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Rassegna stampa di Luca Barbareschi

Luca Barbareschi è un attore uruguaiano, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, è nato il 28 luglio 1956 a Montevideo (Uruguay). Luca Barbareschi ha oggi 68 anni ed è del segno zodiacale Leone.

BARBARA PALOMBELLI

«Mi piacerebbe fare politica, eccome. Ma sarei massacrato subito, come si fa a dire la verità in un Paese di ipocriti? Mi piace il Ciampi del discorso di Porta Pia sulla laicità dello Stato, il mio programma elettorale potrebbe essere l’omaggio agli italiani di Ida Magli. La verità è che l’arte è non democratica per definizione. Comunque, io sono e resterò socialista a vita. Per sempre. Voterò per la Casa delle Libertà, non posso stare con i forcaioli, quelli che hanno distrutto il mio partito. Sono amico, anzi adoro Gianni De Michelis perché non scese dalla nave che affondava. Sono diventato socialista leggendo gli scritti di Giuliano Amato, l’uomo politico più moderno e brillante che ci sia, l’unico che aveva capito Internet dieci anni prima, l’unico che abbia uno sguardo attento e non conformista sul futuro. Sono diventato socialista a casa di Giovanni Minoli, in quelle interminabili cene del “dopo Mixer”; ci si trovava da lui e da Matilde Bernabei, sua moglie, con Claudio Martelli, Giorgio Montefoschi, Chicco Agnese, Mario Abis. Eravamo all’inizio degli anni Ottanta: l’Italia sognata da Bettino e da Claudio sembrava il Paese delle meraviglie. Passione, creatività, merito: dalla Rai alla moda, al cinema, dalla scuola alla cultura, dal teatro all’impresa, il progetto craxiano era una vera rivoluzione, contro il provincialismo, la burocrazia, la miseria dell’Italietta. Pensavamo in grande, ci sentivamo chiamati a costruire una nuova società, a cercare i migliori in ogni campo... che nostalgia. In tanti abbiamo sperato che Silvio Berlusconi potesse riprendere in mano quella politica. Ho conosciuto Silvio alla fine degli anni Settanta, a New York; io studiavo con Strasberg, finimmo a cena insieme con Furio Colombo e Isabella Rossellini. Era negli Usa per valutare la prima tv via cavo. Aveva i suoi modi diretti, semplici, forse brutali, ma era vent’anni avanti agli altri. Da noi, in quel periodo, Berlinguer e La Malfa pensavano di vietare la tv a colori. Quando iniziai a fare televisione con lui, mille puntate di C’eravamo tanto amati, un format che tutti copiano ancora, rideva delle preoccupazioni sui contenuti televisivi. Ci diceva sempre: “Guardate ragazzi che la tv è una scusa per vendere la pubblicità, chiaro?”. In politica, per riuscire, avrebbe dovuto fare un passo indietro, anzi un salto indietro, mollare la sua infinita ricchezza, farla gestire da altri, rinunciare alle sedici case in Sardegna, sciogliere il legame del conflitto di interessi che gli impedisce di muoversi liberamente. E invece, si è circondato di gente che lo consiglia male: è il più bravo, è un fuoriclasse, forse potrebbe ancora risollevarsi».

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