Anno | 2016 |
Genere | Docu-fiction |
Produzione | Italia |
Durata | 65 minuti |
Regia di | Bruno Bigoni |
Attori | Bruno Bigoni, Rocco Bigoni, Gianni Canova, Eric Claire, Laetitia Dehoule, Steve Della Casa, Dominique Evoli, Minnie Ferrara . |
MYmonetro | 2,52 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 17 novembre 2016
Un mockumentary su immagine e memoria: amore per la ricerca, poesia e un filo di intelligente ironia verso le istituzioni del sapere.
CONSIGLIATO NÌ
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Animo irrequieto di poeta bambino, Arthur Rimbaud è stato portavoce di una delle espressioni più nobili e rivoluzionarie del decandentismo e del simbolismo francese di fine ottocento, sradicando le convenzioni sociali di una letteratura perbenista e politicamente corretta.
Ma cosa resta di un uomo che, all'improvviso, ripudiati i canoni formali della poesia, decise di abbandonare totalmente la scrittura?
Morto giovanissimo per un male incurabile, è divenuto figura leggendaria, influenzando artisti e letterati di tutto il mondo pur avendo smesso di scrivere a soli 18 anni, nel 1870.
Bruno Bigoni, appassionato dalle ricerche sull'illustre poeta, intraprende un viaggio-inchiesta su uno strano reperto venuto alla luce in circostanze misteriose: una signora francese, dall'accento marcato e una strana compostezza, lo contatta con una proposta che Bruno non può rifiutare, l'acquisto di una foto degli ultimi giorni di vita di Rimbaud. Sorpreso e incredulo, il regista accetta d'incontrare la donna e qui scopre qualcosa di ancora più sorprendente, nella foto, Rimbaud, è in procinto di scrivere alcuni versi, ovviamente inediti. Questa scoperta, Bruno sa, se veritiera, è destinata a sradicare per sempre le certezze del mondo accademico e intellettuale contemporaneo. Rimbaud prima di morire scriveva ancora!
Il regista confeziona un mockumentary interessante, anche se a tratti pecca d'ingenuità. A risentirne è l'immediatezza degli avvorrebbero venir mostrati e per quei personaggi in scena che appaiono abilmente diretti secondo una scrittura ben delineata e precisa.
La ricerca di risposte, vera e propria ossessione per il regista e lo spettatore,è un viaggio oscuro in cui non è ben chiaro fin dove la realtà superi la fantasia, e quanto d'immaginario ci sia in quella che ai più appare come una truffa architettata ad arte. La forza della bizzarra operazione di Bigoni risiede però nella presa d'atto di una verità relativa, credere a ciò cui vorremmo credere, che, grazie a una discendente del poeta, è l'apporto concreto e la degna conclusione del percorso intrapreso dal film.
Lo sconforto e la frustrazione di non essere presi sul serio vengono quindi superati da una consapevolezza nuova di una realtà propria che non intenda dimostrare la propria veridicità ai più: abbandonare l'intento d'influenzare un immaginario collettivo talmente radicato da essere inappellabile, anche di fronte a un argomento che merita in ogni caso di essere approfondito e non screditato alla leggera.
Bruno scava negli ultimi anni del poeta in una sorta di indagine grottesca, in cui spesso viene da chiedersi quanto di autentico vi sia, non solo nel reperto ma anche nella messa in scena azzardata di dialoghi incerti.
Un'inchiesta interessante, che ha la capacità di seminare il dubbio e l'incertezza delle sfumature di un mondo da sempre dichiarato chiaro, ma altresì impossibile da racchiudere in saggi storici nella sua interezza.