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Bryan Singer: L'allievo di Spielberg

Bryan Singer racconta von Stauffenberg e Operazione Valchiria.
di Marianna Cappi

Un percorso autoriale coerente
Bryan Singer (58 anni) 17 settembre 1965, New York City (New York - USA) - Vergine. Regista del film Operazione Valchiria.

giovedì 29 gennaio 2009 - Incontri

Un percorso autoriale coerente
Alla vigilia dell'uscita in sala del suo Operazione Valchiria, con Tom Cruise, Kenneth Branagh e Terence Stamp, Bryan Singer racconta alla stampa come e perché il personaggio di Claus von Stauffenberg, l'uomo che portò la bomba che doveva cambiare il mondo, non è affatto lontano dalla sua poetica ma s'inserisce alla perfezione in un coerente percorso autoriale.

A proposito di questo film, ha detto che non voleva che lo stile oscurasse la storia, ma che cosa di questa storia, leggendo lo script, le ha suggerito che potesse essere nel suo stile?
In questa storia ho visto un protagonista che vive in un mondo occupato da una moltitudine di personaggi – una situazione che mi è famigliare, dai Soliti Sospetti, X-men, Dr. House - ma è anche in un mondo solo suo, è un solitario che non può rivelare la sua vera identità, i suoi sentimenti, le sue reali intenzioni, nemmeno alle persone a lui più vicine. Non può dirlo ai figli, perché potrebbero andare a scuola, parlarne e venire uccisi o deportati in un campo di concentramento, e non può dirlo a sua moglie, perché potrebbero torturarla e costringerla a rivelare le informazioni che ha. Mi è piaciuta la sua identità di ufficiale dell'esercito tedesco che tenta di uccidere il capo supremo. Inoltre m'interessa molto quel periodo storico; ho fatto riferimento all'olocausto anche ne L'Allievo e in X-men a proposito del personaggio di Magneto.

Come spiega la sua passione per gli eroi e gli antieroi solitari?
Credo di avere una strana somiglianza con questo tipo di personaggi. Sono figlio unico, sono stato adottato, andavo male a scuola ed ero spesso preso di mira dai compagni, per cui da ragazzo immagino di essere speciale, di essere sempre da solo per una ragione. Un po' come Wolverine, che è isolato in quanto mutante ma è anche solo tra i mutanti. Stauffenberg (il protagonista di Operazione Valchiria, ndr) è un personaggio simile. Così come Superman.

Qual è la ragione del suo forte interesse per la Germania nazista?
È cominciata quando ero molto piccolo, perché avevo due vicini di casa tedeschi, mentre io ero ebreo ed ero ben consapevole dell'Olocausto e di ciò che era accaduto, ma allo stesso tempo ero attratto dall'estetica che Hitler aveva messo in piedi. Poi, al liceo, la mia insegnante ci fece studiare approfonditamente quel capitolo di storia. A 17 anni, infine, ho letto "Apt pupil" (L'Allievo) di Stephen King e da allora non ho più smesso di nutrire quest'interesse.

Il film sfrutta una costruzione hitchcockiana della suspence, ancora una volta affidata alla penna di Christopher McQuarrie, ma, mentre in Operazione Valchiria sappiamo la soluzione della storia senza conoscerne il "come" e il "quando", nei Soliti Sospetti il procedimento appare quasi opposto
Hitchcock diceva che se qualcuno mette una bomba sotto un tavolo, la conversazione cambia in modo significativo e, in questo caso, noi avevamo esattamente una bomba sotto al tavolo (ride, ndr). Comunque, mentre facevo i Soliti Sospetti ero perfettamente cosciente che poteva succedere che alcuni spettatori entrassero a vedere il film conoscendo già la soluzione. È successo a Quentin Tarantino, per esempio. Tuttavia mi interessava capire se l'esperienza del thriller poteva funzionare lo stesso, anche conoscendo il finale. È questo l'aspetto che ho voluto indagare e approfondire in questo film. D'altronde in Titanic tutti sappiamo che la nave affonderà, addirittura all'inizio del film ci viene mostrato nei dettagli come è affondata, ma ciò non ci impedisce di vivere appieno il dramma dei personaggi.

Ha iniziato la sua carriera molto giovane, il passaggio da amante del cinema ad autore di cinema è stato breve. Crede di essersi avvicinato, nella pratica, al cinema che l'appassionava?
Sì. Faccio film per hobby da quando ho 16 anni, sviluppavo gli 8mm in una camera oscura. Ma una sera, a casa di amici, ho visto un programma televisivo che trasmetteva un profilo di Steven Spielberg, in occasione dell'uscita di ET, era il 1982, e Spielberg era un ebreo, che non andava bene a scuola, che si nutriva di film... proprio come me. Tornando a casa ricordo di aver deciso in quel preciso istante che avrei cercato di fare del cinema il mio mestiere e che avrei fatto dei film per il grande pubblico. Per questo mi occupo di fantascienza e di fantasy, faccio film di genere o film come questo, che so che possono essere fruiti da un grande pubblico. Il momento in cui decidi cosa vuoi fare è molto importante, il 50% del problema è risolto, resta da capire come farlo. Ma ero molto felice quella sera, la ricordo bene, potrei mostrarvi il punto del marciapiede dove ho avuto quest'illuminazione. In ogni caso, sì: sto facendo i film che sognavo di fare.

In un progetto classico come Operazione Valchiria, il suo lato più creativo e più innovatore, anche dal punto di vista tecnologico, non è stato un po' sacrificato?
No, non mi sono sentito mai le mani legate. Ho fatto delle scelte, ma non sono state delle limitazioni. Ho girato in 1:85 anziché in Cinemascope, come non facevo dal mio primissimo film, Public Access, ho girato per la prima volta con macchine da presa con sistema Aeroflex e con ottiche Zeiss, perché eravamo in Germania. Voglio cogliere queste opportunità di girare in pellicola, perché forse presto non lo faremo più. Non ho sentito delle limitazioni ma una grande responsabilità che veniva dalla storia che stavo raccontando. Perché è un thriller, ma è soprattutto una storia vera. Questa è stata una sfida nuova per me, come artista.

Quale delle location reali che avete sfruttato ti ha emozionato di più? Il Bendlerblock. Non subito, però. Quando siamo arrivati sul posto, in compagnia di numerosi visitatori, ho pensato che non era poi insostituibile e che avrei anche potuto ricostruirlo altrove e la maggior parte della gente non si sarebbe accorta della differenza. Poi girammo la scena delle esecuzioni e osservammo un minuto di silenzio per le vittime reali di quegli omicidi. Verso le tre di notte, in una pausa, dopo aver scherzato con Tom Cruise sul fatto che i componenti della troupe se n'erano andati tutti, sono rimasto un attimo solo nel bel mezzo del Bendlerblock, a guardare il pavimento per capire come girare la scena successiva e improvvisamente mi sono messo a pensare a come dev'essere stato per quegli uomini venire prelevati nel cuore della notte da quell'edificio e portati nel cortile per essere uccisi dalle persone con cui avevano lavorato fino a quel momento. Ho provato una grande tristezza, per tutte le vittime della seconda guerra mondiale. Lo dico perché normalmente, sul set, sono molto pragmatico, penso solo al da farsi, ma quello è stato un momento catartico. Poi sono tornato al lavoro.

Si è dimostrato abile in diversi generi cinematografici. Ora è tornato al thriller. Lo sente più di altri nelle sue corde?
Il mio genere sono le grandi storie, le storie belle e interessanti, come questa e I Soliti Sospetti, specie se scritte con il linguaggio che utilizza Chris (McQuarrie, ndr). Quanto a preferenze, però, il mio amore per la fantascienza e il fantasy è talmente forte che non vedo l'ora di tornare a fare quello.

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