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Ignorantocrazia, uno sguardo severo sul declino della cultura italiana

È nelle librerie, edito da Bompiani, il libro di Gianni Canova, critico cinematografico e rettore della IULM.
di Pino Farinotti

lunedì 16 dicembre 2019 - Libri

La Bompiani è nelle librerie con Ignorantocrazia (253 pag. 14 €) firmato da Gianni Canova
Il sottotitolo: "Perché in Italia non esiste la democrazia culturale". Il libro fa parte della collana "Agone" curata da Antonio Scurati, senza il quale, scrive l’autore, "questo libro non esisterebbe": Canova possiede crediti che gli permettono di essere un riferimento sicuro. È rettore della IULM: Università di Lingue e Scienze della Comunicazione. È un ateneo importante, esclusivo per molti versi. E l’ "esclusività" dominante è che Canova ci è arrivato dalla base-cinema, che è la sua storia e il suo destino. E non era facile, perché il termine "ateneo" tradizionalmente poggerebbe su basi accreditate e storiche: giurisprudenza, architettura, medicina, ingegneria e così via. Soprattutto su quella disciplina nobile che è la letteratura.
 

Il cinema è sempre stato considerato "arte figlia di un dio minore", anche se nelle epoche recenti ha recuperato posizioni. Canova ha innescato il beneficio del dubbio: il cinema "arte figlia di un dio... diverso”.
Pino Farinotti, MYmovies.it

Sussiste però un dato oggettivo riferito alla maggiore nobiltà della letteratura: non esistono libri tratti da film – salvo anomali eccezioni - ma solo film tratti da libri. È legittimo dire che Canova ha compiuto una sorta di impresa che non stava nelle stelle e nei puristi. Anche in questo libro a prevalere è il cinema. Cito qualcuno che la pensava come Canova, Cesare Pavese, che alla domanda chi fossero i suoi narratori preferiti rispose: Thomas Mann e Vittorio De Sica. Una bella legittimazione.

La contro-copertina riporta: "Una società che dileggia la competenza, che sostiene che chiunque può fare qualsiasi cosa, che sostiene l’equivalenza di tutti a prescindere dalla conoscenze, dallo studio, dalla performatività. Finanche dal talento, è una società statica, abulica, bloccata su se stessa, incapace di trasformarsi”.

Il motore che muove il racconto è spinto da propellenti diversi, ma quello che prevale è il cinema. Canova fissa l’ultimo segnale di qualità italiana vera, assunta dal mondo, nel neorealismo dell’immediato dopoguerra. E siccome occorre dare alla scrittura quello che è della scrittura, esemplare è l’incipit che "sposa" i due generi: "C’è un film di François Truffaut, Fahrenheit 451, in cui si immagina un futuro senza libri ed è tratto da un romanzo distopico di Ray Bradbury. Fahrenheit 451 è la temperatura a cui i libri prendono fuoco. Solo i libri. Perché nel futuro messo in scena da Truffaut il mondo è diventato ignifugo. Non brucia più nulla. Solo i libri". Certo scenario devastante. Nella sua requisitoria Canova convoca un testimone pesante. Nientemeno che Orson Welles che nella Ricotta di Pasolini (1963), dice che "l’Italia presenta il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa". Altra... bella legittimazione.

Lo spazio mi costringe a delle selezioni. A pag. 73, nel capitolo "Cavalcarono insieme" – i cinefili sanno - irrompe un nome che occuperà 47 pagine, una vera e propria tesi di laurea. Cerco di immaginare l’espressione di un purista, come reazione a quel nome, dico l’urlo di Munch. Trattasi di Tex Willer. Dunque non letteratura e neppure cinema. Ma l’autore analizza il senso, il sentimento e le indicazioni di quell’eroe unico al mondo, li interpreta nella sua chiave di cultura sicura, li pantografa e li trasferisce dal west alla società di adesso.
 
Dal 1948, da quando autori e disegnatori si susseguirono, Tex, nel suo piccolo, nel suo disegno, ha trasmesso i dictat dell’eroe puro, ma intelligente, pronto a riflessioni e a evoluzioni, secondo i tempi e anche secondo politica. Magari era meglio, in certi anni, e in certe amministrazioni, rallentare nella forza e mediare con la comprensione. Ma già all’inizio Gian Luigi Bonelli e Aurelio Galeppini (Galep) davano segnali forti. Per esempio il razzismo: Tex ha un secondo nome navajo, Aquila della notte, e ha sposato Lilith, principessa indiana. Non era roba da poco negli anni cinquanta.


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