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50 anni fa: Psycho

Il film più "pauroso" delle storia del cinema.
di Pino Farinotti

Mezzo secolo dall'uscita di Psycho

lunedì 28 giugno 2010 - Focus

Mezzo secolo dall'uscita di Psycho
"Dottor Freud e mister Hitchcock" non è gioco, non è paradosso, è formula dal senso perfetto. Per molte ragioni e per molte date, che si congiungono attraverso parabole, una delle quali passa in questi giorni di giugno: il mezzo secolo dall'uscita di Psycho.

Un'altra data è il 1999, nascita del maestro e pubblicazione dell'Interpretazione dei sogni di Sigmund Freud. Le vicende sono connesse. La freudiana "Interpretazione", detto in sintesi colpevole e certo arbitraria, rapportava il sogno con il lavoro psichico della vita diurna per trovare una continuità dell'attività spirituale fra il sonno e la veglia. Il risultato era il mistero, la paura, erano i "mostri". Emergeva che questi mostri appartengono non alla rappresentazione abnorme, fantastica, ma al quotidiano. Piccole cose, come una faccia normale che è dove non dovrebbe essere, oppure una voce o un cigolio che non sai da dove vengano. Non i mostri come Godzilla o gli ultracorpi o Alien, che sono invenzione, fiction, e lo sai. Tutte cose che Hitchcock ha inventato e insegnato.

Esistito
Hitchcock è esistito, anche, perché c'è stato Freud. Sono molti i film "freudiani". Da Io ti salverò, dove Gregory Peck è uno psicologo che ha rimosso la morte del fratellino, di cui era responsabile. E poi Kim Novak ne La donna che visse due volte, che vive tragicamente la vicenda di una sua antenata morta pazza, anche se poi è un trucco. E Marnie, che non può avere rapporti con gli uomini, nemmeno con ... Sean Connery, per un trauma orrendo che le era toccato da bambina. I gabbiani de Gli uccelli sono uno spettacolo felice, li guardiamo contro il sole e diciamo "che belli", ma quando improvvisamente lo status si trasforma, nel sospetto, nell'attesa, prima della loro violenza collettiva e dello scenario apocalittico, diventano la pulsione angosciosa, in apnea, di Tippi Hedren.

Trama
Infine Psycho. La trama è conosciuta. Janeth Leigh ruba quarantamila dollari, si rifugia in un motel tenuto da un Anthony Perkins che dà corpo e volto a Norman Bates, lo psicopatico più famoso del mondo. Norman la vede nuda e la uccide nella doccia. Poi nasconde il corpo. Alla fine viene scoperto. Il movente era complesso, quantomeno. Norman, morbosamente legato alla madre, aveva ucciso lei e il suo amante dieci anni prima. Sopraffatto dal rimorso aveva rimosso il delitto e tenuto in vita la madre imbalsamandola prima e identificandosi con lei dopo. La sua doppia personalità lo aveva portato ad essere attratto da una donna e poi a ucciderla quando subentrava la personalità, a sua volta gelosa, della madre. Non era un nodo semplice da sciogliere in un film, allora. Lo fece Hitchcock al meglio e Psycho divenne il suo film di maggior successo popolare. Con tante leggende a latere, come quella, nota, della doccia. I 45 secondi di maggior terrore di tutto il cinema. Col complesso relativo di generazioni di donne che non riuscirono più a fare la doccia dietro a una tenda.

Simbolo
Norman è un simbolo, quasi il lemma di una certa patologia. Anthony Perkins/Norman Bates ha rappresentato un modello per il mondo, modello molto complesso ma semplificato, se così si può dire, dal cinema di Hitchcock. In questo caso un film, secondo attitudine e azione, che non sono quelle dei trattati di medicina, si è imposto come un'intera biblioteca di testi specifici. Norman, psicopatico fra tanti confini, l'incesto, l'impotenza, l'omosessualità latente, è famigliare a tutti noi. Ci è persino caro. E ha chiuso tante strade. Dopo di lui era davvero impossibile rappresentare quella patologia, era superfluo. Come è stato "superfluo" proporre le ballerine dopo Degas, gli arlecchini dopo Picasso.
Un'ultima indicazione hitchcockiana. Il film è tratto da un romanzo di Robert Bloch. La regola vuole che la letteratura prevalga sempre sul cinema, ma la regola viene capovolta, diventa non-regola, quando c'è di mezzo Hitchcock.
Capolavoro vero Psycho, anche adesso. Persino celebralo, è un evento.

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