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Guns Akimbo, una riflessione sull'identità di genere


La caccia del protagonista può essere letta come un percorso per rivendicare una mascolinità ridicolizzata. 
 

di Leonardo Magnante, Vincitore del Premio Scrivere di Cinema

giovedì 2 aprile 2020 - Scrivere di Cinema

Ciò che emerge dalla visione di Guns Akimbo è l’incapacità culturale e sociale di poter accettare nuove articolazioni di genere che esulino da quelle strutture tossiche che, nel corso del tempo, hanno definito monoliticamente la mascolinità e la femminilità, di cui il film presenta modelli alternativi, dimostrandone l’implausibilità, nonché i timori di cui si fanno portatori.

I tanti idoli, da Rambo a Terminator, con cui l’industria culturale ha contribuito a definire un’immagine maschile avulsa da debolezze, si elevano a un Io ideale esemplificato dai poster e dai gadget che tappezzano la casa di Miles, modelli per la sua identità virtuale da “troll dei troll” e antitetici rispetto alla sua identità reale da nerd trasandato e sfortunato in amore. Se Skizm, il violento gioco illegale del dark web di cui Miles rimane vittima, rappresenta il villain da sconfiggere, al contempo ha un significato psicoanalitico più profondo, che il film non condanna del tutto, anzi ritiene necessario per la formazione di un soggetto maschile che abbandoni qualsivoglia debolezza per una brutalità, aggressività e dominanza fallocentrica esemplificate dalla saldatura sulle mani di Radcliffe di quegli strumenti di morte che possano “curare” un’identità non conforme alle norme tradizionalmente riconosciute.
 

La caccia diviene un percorso per rivendicare una mascolinità ridicolizzata da soggetti femminili che alludono all’incapacità di Miles di possedere una donna.
Leonardo Magnante, Vincitore del Premio Scrivere di Cinema

Si sottolinea così il suo ricorso necessario all’autoerotismo, ironizzando poi sulle scarse dimensioni che impediscono a Nix, la spietata killer incaricata di ucciderlo, di sparare al suo membro, a differenza delle altre vittime. Il femminile risulta minaccioso perché sembra aver acquisito quel fallo perduto dal maschio, attraverso un’identità mascolinizzata espressa dal rapporto sessualizzato che Nix instaura con le sue armi, di dimensioni più esorbitanti rispetto a quelle di Miles e che lecca eroticamente prima di un massacro, ricorrendo anche verbalmente a espressioni, tipicamente maschili, che sottolineano la centralità del proprio sesso come dichiarazione di dominio, impensabili nella loro declinazione al femminile. 

Di conseguenza, Nix evoca quell’angoscia di castrazione che molte protagoniste del cinema classico hanno esercitato sui soggetti maschili, per cui la narrazione necessita di un contraltare rappresentato da Nova, la ex di Miles rapita dagli antagonisti, per ristabilire lo status quo attraverso la passività di una donna da salvare, funzionale alla formazione del “vero uomo”, possibile solo nel sacrificio del modello di femminilità alternativo, gesto rassicurante per la salvaguardia  e la riacquisizione normativa del fallo.

Il maschile preserva la sua tossicità rifiutando alternative identitarie; l’uomo che fugge in mutande viene sostituito da un virile uomo in nero, un eroe non più virtuale, divenuto reale mediante la legittimazione della violenza e il contenimento del sesso opposto. 


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