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Il cinema in movimento

Il cinema sportivo.
di Roy Menarini

In foto i due protagonisti del film Rush:
Daniel Brühl (Daniel César Martín Brühl González Domingo) (45 anni) 16 giugno 1978, Barcellona (Spagna) - Gemelli. Interpreta Niki Lauda nel film di Ron Howard Rush.

lunedì 30 settembre 2013 - Focus

Che cosa è Il cinema in movimento? Una rubrica dedicata alle trasformazioni del cinema nell'epoca dei new media e alle riflessioni che si possono trarre dalle novità in atto.

In questi giorni, grazie al successo di Rush, torna in auge il tema del cinema sportivo. Non importa tanto la questione sulla naturalezza attraverso la quale certe cinematografie trattano l'epica sportiva (più consono al cinema americano, assai meno a quello italiano), quanto piuttosto il rapporto che si instaura con la tecnologia di rappresentazione.

La Formula Uno ne è esempio concreto. Quest'anno le gare automobilistiche vengono mostrate dai canali Sky attraverso un mosaico di canali e di possibilità di visione, dalla soggettiva dell'abitacolo al paddock, passando per varie camere personalizzate. Più tradizionali, i gran premi presentati dalla RAI (solo alcuni), offrono il classico montaggio di riprese dall'alto e on-board camera, con il ruolo sempre importante dei commentatori in funzione di narratori: in uno sport dove è pressoché impossibile dominare l'intera performance e tutti le sfide in atto (retrovie, pit stop, drive through e altro), chi racconta la gara deve saper "cucire" gli avvenimenti e garantire la comprensibilità della "trama".

Che cosa succede al cinema? Se la neo-televisione multicanale oggi promette di coprire un po' tutti i punti di visione immaginabili dal divano di casa, il cinema è incaricato di estrarre il romanzo, l'epica della gara. E per farlo deve necessariamente lavorare su epiche pre-esistenti, narrate dal mito o tramandate dal giornalismo sportivo. La sfida Lauda-Hunt (ma tante altre avrebbero potuto servire allo scopo) è stata una scelta oculata e lungimirante, e un giorno - solamente dopo che la cronaca si sarà deposta negli archivi - ci aspetteremo film su Nadal/Federer, Mourinho/Guardiola, Rossi/Biaggi e altro ancora. Per ciò che riguarda Ron Howard, la scelta è finita su una storia che si portava dietro anche il fascino del vintage (colori, costumi, grana anni Settanta) e il sapore romantico, un po' esotico per il pubblico statunitense, delle gare europee - si ricorderanno le spettacolari scene al Principato di Monaco in Iron Man 2: Montecarlo come fosse una bizzarria da vecchio Continente. Noi italiani, che la Formula Uno ce l'abbiamo nel DNA, invece, notiamo che anche al cinema questo sport non può fare a meno dei commentatori. Tanto è vero che lo sceneggiatore Peter Morgan ha fatto largo uso delle voci fuori campo degli speaker durante la rappresentazione delle gare, perché nemmeno il miglior montaggio e le capacità narrative di una storia romanzata possono rendere del tutto comprensibile ai non addetti una gara automobilistica.

Insomma, il cinema - ancora nel 2013 - deve trovare le forme adatte a contenere l'evento sportivo, che vive della diretta come del proprio ossigeno, e che per trasformarsi in storia ha bisogno di distanza e di epicizzazione. Anche il cinema italiano, di questi mesi, da L'arbitro a Il terzo tempo, mostra che è sempre più facile ricorrere al tema sportivo per parlare di altro, in via metaforica, piuttosto che gettarsi a capofitto nella lotta performativa.

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