Daratt

Film 2006 | Drammatico 96 min.

Regia di Mahamat-Saleh Haroun. Un film Da vedere 2006 con Ali Barkai, Youssouf Djoro, Aziza Hisseine, Djibril Ibrahim, Fatimé Hadje. Cast completo Genere Drammatico - Ciad, Francia, Belgio, Austria, 2006, durata 96 minuti. Uscita cinema venerdì 25 maggio 2007 - MYmonetro 3,27 su 14 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 1 dicembre 2017

Un giovane uomo trova l'assassino di suo padre, ucciso mesi prima della sua nascita. Un film sul desiderio di vendetta, ma anche sulla possibilità del perdono. Il film è stato premiato al Festival di Venezia, In Italia al Box Office Daratt ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 12,5 mila euro e 4 mila euro nel primo weekend.

Consigliato sì!
3,27/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA 3,55
PUBBLICO 3,27
CONSIGLIATO SÌ
Un film sincero, semplice, prezioso sul dilemma tra vendetta e perdono.
Recensione di Marzia Gandolfi
Recensione di Marzia Gandolfi

Ciad, 2006. Dopo l'amnistia accordata a tutti criminali di guerra, Atim, un adolescente orfano di padre, viene incaricato dal nonno di vendicare il suo assassinio. Giunto a N'Djamena scopre che l'ex criminale gestisce una panetteria e ha sposato una giovane donna. Nassara, ignorando le reali intenzioni del ragazzo, lo accoglie come garzone nella sua panetteria per insegnargli il mestiere del fornaio. In un crescendo di silenzi e sentimenti inespressi la relazione tra i due uomini evolverà fino a esplodere in un drammatico confronto finale. Nel deserto e sotto un solo accecante, Atim deciderà il destino di Nassara e il proprio.
Il regista africano Mahamat-Saleh Haroun, sopravvissuto alla guerra civile in Ciad, gira un film pervaso da temi universali, odio e amore, guerra e pace, vendetta e perdono, con l'impegno di chi vuole scuotere e denunciare. Nel suo film, tragico ed essenziale, si muovono due uomini in cerca di vendetta o di redenzione dopo la "stagione secca", il daratt del titolo, che segue quella delle piogge. Nell'intervallo meteorologico che va da maggio a novembre si svolge il percorso formativo e vendicativo di un giovane uomo in cerca di giustizia. Quella negata dall'amnistia, un'ipotesi assurda di pacificazione che ha dimenticato di compensare la perdita di 40.000 vite umane, provocando il desiderio di vendetta privata. Atim e Nassara sono il prodotto speculare, umano e doloroso del Ciad insanguinato di Hissène Habré: il ragazzo ha ereditato dal nonno un lutto da vendicare e una tradizione da onorare, il panettiere, che affamava e annullava letteralmente chi adesso sfama e cresce col pane, è l'espressione incarnata di un'ingiustizia. Dentro immagini precise e assolate, il regista conduce la sua indagine politico-sociale e confronta fino allo scontro due ragioni impersonificate, quella dell'odio e quella del perdono, che non hanno voce ma soltanto immagini lente di momenti lirici e di violenza implosa. Daratt conduce lo spettatore a percorrere tragitti poco indagati, dentro un conflitto che è anche generazionale e che proprio per questo non sa parlarsi e comprendersi (l'afonìa di Nassara è in questo senso esemplare). Pluripremiato a Venezia, il film di Mahamat-Saleh Haroun supera le barriere dell'odio e interrompe, almeno nell'arte, la spirale della violenza.

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Un film sincero, semplice, prezioso sul dilemma tra vendetta e perdono.
Recensione di Francesca Felletti

"Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Per assurdo sono i concetti chiave di Daratt dell'africano Mahamat-Saleh Haroun (Bye Bye Africa). Ambientato ai giorni nostri nel mussulmano Ciad, dove il governo ha dichiarato l'amnistia per i crimini della guerra civile, il film racconta la storia del giovane Atim, cui il nonno consegna una pistola e il difficile compito di vendicare la morte del padre. Il colpevole è Massara, un anziano fornaio che reagisce allo strano comportamento del ragazzo nei suoi confronti, prendendolo a lavorare nel forno e affezionandosi a lui al punto di volerlo adottare. Atim, se da una parte non può dimenticare il passato, dall'altra non riesce a non provare pietà per quell'uomo così amorevole verso di lui. Alla fine la pistola sparerà due colpi. Un film sincero, semplice, prezioso come le pagnotte che ricorrono a ogni inquadratura. La terra, il lavoro dell'uomo, il cibo, l'amore, l'odio, in due parole: la vita e la morte sono i protagonisti di una storia che non ha tempo ne' luogo, ma che si incarna negli aridi paesaggi africani, dove la guerra civile iniziata nel 1965 non è ancora un ricordo (40.000 persone uccise o scomparse sotto il regno di Hissene Habrè).
Si può perdonare l'uomo che ha ucciso il proprio padre? Fra Atim e Massara sembra instaurarsi uno strano rapporto filiale, di ribellione da parte del "figlio", di comprensione da parte del "padre". C'è pure l'attrazione del ragazzo verso la giovane e bella moglie di Massara a completarne il quadro edipico. Chi ricorda Il Figlio dei fratelli Dardenne, troverà la stessa situazione capovolta: lì era un padre che insegnava il suo mestiere all'assassino di suo figlio, qui il figlio impara dall'assassino del padre. La stessa verità, lo stesso crudele destino.

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STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Lietta Tornabuoni
La Stampa

Nel Ciad, dice il regista, la guerra civile dura dal 1965, e fa migliaia di vittime. Sotto la dittatura di Hissène Hobrè, 40.000 persone sono state uccise o sono scomparse. Anche il regista ha dovuto lasciare il Paese e andare in esilio; ogni volta che torna nel Ciad, racconta, gli capita di incontrare gente che conosceva, che ha ucciso, violentato, bruciato, saccheggiato.

Roberto Silvestri
Il Manifesto

Daratt, l'opera africana, in forma di sonata per strumento solista, massimo per «duetto», è il quarto lungometraggio di un intenso regista (e acuto giornalista) del Ciad, Mahamat Saleh Haroun, 45 anni, ed è prodotta nell'ambito delle manifestazioni viennesi dedicate a Mozart da Peter Sellars. Si basa sulle conclusioni di sedicenti tribunali della «verità» e della «giustizia» di N'Djamena che, sul modello [...] Vai alla recensione »

Dario Zonta
Rolling Stone

Per una volta è stata Venezia, e non Cannes, a scoprire e premiare un nuovo regista della cinematografia terzomondista. Capita di rado. All'ultima edizione del festival lagunare era infatti presente in concorso (non accadeva dal 1992) un film africano, Daratt, il terzo del ciadiano Mahamat-Saleh Haroun, che ha raccolto il Premio Speciale della Giuria.

Leonardo Jattarelli
Il Messaggero

Gli occhi ciechi di un anziano, un bastone a sorreggerlo. Il cupo silenzio di un ragazzo, Atim, un cielo latteo, case bianche modellate da un vento di polvere, le parole secche, impietrite dal dolore che escono dalle bocche dei protagonisti come proiettili mortali. Daratt di Mahamat-Saleh Haroun, primo film africano in concorso passato ieri alla Mostra (erano 19 anni che una pellicola africana non [...] Vai alla recensione »

Federico Pedroni
Film TV

Premio della Giuria all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, Daratt racconta una storia di dolore e di perdono, di vite ordinarie perse in una realtà violenta e drammatica. Atim ha sedici anni e ha perso il padre nei sanguinosi conflitti che hanno funestato la storia del Ciad. Dopo che il governo ha concesso un'amnistia per i criminali di guerra, Atim riceve dal nonno una pistola.

Luca Barnabé
Ciak

Ciad, 2006: il governo accorda l'amnistia a tutti i criminali di guerra. Atim ha sedici anni e una pistola. L'arma gli serve per vendicare il padre. ucciso durante la guerra civile, e trovare giustizia da sé. L'assassino è Nassara, panettiere. L'uomo. che non conosce Atim e ne ignora le intenzioni omicide, assume il ragazzo come garzone. Daratt. ovvero stagione secca.

Fabio Ferzetti
Il Messaggero

Un ragazzo dal volto chiuso e pieno di odio arriva nella grande città. Cerca l'uomo che tanti anni prima uccise suo padre, per vendicarsi. Trova un uomo imponente e non più giovane, che nel suo quartiere è quasi un'istituzione. Alto, silenzioso, efficiente, l'assassino è un panettiere. Ogni mattina distribuisce filoni freschi alle donne e ai bambini, che corrono via felici.

Roberto Nepoti
La Repubblica

Ciad, 2006. Dopo decenni di stragi, viene concessa l'amnistia a tutti i criminali di guerra; ma il sedicenne Atim ha promesso al nonno cieco di farsi giustizia. Ucciderà l'uomo che ha provocato la morte di suo padre prima ancora ch'egli nascesse. Arrivato in città, il ragazzo conosce il colpevole: Nassara, un vecchio fornaio che parla con l'aiuto di un amplificatore, aspetta un figlio da una donna [...] Vai alla recensione »

Pedro Armocida
Il Giornale

Nell'Africa nera, dove tribunali e polizie sono evanescenti, la giustizia è spesso solo vendetta. Daratt (Stagione secca) di Mahamat-Saleh Haroun, presentato all'ultima Mostra di Venezia, racconta appunto un progetto di vendetta, da realizzare dopo la fine della guerra civile che ha insanguinato il Ciad per quarant'anni anni e con quarantamila morti.

Davide Turrini
Liberazione

Innanzitutto un plauso al coraggio della Lucky Red, distributori italiani di Daratt (quarto film del 46enne giornalista Mahamat-Saleh Haroun) che hanno voluto lasciare il film in lingua originale con relativi, minimi, sottotitoli. Mossa rischiosissima dal punto di vista commerciale, ma encomiabile per chi ama il cinema non in lingua italiana. Daratt significa stagione secca e nel Ciad è il lasso [...] Vai alla recensione »

Gian Luigi Rondi
Il Tempo

Un film dal Ciad. Premiato l'estate scorsa alla Mostra di Venezia e firmato da un autore, Mahamat-Saleh Haroun, già incontrato ed apprezzato anche in altri festival. Nel Ciad, da quarant'anni infuria una guerra civile che ha provocato più di quarantamila morti, il film, però, non ce la descrive, ma preferisce sottolinearne le conseguenze oggi, nella popolazione civile.

Davide Turrini
Liberazione

Nel Ciad la stagione secca, o Daratt, va da maggio a novembre e arriva dopo la stagione delle piogge. Insomma, il sereno dopo la tempesta. Mahamat-Saleh Haroun, 46 anni, rende il concetto meteorologico, metafora per l’attesa, ricerca cinematografica della pacificazione dopo una guerra fratricida che ha insanguinato il Ciad di Hissène Habré per oltre quarant'anni provocando più di 40mila morti E’ il [...] Vai alla recensione »

winner
premio speciale della giuria
Festival di Venezia
2006
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