Anno | 2019 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 70 minuti |
Regia di | Elio Germano, Chiara Lagani |
Tag | Da vedere 2019 |
MYmonetro | 3,33 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 25 settembre 2019
CONSIGLIATO SÌ
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Nella confusione di temi e di azioni contemporanea occorrono delle linee guida. Principi, valori, ideali in cui credere fermamente, in cui identificarsi e far valere il senso di appartenenza. Elio Germano sale sul palcoscenico per dimostrare, in 70 minuti di spettacolo intenso e tesissimo, come dietro gli slogan e davanti agli applausi non sia affatto facile mantenere lucidità e come si possa, per varie ragioni, finire per pensare che addirittura un testo estremo come il Mein Kampf di Adolf Hitler possa arrivare ad avere un qualche senso.
Lo spettacolo volutamente provocatorio "Segnale di Allarme - La mia battaglia" diventa un film in VR per un progetto dello stesso Germano con il regista Omar Rashid.
Una telecamera a sei obiettivi riprende l'attore-mattatore intento in un monologo serrato che diventa presto un crescendo di slogan politici sul senso di comunità, sulla meritocrazia, sulla sicurezza e, più avanti, sulla xenofobia e la purezza della razza (laddove i nuovi 'ebrei' sono gli 'arabi' per una similitudine forzata e volutamente distorta, tutta contemporanea).
Un gioco con gli spettatori che diventa presto un gioco nel gioco, metateatrale e metacinematografico al contempo, con chi indossa il visore e si ritrova nel bel mezzo della pleatea, seduto tra gli altri, a tifare per questo o quel concetto, a partecipare attivamente al dibattito politico. La VR consente un'immersione a 360 gradi, polverizza ogni distanza critica e fa entrare a capofitto nel vivo dello spettacolo ripreso, costringendo a un'attenzione costante e una concentrazione continua.
Unica pecca, marginale, è che proprio come a teatro, quando l'attore va in fondo alla sala per parlare con il pubblico più dietro si è costretti a stare parecchi minuti con il capo rivolto e la visione rischia di diventare, per qualche tratto, faticosa.
L'esperimento di teatro virtuale complessivamente è vincente e l'esperienza visiva più che interessante: impossibile non lasciarsi coinvolgere, oltre che da un testo ben scritto da Germano con Chiara Lagani, dalla tentazione di condividere con gli altri - coloro che ci siedono accanto, nella visione VR - il messaggio che lo spettacolo intende lanciare: riconoscere le tracce di razzismo e xenofobia che abitano dentro noi stessi, prima di puntare il dito contro qualcosa di "troppo distante da me".
Persino il Mein Kampf può rivelare una sua attualità, e alcune cose di quel testo, estrapolate dal contesto, possono risultare persino condivisibili. Il "segnale di allarme" che questo film, e prima lo spettacolo, intendono lanciare a chi guarda è esattamente questo: fare attenzione che istanze di condivisione sociale non sfocino e degenerino in slogan vuoti, creati ad arte per animare le così dette masse" Una strategia politica populista decisamente pericolosa, oggi come ieri.