Un western che riposa sul movimento e lascia affamati. Da giovedì 18 ottobre al cinema.
di Marzia Gandolfi
Sempre meno redditizio, il traffico di droga viene convertito dai cartelli in traffico di essere umani. Lungo il confine messicano e in mezzo ai clandestini si insinuano terroristi islamici che minacciano la sicurezza degli Stati Uniti. Un attentato-suicida in un supermercato texano provoca una reazione forte del governo americano che incarica l'agente Matt Graver di seminare illegalmente il caos ristabilendo una parvenza di giustizia. Graver fa appello ancora una volta ad Alejandro, battitore libero guidato da una vendetta che incontra vantaggiosamente le ragioni di Stato. Alejandro, che se ne infischia della legalità, rapisce la figlia di un potente barone della droga prima di diventare oggetto di una partita di caccia orchestrata dalla polizia messicana corrotta e da differenti gruppi criminali desiderosi di mettere le mani sull'infante. Diventata un rischio potenziale, bisogna liberarsene. Ma davanti a una scelta infame, Alejandro rimette in discussione tutto quello per cui si batte e tutto quello che lo consuma da anni.
Uscito nel 2015, Sicario trovava lungo una frontiera assolata e brulla gli elementi di una nuova mitologia americana-messicana. In quella striscia di confine mortale contro cui si infrangono tutte le barriere morali, Denis Villeneuve precipitava un'agente dell'FBI idealista che approcciava di sponda la violenza primitiva dei cartelli.