Per l'Italia due film, Là-bas e Missione di pace.
di Ilaria Ravarino
È la sezione più paludata della Mostra di Venezia, è l'arena dei critici e degli sperimentatori, ed è spesso ingiustamente vissuta come sorella minore delle altre competizioni veneziane solo perché programmaticamente lontana dallo sfarzo dei tappeti rossi, dalle copertine dei giornali e dalle star.
Ma la Settimana della Critica, in programma al Lido dal 31 agosto al 10 settembre, oggi ha rivelato un cartellone decisamente anomalo, e battendo sul tempo le altre sezioni s'è finalmente conquistata un meritato pezzo d'attenzione. Perché dopo tanti anni ritorna in forze l'Italia, con due bei film uno fuori e uno dentro al concorso, perché uno dei due è una commedia («E così mostriamo quello che per noi significa quella parola», dice con una punta d'orgoglio Francesco Di Pace, Delegato Generale della Sic), perché ci sono le star di casa nostra, Silvio Orlando, Alba Rohrwacher e Filippo Timi. Perché non c'è nemmeno un titolo in lingua inglese, né britannico né americano, e il fil rouge che lega i nove film è sorprendentemente attuale: la famiglia come luogo di esplosione dei conflitti nella società. «Tutto considerato, direi che non c'è nessuna novità in negativo, anzi – dice Di Pace - Abbiamo aggiunto il premio del pubblico e continueremo a dividerci gli spazi con le Giornate degli Autori: la Sala Darsena per la proiezione ufficiale e la Volpi per stampa e repliche. Il tutto nonostante il disagio provocato dal riammodernamento dell'area».
I FILM
Italia
Là-bas di Guido Lombardi e Missione di pace di Francesco Lagi: «La particolarità del programma di quest'anno – dice Di Pace - è che abbiamo due film italiani, segno che forse qualcosa si muove nel giovane cinema degli esordienti: è tornato il coraggio, la freschezza del linguaggio, la voglia di sperimentare. In concorso c'è Là-bas del napoletano Guido Lombardi, che ha gettato uno sguardo sulla comunità africana del litorale campano. Un film duro, asciutto, dal taglio documentaristico e ispirato alla cronaca, recitato da attori non professionisti e un cast all black». Per il regista è «un piccolo film che sulla carta non sarebbe mai stato prodotto, ma che ha avuto la fortuna di incontrare persone che ci hanno creduto. La storia riguarda anche gli eventi del 2008, quando un commando di camorristi entrò sparando all'impazzata a Castel Volturno, ma la sceneggiatura l'avevo scritta due anni prima. L'obiettivo era raccontare cosa significhi essere un immigrato che vive in condizioni complicate come quelle in cui si trova chi abita là».
Sarà invece in chiusura Missione di pace di Francesco Lagi, per Di Pace «il film con cui offriremo il nostro punto di vista sulla commedia: è la storia grottesca, quasi satirica, di un capitano dell'esercito che in missione di pace nella ex Jugoslavia deve fare i conti con un figlio pacifista». In concorso alla Sic dopo aver già portato un bel corto sul Lido l'anno scorso, Passatempo, per Francesco Lagi «l'idea è quella di usare la chiave di un film comico tradizionale per parlare di cose molto attuali e scottanti, anche drammatiche. Abbiamo cercato di conservare uno sguardo leggero sul tema dei militari e delle missioni all'estero, ma nel film si parla comunque di guerra: una vera, esterna, e una interna, familiare. Sono due conflitti che si intrecciano».
Svezia
Stoccolma Est di Simon Kaijser da Silva «È difficile trovare vere e proprie linee di tendenza tra i film, anche se quest'anno sembra emergere soprattutto il tema della famiglia e del conflitto familiare. A cominciare dal film svedese d'apertura Stoccolma Est, di un regista televisivo all'esordio nel cinema. È un gioiello di tensione drammatica, e racconta l'elaborazione del lutto in due famiglie sconvolte da un incidente, incapaci di esternare sentimenti e dolore. Un film che potrebbe tranquillamente offrire la sponda a un remake americano».
Germania e Francia
Totem di Jessica Krummacher, Louise Wimmer di Cyril Mennegun, La terre outragéeMichale Boganim «Il tedesco Totem è uno dei film più forti della selezione, su una famiglia che assume una cameriera per poi metterla al centro di un vero e proprio gioco al massacro. Un esempio di autentica cine-crudeltà. Dalla Francia arriva invece Louise Wimmer un film sulla nuova povertà in cui una donna borghese si ritrova a vivere nella sua auto mentre aspetta di ricevere la casa popolare, e il franco-ucraino La terre outragée: l'autore è un documentarista che esplora il dramma di Chernobyl, mettendosi con uno stile maturo e grandissima sensibilità sulle tracce dei protagonisti».
Centro e Sud America
El Campo di Hernán Belón e El lenguaje de los machetes di Kyzza Terrazas: «Il cinema di questa parte del mondo è molto vitale e lo dimostrano i due film dall'Argentina e dal Messico. El campo racconta di una coppia in crisi che se ne va a vivere in una casa in campagna, insieme alla bambina, ed è un film che somiglia a un thriller ma non lo è. Lascia lo spettatore in uno stato continuo di aspettativa, è raffinato e molto interessante anche per gli aspetti produttivi: è stato realizzato in partnership con Cinecittà Luce e i capitali sono anche italiani. Dal Messico arriva invece El lenguaje de los machetes di Terrazas, lo sceneggiatore di Bernal all'inizio della sua carriera: ancora una volta un film su una coppia, lui video artista anarcoide zapatista, lei cantante punk, che meditano di compiere insieme un gesto terroristico».
Nord America
«Da quella parte del mondo arriva solo Marécages di Guy Édoin, canadese, film su una tragedia che sconvolge una famiglia di allevatori. Dall'America purtroppo se c'è un'opera prima di valore, viene diretta a gennaio al Sundance e da là al festival successivo, che è Cannes. A dire il vero abbiamo visto anche film americani di esordienti famosi, attori o attrici con grandi cast, che però non avevano le caratteristiche del film-tipo della Settimana, e cioè coraggio, sguardo maturo, importanza del gesto filmico: potevamo fare i furbi e prenderli, non l'abbiamo fatto».