Disponibile in streaming su MYmovies ONE il biopic di Anton Corbijn su Ian Curtis, cantautore e leader degli iconici Joy Division. GUARDA ORA »
di Simone Granata
Negli ultimi anni i biopic musicali sembrano proliferare rispondendo spesso a logiche industriali e formule sempre più riconoscibili, tendenti talvolta alla spettacolarizzazione talvolta all’agiografia.
Come modello in senso opposto, è dunque da recuperare o da riscoprire Control (2007) — ora disponibile su MYmovies ONE — esordio alla regia del famoso fotografo olandese Anton Corbijn che traccia un ritratto del cantante leader dei Joy Division Ian Curtis, morto suicida nel maggio del 1980 a soli ventitré anni, un mese prima dell’uscita di “Love Will Tear Us Apart”, singolo postumo del gruppo.
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Presentato al Festival di Cannes nel 2007, il film prende il titolo da una delle canzoni più celebri dei Joy Division, "She's Lost Control", che fa riferimento alla storia tragica di una conoscente di Ian Curtis, sofferente come lui di epilessia e morta in seguito alle continue crisi epilettiche. In chiave antifrastica, il titolo evoca quindi la volontà impossibile dello stesso Curtis di controllare il proprio corpo, la propria musica, la propria vita.
Il biopic di Anton Corbijn - divenuto noto come fotografo a partire dai suoi ritratti di star e artisti musicali, tra cui gli stessi Joy Division — si tiene giustamente alla larga dai cliché dell’artista maledetto o dalla parabola convenzionale fatta di ascesa e declino, mentre invece con approccio intimista lascia pian piano affiorare le angosce e le fragilità di un’anima sensibile.
La sceneggiatura di Matt Greenhalgh, basata sulla biografia di Ian Curtis “Così vicino, così lontano” (Touching from a Distance) scritta dalla moglie Deborah, segue il percorso umano prima che musicale: l’incontro con il resto della band (Bernard Sumner per chitarra e tastiere, Peter Hook al basso, e Stephen Morris per batteria e percussioni), il matrimonio precoce, la relazione extraconiugale con l’amante, l’epilessia e i farmaci usati per combatterla, infine la depressione.
Il bianco e nero è una scelta stilistica e poetica di Corbijn che fa intravedere il riflesso dell’animo tormentato di Ian Curtis — interpretato con una prova di misura e intensità da Sam Riley, anche somigliante nell’aspetto al protagonista — e al tempo stesso restituisce l’atmosfera inquieta della provincia inglese grigia e operaia dove si è formata la band sul finire degli anni Settanta.
Trattandosi di uno dei gruppi più importanti e influenti del post-punk britannico, la musica non può naturalmente mancare nel film ma è presente solo in alcuni momenti davvero significativi. Contano allo stesso modo i silenzi e la discrezione dello sguardo e delle inquadrature.
Come è in effetti discreto lo stacco della macchina da presa che suggerisce la fine, appena prima che Atmosphere, uno dei brani più struggenti dei Joy Division, ci arrivi dritto al cuore come un addio sussurrato e un congedo commovente.