Advertisement
Storia 'poconormale' del cinema: cinema e storia

Una rilettura non convenzionale del cinema secondo Pino Farinotti: nona puntata.
di Pino Farinotti

Prodotto Bush

venerdì 24 aprile 2009 - Focus

Prodotto Bush
Nella puntata precedente formulavo questo quesito: "Mercedes, spot, vendita. E' ormai appurato che il cinema comanda. Il quesito può essere questo: il cinema è in grado di vendere altri prodotti? Magari una guerra o una rivoluzione?". Aggiungo: ...o far eleggere un presidente?
C'è un esempio ardente e recentissimo, il presidente George W. Bush jr. Il popolo e i popoli, quasi tutti insomma, sanno che non è stato un buon presidente. Per mille ragioni. Si può persino affermare che anche la storia si allinea in questo senso, anticipando un giudizio che, appunto perché 'storico', dovrebbe rimanere in sospeso per qualche generazione, per via della prospettiva eccetera. La cultura liberale americana, europea, e poi naturalmente quella del Medio Oriente, si sono impegnate, anche duramente, contro Bush. E il cinema si è prodigato, capillarmente, con dedizione, anche con violenza. Cito un titolo esemplare, Fahrenheit 9/11 di Michael Moore, il film, premiato dovunque, diventato un manifesto contro quell'amministrazione, condiviso da quasi tutta la cultura del mondo. Solo che i voti non appartenevano solo alla cultura, ma a tutti, e la grande parte dell'utenza colse la cifra faziosa dell'autore, ne colse l'eccesso, perché chi è schierato naturalmente ha quasi il dovere della faziosità, ma quell'eccesso fu portato dall'autore con troppa... passione e con un linguaggio ironico&aggressivo che non arrivò là dove doveva arrivare. E così quegli eccessi finirono per tornare come un boomerang e Bush, dato perdente dai sondaggi, ebbe invece il suo secondo mandato. Naturalmente non fu solo responsabilità di Moore, tuttavia il cinema era stato letto come qualcosa che poteva anche darti nozioni, o indicazioni, o suggestioni, ma non possedeva la chimica per importi una scelta politica. Per la vendita di un prodotto del genere il cinema non bastava. Non era bastato quella volta, ma poi non è detto, perché, come sempre, l'assunto non può che essere ambiguo. Perché, lo ribadisco, il cinema, non ama essere applicato a nulla salvo che a se stesso. Ti accorda l'estetica e la vendita, può essere un abnorme marketing, ma per pronunciamenti universali, per i destini dei popoli, la pellicola si ritrae. Trattasi sempre di chiave sentimentale. Ma poteva accadere che il sentimento bene innescato e gestito, potesse anche generare qualcosa di diverso e molto importante, decisivo. Il sentimento inteso come incentivo e come valore a fianco.
Ti vendo la guerra
Campagna
E ci fu un momento in cui il maggiore committente, lo Stato, indisse una campagna per due spot che dovevano vendere prodotti particolari, la guerra e l'odio rosso. L'agenzia attivata fu a sua volta la più accreditata, la maggiore: Hollywood. Fu quando un film fece entrare in guerra il popolo americano, e un altro esorcizzò sul nascere il fantasma del comunismo. In entrambi i casi erano stati vani gli interventi dell'intelligenza e della politica.
La recente polemica insinuata qualche anno fa dal film Pearl Harbor secondo la quale il presidente Roosevelt sarebbe stato al corrente dell'attacco proditorio perpetrato dai giapponesi e avrebbe taciuto per scatenare il sentimento di vendetta del popolo e portarlo all'entrata in guerra è davvero piccola cosa di fronte all'abnorme progetto mediatico montato per indurre il solito popolo a entrare in guerra con lo spirito di angelo della giustizia. Nel 1940 da Washington per Hollywood, partì l'input di fare un film che sapesse accendere il tipo di passione che serviva nella circostanza: la passione per la guerra, appunto. Nel paese ormai tutti erano per l'intervento...tranne la gente. E non era cosa di poco conto. La Warner mise a fuoco i punti fermi dello story board. Il plot: sarebbe stata la vicenda di Alvyn York, sergente della prima guerra mondiale, massimo eroe americano. A interpretarlo sarebbe stato Gary Cooper, massimo eroe del cinema, dunque ancora più grande dell'altro. Il sergente York racconta la vicenda di questo contadino del Kentuky, mite, timido, ma gran cacciatore e tiratore, obiettore a suo modo di coscienza che, militare, prende invece coscienza, e dopo averci un po' pensato seduto su una roccia sotto le stelle, accarezzando il suo cane, decide che combattere è necessario per abbreviare e vincere una guerra e salvare così delle vite. In guerra compie azioni umanamente impossibili, uccide quaranta nemici col fucile e fa prigioniere due intere compagnie con l'aiuto di pochi subalterni. Le metafore c'erano tutte, il dolore della decisione, la conversione, l'azione eroica sovrumana che faceva balenare la grazia con tanto di ammiccamento a un intervento superiore. Gary Cooper, il papà magnifico di tutti i ragazzi, il marito perfetto di tutte le donne, l'amico affidabile di tutti gli uomini, portava per mano l'America in guerra. Convinta. Non ci sarebbe mai stata nei decenni a venire, un'agenzia capace di concepire e produrre uno spot più efficace e sofisticato, e perfetto. Tralasciando poi la portata del risultato, della vendita se vogliamo dirlo tecnicamente. Troppo eccezionale era il contesto. Naturalmente molte migliaia di quelli portati per mano da Gary in Europa e nel Pacifico, non tornarono. Il cinema doveva assumersi parte di quella responsabilità, ma il cinema, ormai è accreditato, può assumersi tutto senza essere responsabile di niente. Come detto sopra, alla fine si ritrae. Sempre di evasione, e di sentimento trattasi.
Ti vendo l'odio rosso
Anticomunista
Qualche anno prima, esattamente nel 1937 Hollywood aveva aderito a un altro importante input di Washington, quello anticomunista. Del resto c'era un forte precedente contrario: una serie, quasi infinita, di film russi di propaganda comunista. Alcune erano "opere" autentiche, come il Potemkin già citato, altre erano storie ridondanti, manifesti di maniera che mostravano contadini ingobbiti sull'aratro o sulla zappa, operai asserviti alla catena di montaggio, tutti magrissimi e sofferenti. E mostravano invece i padroni grassi ed eleganti, dediti a stupidi giochi di società e sempre pronti alla crudeltà. Rispetto a quel cinema sovietico, Hollywood era disperatamente indietro sul piano dell'impegno ma inverosimilmente avanti su quello della qualità cinematografica. Così rispose come "ricca occidentale" ponendo la questione sul piano dello stile, dell'ironia e della superiorità. E produsse Ninotchka. Era la storia di un funzionario comunista donna che corre a Parigi dove tre suoi collaboratori si sono fatti corrompere dal sistema occidentale (parigino, figuriamoci) e si sono dati alla bella vita. L'inflessibile funzionario incontra un affascinante playboy che la introduce a una vita di ricevimenti, suites eleganti, regali alla moda e bottiglie di champagne, mentre là in fondo, sotto la luna, brilla la tour Eiffel. Quando la donna torna a Mosca la vediamo vivere in un appartamentino di due stanze per due famiglie, dove il bagno non ha la porta ma una tenda, e dove un commissario politico, che è l'altro inquilino, ascolta tutto e passa nella camera di Ninotchka per andare in bagno.
Il testimone era Greta Garbo, semplicemente l'omologa di Gary Cooper, la donna più affascinante, più elegante, "più tutto" del mondo. Catalizzatrice dei sogni delle donne occidentali. Il comunismo era distrutto –certo non solo da Greta Garbo- . In America ne rimanevano solo alcune frange, un po' grottesche, rese innocue, messe all'indice ma non perseguitate perché potevano comunque rappresentare un segnale di libertà.
Tutto questo trasmesso dal cinema, dal suo angolo.

Gallery


{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2024 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Accedi | Registrati