Cresciuto in Sicilia, padre subacqueo, fin da bambino usava fucile e per anni, l'attore di «Mediterraneo» (e ora del televisivo) si è censurato. Adesso invece fa a gara con gli amici su chi cattura la preda più grossa.
Gli anni del pentimento, come dice autoironicamente Antonio Catania, «gli anni bui della feta e del pomodoro», li ha lasciati alle spalle. «Sono quei» racconta con tempi comici esilaranti «in cui iniziai a fare teatro all'Elfo a Milano. I miei interessi allora, coincidevano con la scoperta della civiltà del progresso. Andare a pesca, non mi brava più tanto giusto, significava di colpo uccidere. Ma io ero cresciuto al mare, ad Acireale in Sicilia; mio padre era appassionato di pesca subacquea, mia madre faceva le immersioni. Il mio vissuto è quello. Fin da bambino andavo a pescare con il mio fucile e ricordo la pesca del pesce spada con la fiocina quella che si faceva sulle feluche nello Stretto di Messina, come una della immagini più forti della mia infanzia. C'è tutto di Verga, la natura violenta e ancestrale della Sicilia che oggi non c'è più».
Ora a cinquant'anni dopo tanti film (e un premio Oscar nel 1990 con Mediterraneo un rasente televisivo con Boris, fiction satirica sul satellite, u matrimonio da poco celebrato con una ragazza siciliana che gli sta dando il suo primo figlio e, dopo aver fatto ,pace con gli istinti primordiali delle sue radici, Catania ha ricominciato ad andare a pesca, con buona pace di tutti coloro che, ogni tanto, provano ancora a titillare i suoi sensi di colpa. Apre la galleria di immagini del suo cellulare e commenta: «Qui c'è tutto». Sta a significare un pescione, appena preso da Franco, suo amico e testimone di nozze, che, guarda caso, fa il pescatore di tonni, accanto a una bella ragazza: sua moglie. Insomma, periodo di magra quello della presa di coscienza del rapporto uomo-pesce.
«Allora con i miei amici andavo in Grecia, dove mi portavo solo la maschera. Se avessero visto il fucile... Ricordo che un giorno stavo camminando sul molo a Simi, vicino a Rodi: a un certo punto sotto l'acqua vedo un polpo. Senza pensarci, lo acchiappo, così, a mani nude. Fra il prenderlo e il mangiarselo c'è stata una discussione... "Nooooo, povera bestia... soffre... lascialo libero" dicevano. Mi giustificavo rispondendo che era un rapporto paritario: uomo contro polpo». Chissà mentre giravate Mediterraneo.
«Anche lì, stessa scena: avevo preso un polpo ma Cecilia Zanuso, la moglie di Enzo Monteleone, mi ha fatto sentire così in colpa che l'ho lasciato in acqua. Dicendo: "Si è ripreso?"».
Anche Salvatores era tra i supporter dei pesci?
«Lui non li mangia nemmeno... Solo a vederli vomita».
La prima immagine che ha della pesca.
«lo sulla spiaggia che aspetto mio padre andato a pescare. Avevo 13 o 14 anni. Intanto mi esercitavo con il mio fuciletto. Spesso rimanevo solo perché loro arrivavano tardi. Quel giorno era buio completo e ancora non erano tornati. Avevo capito che era così scuro che non trovavano la spiaggia. Ebbi un illuminazione: andai in macchina e accesi i fari. Dopo poco sentii il rumore della barca che stava tornando. Mio padre mi fece i complimenti... Però ogni tanto finiva in camera iperbarica».
Spericolato?
«No, erano gli anni Sessanta, le attrezzature erano approssimative, non c'era la sicurezza che c'è oggi. L'unica cosa che si sapeva era che bisognava fare la decompressione. Poi mi ricordo la pesca dello spada, quando abitavo a Reggio Calabria, prima dì trasferirmi nel `68 a Milano con la mia famiglia».
Racconti.
«Le feluche avevano sulla punta una lunga passerella dove stava l'alzatore", il quale con la fiocina doveva arpionare ff pescespada. Tipo baleniere. L'arpione lo faceva un artigiano a Scilla, e non lo vendeva, lo prestava, perché così a lui spettava una percentuale del pescato. Se l'alzatore sbagliava veniva insultato, rischiava le botte: c'era in ballo l'economia del paese. Lui aveva diritto alla scozzotta, il pezzo del collo. Era poi una donna a caricarsi in testa il pesce per portarlo al mercato. Immagine indimenticabile».
Dopo anni di rimozione, quando è riscattata la voglia di pescare?
«Quattro anni fa in Salento, quando un amico scultore mi ha portato di nuovo a pesca. Ora con il mio amico Umberto Contarello facciamo a gara a chi prende il pesce più grosso. Ogni volta mi manda la foto».
Va con la sua barca?
«Con una barchetta che mi presta un amico, da un po' di anni vado in Sicilia d'estate vicino a Riposto. Esco alle sei di mattina, mi porto dietro la mia lenza, due o tre ami... Poi c'è la pesca della ricciola».
E come si fa.
«Con l'aguglia viva».
Tecniche di pesca.
«Faccio quella a traina. Si può andare verso sera, alle sei di pomeriggio e si torna alle tre di notte. Nell'attesa si pescano casse di calamari: appena li tiri su spruzzano acqua da tutte le parti. Porti su i pesci ancora vivi, poi li pulisci e li sventri. Quando vedo i pesci ancora vivi, un po' di sensi di colpa mi ritornano..:”.
Cucinandoli il rimorso scompare...
«In cucina sono io che comando. Prima ancora delle ricette, fondamentale è il fuoco. Perché per il pesce la griglia è la morte sua E per fare il fuoco ci vuole arte e tecnica. In cucina sono insopportabile».
Da Il Venerdì di Repubblica, 18 luglio 2008