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A 100 anni dalla sua nascita Finazzer Flory racconterà Pasolini

Dopo Dante, per nostra fortuna il regista si dedica ad un altro personaggio che ha lasciato un segno indelebile nella cultura contemporanea.
di Pino Farinotti

Pier Paolo Pasolini Altri nomi: (P.P. Pasolini ) 5 marzo 1922, Bologna (Italia) - 2 Novembre 1975, Ostia (Italia).
lunedì 31 gennaio 2022 - News

L’instancabile regista, attore operatore culturale milanese, Massimiliano Finazzer Flory, ha presentato all’Anteo la sua nuova performance sull’Alighieri Dante, per nostra fortuna, dove ha raccontato “la Divina Commedia con la danza contemporanea e gli occhi di un bambino, attraverso la metafora del teatro”.

Dunque secondo una modalità mai visitata: ma è l’attitudine primaria di Finazzer. Adesso l’attenzione dell’artista riguarda un altro personaggio che certo ha lasciato un segno, o più segni, nella cultura contemporanea. Pier Paolo Pasolini è nato cento anni fa, il 22 marzo del 1922. 

Siamo nel 1963, Pasolini è impegnato nei sopralluoghi e nella ricerca di volti, per il suo nuovo progetto: Il vangelo secondo Matteo. Ma lo scrittore estende il progetto a un tema che gli sta a cuore: interrogare la gente su argomenti non ancora del tutto esplorati come l’omosessualità, l’erotismo, la prostituzione e il divorzio. Pasolini coinvolse personaggi di altissimo profilo, suoi amici, come Alberto Moravia, Camilla Cederna, Giuseppe Ungaretti e Oriana Fallaci

Così prese forma il film Comizi d’amore. Se le chiavi di giudizio di un’opera nel tempo sono le eco ascoltabili, i segnali visibili e le eredità spendibili, ebbene quel titolo è profetico, ed è avanti decenni. Del resto essere “avanti” era la vocazione e il destino di Pasolini. Quei “comizi” erano una materia troppo grande e preziosa per non attirare l’attenzione di Finazzer, che rielaborerà, in collaborazione con Rai Cinema, nei suoi Altri comizi d’amore, quei contenuti rispetto a questa epoca. La sceneggiatura dello stesso regista vuol mettere in gioco il rapporto tra l’individuo e il collettivo mettendo in luce anche il tema “dell’isolamento”, sotto gli occhi di tutti durante l’epoca del Covid. Il set principale è un hotel: “una sorta di tugurio in cui gli italiani si sono comprati una televisione” per citare lo stesso Pasolini.

Racconta il regista: “Non un film su Pasolini ma sul metodo Pasolini di cui abbiamo bisogno per interpretare il qualunquismo e il conformismo della nostra epoca diffuso anche nei nostri sentimenti più profondi, perfino in quello dell’amore. Ogni stanza del mio hotel è una paura, una sorpresa, uno scandalo, una lotta, un pugno nello stomaco, un bacio imprevisto. La vera questione è l’omologazione che ai tempi di Pasolini si esercitava con la TV di Stato e ora con i telefonini a buon mercato. Gli algoritmi che Pasolini avrebbe temuto non sanno di sacralità, e i sentimenti che codificano sono la rotta che ci conduce ai consumi alimentari... la lingua della realtà che il cinema ci potrebbe offrire è costantemente corretta, o meglio, scorretta dalla correzione automatica che non riusciamo più asconnettere.
I nostri pregiudizi hanno preso la forma dell’autocensura, del silenzio. Il mio film dunque sarà o vorrebbe essere poetico e autentico offrendo in testimonianze l’esperienza del nostro tempo: l’isolamento ipocrita che il Covid suggerisce. Per questo voglio riprendere e far parlare senza mediazioni non le facce note ma i volti veri della nostra contemporanea umanità”.


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