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La politica degli autori: Michele Placido

Un artista irrequieto e con un sacco di cose da dire e mostrare.
di Mauro Gervasini

In foto Michele Placido.
Michele Placido (77 anni) 19 maggio 1946, Ascoli Satriano (Italia) - Toro. Regista del film Il cecchino.

martedì 30 aprile 2013 - Approfondimenti

Facile sarebbe in questo caso giocare sulla confusione: politica dell'autore o dell'attore? Trattandosi di Michele Placido, 67 anni il prossimo 19 maggio, una cosa vale l'altra. Adesso ci interessa il regista: dal 1990, anno del suo esordio dietro la macchina da presa con Pummarò, spirito inquieto che attraversa i generi e gli stili, bulimico di storie, volti, idiomi, memorie che appartengono al suo vissuto personale, a quello della storia con la s maiuscola come nel caso del 68 di Il grande sogno (2009), alla sua esperienza di interprete (oltre 90 titoli all'attivo). Il Placido irruento e furioso che si prende anche un po' in giro nel Caimano di Nanni Moretti, dalla biografia frastagliata. Ex poliziotto nella Celere romana, poi attorgiovane di bellissime speranze, nome sempre più significativo a teatro e soprattutto al cinema, di nuovo in polizia ma questa volta sul piccolo schermo, commissario Cattani in La piovra, anno di grazia 1984, regia Damiano Damiani. Un successo internazionale senza precedenti per una produzione italiana.

Irrequieto, appunto. Con un sacco di cose da dire e mostrare. Tempi di impegno sociale, politico («insieme a Gian Maria» gli farà dire Moretti, quasi un mantra); una volta passato alla regia è il primo a raccontare la condizione tragica dei migranti che nel Sud vengono sfruttati per la raccolta dei pomidoro. Pummarò, appunto: vent'anni fa non si trattava di un tema propriamente di moda, ma il film lo vuole Cannes e ancora oggi resta audace. Il botto però con Un eroe borghese (1995), dedicato alla figura dell'avvocato Ambrosoli (interpretato da un ottimo Fabrizio Bentivoglio), curatore fallimentare della Banca Privata Italiana del finanziere-faccendiere Michele Sindona, in altri tempi definito «il salvatore della lira» da Giulio Andreotti, e che invece ritroviamo mandante dell'omicidio dell'avvocato. Un eroe borghese è anche una bella prova di regia, a tutt'oggi la sua più compatta formalmente. Bello anche Del perduto amore (1998), lungo flashback di un prete (lo stesso Placido) che si rammenta ragazzino nella Puglia degli anni 50, invaghito di una maestra comunista, Giovanna Mezzogiorno. A metà strada tra l'autobiografismo e l'affresco di un'epoca, un melodramma di formazione lontano da qualunque oleografia.

Difetto, quello dell'oleografia, che purtroppo Placido non sempre riesce a dribblare. In fondo i suoi "romanzi criminali" proprio di questo peccano: banditi da copertina, stereotipi iperrealisti della vita di frontiera, eccessi di bozzettismo. Meglio Romanzo criminale (2005), dal libro di Giancarlo De Cataldo, che ha anche il merito di porre al centro una generazione di attori da allora protagonisti (Favino, Rossi Stuart, Santamaria, Scamarcio, Trinca...). Peggio invece Vallanzasca - Gli angeli del male (2010), quasi fotocopia del precedente, anzi l'impressione è che tutto il film voglia essere una versione milanese della storia del Freddo. Cambiano gli accenti (impostatissimo quello di Rossi Stuart nella parte del bel Renè), i luoghi e le situazioni, ma resta identica la ridondanza della messinscena. Va meglio con Il cecchino, dal primo maggio nelle sale italiane, conclusione di questa trilogia noir realizzata però in trasferta a Parigi. Un poliziotto (Daniel Auteuil) contro un cecchino (Mathieu Kassovitz), fiancheggiatore della banda del rapinatore italiano Luca Argentero. In mezzo a loro un serial killer e una brutta storiaccia accaduta al contingente francese in Afghanistan, dove morì il figlio di Auteuil. Molta, troppa carne al fuoco, a rischio di confondersi. Ma il prode Michele, che si ritaglia un gustoso cameo con Fanny Ardant, dimostra abilità nelle sequenze d'azione, aderisce bene ai toni del polar citando spesso Olivier Marchal, con il quale condivide un passato in polizia che entrambi hanno saputo trasformare in "sguardo".

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