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Da Harlock a Harlock: nostalgia o innovazione?

Il cinema in movimento di Roy Menarini.
di Roy Menarini


lunedì 13 ottobre 2014 - Approfondimenti

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

Il primo gennaio di quest'anno usciva, con risultati lusinghieri, Capitan Harlock 3D di Shinji Aramaki, reboot del noto personaggio a opera della Toei Animation. Appassionati e non avevano apprezzato, della nuova versione, un certo rispetto verso le precedenti incarnazioni del personaggio e soprattutto un impianto visivo all'altezza del denaro speso. In queste ore, e per un giorno solo in sala, esce invece Capitan Harlock - L'arcadia della mia giovinezza, diretto nel 1982 da Tomoharu Katsumata, in versione restaurata e in copia digitale. Gli esperti lo definiscono un prequel, ricordano che il lungometraggio (molto amato) era già uscito per la Yamato Video ma che ora si vede per la prima volta su grande schermo grazie alla distribuzione Koch Media.
Quelli che hanno qualche anno sulle spalle ricordano Capitan Harlock sul piccolo schermo di casa loro, sintonizzato su Rai Due (era il 1979), con tutto il suo contesto di solennità e ambiguo romanticismo. Era la serie anime diretta da Rintaro, che adattava l'omonimo manga nato due anni prima. Altri spettatori lo avranno magari recuperato nelle numerose repliche, avvenute sia negli anni Ottanta sia negli anni Novanta sulle reti commerciali. Negli anni Duemila, sempre la medesima serie compare sul satellite, e in particolare sul canale "Cultoon", che fin dal nome ha il compito di lavorare sulla nostalgia verso i prodotti popolari e di animazione d'antan. In questa selva, si aggiungeva - sempre nel 1979 - l'uscita di un lungometraggio dal titolo Le nuove avventure di Capitan Harlock - Il pirata dello spazio, classico esempio (un po' canagliesco) di collage di episodi montato a bella posta, senza preoccupazioni filologiche, per trascinare in sala un po' di spettatori (l'anno prima, del resto, era stato fatto qualcosa di simile con Mazinga contro gli Ufo Robot).
Insomma, è normale che si apra una forbice piuttosto consistente tra l'appassionato - e certamente non ne mancano - capace di destreggiarsi in questa ragnatela di riferimenti produttivi e complicate serialità; e il profano che, se non vuole ignorare l'evento, si accontenta di fare un tuffo nella memoria, senza preoccuparsi troppo di tutta la genealogia dell'eroe. Siamo, in ogni caso, di fronte a un classico esempio di sistema delle nicchie. Già in via di ulteriore ridefinizione secondo alcuni studiosi, esso permette in ogni caso di enfatizzare un aspetto di ritualità e contemporaneamente di appartenenza di fronte a prodotti molto specifici. Sebbene spesso criticate, le distribuzioni in forma di evento tendono a costituire una sorta di chiamata alle armi per i fan, magari suggerendo anche pratiche di fruizione intensificate (abbigliamento, compagnia, comunicazione: tutto fa gioco) e offrendo il tutto solamente per poche ore. L'Harlock "rinato" di gennaio scorso serviva a rimettere in gioco il vecchio pubblico e fonderlo con il nuovo, visto che si è ricominciato da capo. L'Harlock di oggi, ma realizzato trent'anni fa, non intende invece aprirsi a nuovi pubblici bensì utilizzare la sala cinematografica come luogo carismatico per una cerimonia, per la celebrazione di un culto. Poco importa se già conosciuto e persino reperibile. La sala, insomma, è in questo caso un "live".

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