Summer Rain

Miguelito viene dimesso dall'ospedale dov'è ricoverato a causa di alcune metastasi e torna alla sua vita d'adolescente. Insieme ai sogni e ai primi amori, porta con sé una copia de "La divina Commedia", con la convinzione che un giorno - anche lui - conoscerà la sua Beatrice e diventerà un grande poeta. Nell'afa di un'estate grigia e piovosa, trascorre la lunga convalescenza in compagnia di Babirusa, un appassionato di arti marziali, Paco, un ricco coetaneo e Moratalla, il più giovane dei tre. Un giorno incontra Luli, un'aspirante e graziosa ballerina destinata a diventare la sua compagna.
Antonio Banderas torna alla regia dopo la convincente prova di Pazzi in Alabama, con un film straniante e cupo, difficilissimo da interpretare senza ricorrere ad artifici retorici e a scontate soluzioni narrative. Nella superficiale metafora del passaggio all'età adulta, si nasconde un mondo di personaggi soli, folli, forse ancora immaturi, ma decisamente vivi. Una pellicola dalla forza inaspettata che si nutre di una regia patinata e surreale, portata avanti fino alla fine con estrema lucidità. Nel girone dantesco dei dannati si incontrano i giovani di buona volontà e di belle speranze, costretti a fare i conti con quello che resta: genitori poco rispettabili, suicidi, lotte, elementi che conducono a un sentiero ancora sconosciuto ma tremendamente reale. Accompagnato per tutta la pellicola da una voce narrante - il programma radiofonico dal quale uno dei ragazzi del gruppo racconta il succedersi degli eventi - il regista spagnolo gioca talvolta a forzare una sceneggiatura che a tratti appare lenta e farraginosa, caricata senza motivo da stratagemmi visivi ed evocativi che nuociono all'economia della pellicola. Ma a parte qualche elemento di troppo, il film si mantiene vivo e fruibile fino alla fine, accompagnando Miguelito nel suo cammino finale verso una nuova essenza. 