Una serie di sketch che vorrebbe far ridere e ci riescono purtroppo molto raramente. In concorso a Cannes 2019.
di Giancarlo Zappoli
Elia Suleyman parte dalla Palestina per un viaggio a Parigi e a New York dove trova affinità con le situazioni che vive nella sua terra con una domanda: dov'è il luogo che possiamo veramente chiamare casa? "Come nei miei precedenti film ci sono pochi dialoghi; quello che viene detto assomiglia a monologhi per infondere ritmo e musicalità.". Purtroppo nel momento in cui, in un lungometraggio, il regista di Nazareth esce dalla sua terra il pregio dell'astrazione che contraddistingueva un film come Il tempo che ci rimane si trasforma in un boomerang.
Perché il modello per eccellenza di Suleyman, il grande Buster Keaton, finisce con l'ibridarsi con un Jacques Tati immobile e del tutto straniato in un improbabile Play Time del nuovo millennio.