Cose di questo mondo

Film 2002 | Drammatico +16 90 min.

Titolo originaleIn This World
Anno2002
GenereDrammatico
ProduzioneGran Bretagna
Durata90 minuti
Regia diMichael Winterbottom
AttoriJamal Udin Torabi, Enayatullah .
TagDa vedere 2002
RatingConsigli per la visione di bambini e ragazzi: +16
MYmonetro 3,22 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Michael Winterbottom. Un film Da vedere 2002 con Jamal Udin Torabi, Enayatullah. Titolo originale: In This World. Genere Drammatico - Gran Bretagna, 2002, durata 90 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 - MYmonetro 3,22 su 5 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 27 gennaio 2015

La guerra è un dramma che continua anche quando "finisce", e le sue vittime sono sempre i più deboli. Il film è stato premiato al Festival di Berlino,

Consigliato sì!
3,22/5
MYMOVIES 3,33
CRITICA
PUBBLICO 3,11
CONSIGLIATO SÌ
Il cinema che aiuta a non dimenticare.
Recensione di Giancarlo Zappoli
Recensione di Giancarlo Zappoli

Jamal è un orfano sedicenne che lavora in una fabbrica di mattoni. Suo cugino Enayat aiuta i genitori al mercato. Vivono entrambi vicino a Peshawar, ai bordi di uno dei tanti campi profughi che accolgono circa un milione di rifugiati. Il padre di Enayat, che è il più grande dei due, decide di mandarlo a Londra e Jamal si offre di accompagnarlo. E' l'inizio di un'odissea che vede i due inizialmente ricacciati in Pakistan e poi nuovamente impegnati in un viaggio in cui le avversità si susseguono.
Per il secondo anno consecutivo il cinema britannico riceve l'Orso d'Oro a Berlino. Dopo Paul Greengrass con Bloody Sunday è la volta del non amatissimo da una parte della critica Michael Winterbottom. Gli si rimprovera infatti (dopo Benvenuti a Sarajevo ) di voler creare un finto effetto di realtà manipolando di fatto la realtà stessa.
È indubbiamente vero che qui mescola in modo quasi inavvertibile per il grande pubblico materiali filmati sin dal momento in cui le forze occidentali sono entrate in Afghanistan con riprese di finzione. Questo però non inficia affatto la forza di denuncia sottesa al suo lavoro. Winterbottom con il secco titolo originale ("In This World") ci vuole ricordare e (perché no?) mostrare da vicino le sofferenze di chi insegue una speranza che spesso si trasforma in tragedia. Altri lo hanno già fatto e altri ancora lo faranno ma è proprio lo stile adottato che si propone di smuovere le coscienze.
Il regista britannico ci chiede di andare oltre le news da telegiornale per guardare ai singoli con le loro sofferenze. Quelle sofferenze che è facile liquidare con uno 'stiano a casa loro' e sulle quali appoggia la lente del suo fare cinema. Con un inevitabile sguardo esterno (non è un afgano né tantomeno un profugo) ma anche con il desiderio sincero di far emergere le singole vite dalle sempre più pericolose sabbie mobili del mondo mediatico televisivo.

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Recensione di Davide Morena
lunedì 13 ottobre 2003

Michael Winterbottom è un artista fuori del suo tempo. Il pubblico continua ad ignorarne l'esistenza e la critica a sottostimarne la grandezza. Eppure di personalità cinematografiche del suo calibro, capaci di fare dei film meravigliosi e, allo stesso tempo, di allargare continuamente l'orizzonte della sperimentazione audiovisiva, ce ne sono ben poche. Sin dal controverso Butterfly kiss, esordio del 1994, il regista inglese aveva lasciato intendere che non sarebbe stato propenso a compromessi quanto a temi da trattare, e Benvenuti a Sarajevo avrebbe definitivamente confermato questo atteggiamento solo tre anni dopo.
Attraverso il semi-documentaristico 24 hours party people e il delicato realismo dello snobbato Wonderland, Winterbottom approda nel 2002 a Cose di questo mondo, esperimento estremo e doloroso di raccontare il dramma dei profughi, nel caso particolare due ragazzi che tentano con ogni mezzo di lasciare l'Afghanistan devastato da Enduring Freedom alla volta di Londra (forse non a caso, la "Wonderland" dell'omonimo suo precedente). Più che racconto sarebbe opportuno parlare di uno "squarcio sulla realtà", giacché nel girare il film, Winterbottom e la sua troupe compiono ogni sforzo per ridurre al minimo il filtro della macchina da presa, finendo per creare qualcosa di radicalmente nuovo, quasi un "cinema non cinema". Girato con una videocamera digitale compatta e sempre a braccio, senza l'ausilio di alcuna luce di scena, addirittura senza basarsi su nessuna sceneggiatura né copione, montato in sequenza e senza doppiaggio nonostante le numerose lingue parlate: con queste premesse si potrebbe pensare che Cose di questo mondo sia un film che ha unica forza nella drammaticità della storia, e che stilisticamente non sia più degno di nota di quanto lo sono le riprese che un qualsiasi nostro cugino ha fatto per la festa patronale. Sbagliato. Il messaggio del film è quello che è: denuncia senza compromessi, e mai retorica, di uno stato delle cose su cui non è più appropriato esprimere opinioni qualunquiste. Ma in più Cose di questo mondo è un film di una bellezza disarmante. Le scene notturne in cui i due giovani profughi tentano di entrare in Turchia attraverso la frontiera con l'Iran, accompagnati dai soli rumori dei fiati spezzati e degli spari nel buio, sono esteticamente esaltanti oltre che emotivamente sconvolgenti. Ed è solo un esempio. Ancora, il commento sonoro del pisano Dario Marianelli è talmente sopra le righe da conferire alle scene un'aura di distacco dalla realtà, come già era avvenuto con quelle di Michael Nyman per Wonderland: sembrerebbe una contraddizione, eppure l'unico pensiero che viene alla mente durante le scene accompagnate dalla musica è: "bello".
Lontano dal cinema mainstream per scelta, Winterbottom colleziona tra l'altro, con questo film, l'Orso d'Oro a Berlino 2003, ma c'è da dubitare che il riconoscimento internazionale lo convincerà a cedere alla prospettiva dei soldi facili. Solo il tempo lo dirà: per il momento possiamo godere di Cose di questo mondo, un film indimenticabile.

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Recensione di Davide Verazzani

Jamal ed Enayat sono due cugini afghani, esuli a Peshawar, nel Pakistan. Il padre di Enayat vuole un avvenire migliore per il figlio, così decide di mandarlo a Londra; sarà il cugino Jamal ad accompagnarlo, in un difficile e pericoloso viaggio via terra, visto che l'aereo sarebbe troppo costoso. Le traversie saranno notevoli, ma non tali da togliere ai due ragazzi la determinazione di raggiungere la meta. Non tutto andrà per il verso giusto, e la tragedia sarà in agguato, ma c'è qualcosa di non preventivato: la legge inglese prevede l'espulsione per i profughi senza permesso di soggiorno, e Londra, faticosamente raggiunta, può tornare ad essere un miraggio.
Da Sarajevo, dove ha ambientato nel 1997 un film sugli orrori bosniaci, Winterbottom si sposta nell'inferno del mondo, il Medio Oriente, accentuando il piglio documentaristico del suo lavoro. Senza sceneggiatura, con attori non professionisti, il regista inglese mostra nel suo svolgersi tragico la finta odissea di Jamal ed Enayat, mostrandocela come se fosse realmente accaduta. La denuncia di Winterbottom non si serve della retorica, ma degli sguardi e dei gesti di un mondo disumano. E al termine, basta il dolore muto di un padre alla notizia della morte del figlio per ispirare commozione e indignazione. Orso d'Oro a Berlino, forse esagerato, ma sicuramente non rubato: da vedere.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
domenica 21 febbraio 2010
Ondacinema

L'incredibile storia vera è quella di Jamal, un giovanissimo rifugiato afghano che, dal campo profughi pakistano a Peshawar, decide di spendere l'unica ricchezza di cui dispone - la conoscenza della lingua inglese - per tentare di raggiungere assieme a suo cugino Enayatullah la Gran Bretagna. Il finto reportage è introdotto (in italiano, mentre per il resto della pellicola il regista ha imposto [...] Vai alla recensione »

mercoledì 14 marzo 2012
Rescart

La profezia di Karl Marx trova per ironia della storia una sua realizzazione, anche fuor di metafora, nella guerra dell’occidente all’Afghanistan talebano, così fondamentalista da essere scomodo per lo stesso Islam, sempre più accentrato nell’opulento medio oriente dei petroldollari. Tutto è giustificato in nome dell’oppio dei popoli: cedere il walkman a [...] Vai alla recensione »

STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Roberto Nepoti
La Repubblica

Tra il milione di rifugiati a Peshawar nell'ottobre del 2001, in seguito ai bombardamenti americani dell'Afghanistan, ci sono due cugini: il giovane Enayat e il giovanissimo Jamal, un orfano che vive nel campo-profughi. Quando il padre decide di mandare Enayat in Inghilterra, nella speranza di una vita migliore, Jamal ottiene di accompagnarlo grazie al fatto che sa parlare inglese: persuade tutti che [...] Vai alla recensione »

Aldo Fittante
Film TV

Ha vinto l’Orso Md’oro a Berlino, ma è come dicono a Milano un pacco. Un pacca bomba, uno sguardo accidentale e colonialista sulle “cose” di questo mondo, che poi è un altro, lontano lontano, diverso diverso, che solo la disperazione, la fame, lo stomaco vuoto calamitano verso noi, verso un modello che non potrà mai sostituire nulla, sostituirsi a nessun altro.

winner
orso d'oro
Festival di Berlino
2003
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