Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Germania |
Durata | 86 minuti |
Regia di | Jessica Krummacher |
Attori | Marina Frenk, Natja Brunckhorst, Alissa Wilms, Dominik Buch, Andy Carter Fritz Fenne, Cedric Koch. |
MYmonetro | 2,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 25 luglio 2011
Opera prima per Jessica Krummacher che ha scritto, diretto e prodotto Totem.
CONSIGLIATO NÌ
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In una famiglia che abita nei dintorni di Bochum, nella regione della Ruhr, viene accolta una ragazza alla pari di nome Fiona. Tutto appare normale i primi tempi, in cui madre, padre e due figli accolgono benevolmente la ragazza e, dopo aver scoperto che è rimasta orfana, la invitano a sentirsi parte della famiglia. Ma a poco a poco emergono stranezze e contrasti sempre più visibili: i due genitori si dimostrano pieni di rancore ed estremamente rigidi nei confronti della nuova arrivata; la figlia adolescente Nicole appare sempre più gelosa; mentre la stessa Fiona dimostra di avere una psicologia ben più contorta di quanto la sua accondiscendenza iniziale nei confronti degli ospitanti lasciava intendere.
In Totem, è come se l'eterno Teorema di Pasolini trovasse una nuova dimostrazione attraverso il voto di castità del Dogma di Lars von Trier e Thomas Vinterberg. Come se l'incipit narrativo e il tentativo di destabilizzare le apparenze del perbenismo borghese di Pasolini incontrassero l'estetica minimale del digitale "sporco" e senza luce artificiale e le figure femminile del cineasta danese, pronte a immolarsi per i mali della comunità.
Jessica Krummacher elabora questa sintesi personale partendo da una radice comune fra poetica pasoliniana e visione "dogmatica": ricercare il "male radicale" nell'uomo, lasciar emergere gli aspetti più primigeni ed essenziali delle pulsioni umane a partire dalla forma nucleare della società moderna. Questo aspetto ancestrale del progetto è sottolineato fin dal titolo, che rimanda alla concezione freudiana del "totem" come figura protettrice di un clan, custode delle regole e degli equilibri all'interno di una famiglia. Un feticcio inquietante quanto le due bambole ricorrenti nel film, adibite a lenire la depressione da menopausa della madre e a sostituire il suo desiderio materno. Ma, come se non bastasse, a questa complessa orchestrazione di squilibri psichici e sociali dei vari membri della famiglia, la regista tedesca somma un discorso sullo stato in natura dell'uomo e sulle fragili espressioni dell'identità.
In questo senso, non stupisce che Totem rappresenti il saggio conclusivo fatto dalla regista per la sua scuola di cinema, visto che, come molti "film-esame", si porta dietro una grande ambizione di indagine antropologica dietro a uno sguardo spurio e un eccesso di entusiasmo verso i grandi maestri. Una continua accumulazione di idee e di situazioni volontariamente deviate e sfuggenti, che però dimentica un fondamentale traino drammaturgico e la potenza altrettanto ancestrale e (im)morale della tragedia.