulle note del grande successo “Hold on, I'm comin' ” scritto nel 1966 da Isaac Hayes e David Porter per il duo Sam&Dave, Ridley Scott costruisce invece uno dei passaggi più significativi ed efficaci di “American Gangster”, quella sequenza a episodi che mostra le varie fasi del taglio e dello spaccio della “blue magic” per le strade di Harlem, con un frequente ricorso al ralenti che sembra voler immortalare una perversa età dell'oro in cui ci si bucava persino sulle scale di casa, con i neonati in braccio. - - - Non è la prima volta che lo sceneggiatore Steven Zaillian ci racconta un pezzetto di storia americana: suo nel 2002 lo script di “Gangs of New York”, in cui Martin Scorsese affrescava una Grande Mela, e per estensione un'America, violenta allora come (anzi, più di) oggi. Da “Gangs of New York” ad “American Gangster”: nell'un caso e nell'altro, la città di New York rimane il teatro e l'incarnazione di un'American Dream il cui volto oscuro sa indignare, terrorizzare, affascinare.
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luciano
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giovedì 8 gennaio 2009
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deludente
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Troppo lungo, troppo lento, a volte non chiarissimo nella trama. E' l'ennesima dimostrazione che basta mettere due facce famose in un film, e quindi sul cartellone, per attirare il pubblico come il miele. Ho detto due facce famose, non due attori bravi: infatti Russel Crowe ha due sole espressioni, come Clint Eastwood: di fronte e di profilo. E Denzel Washington pure. Ma Ridley Scott ha fatto film di ben altro valore, quando aveva sottomano una sceneggiatura robusta e di pregio.
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