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Tropa de Elite: il "corpo" violento della legge

Vincitore dell'Orso d'Oro al 58° Festival di Berlino, arriva sullo schermo lo squadrone della morte di José Padilha.
di Marzia Gandolfi

Pronti a uccidere

giovedì 5 giugno 2008 - Incontri

Pronti a uccidere
Arrivano quasi sempre di notte e hanno una precisa strategia, arte militare o condotta di guerra che i loro ufficiali declinano (a lezione) in tutte le lingue del mondo. Sono squadre speciali equipaggiate e addestrate per la guerriglia urbana. Sono efficientissimi e spietati contro i trafficanti e la criminalità delle favelas. Sono i "soldati" del BOPE (Batalhão de Operações Policiais Especiais), il corpo di polizia militare dello stato di Rio de Janeiro, fondato nel 1978, per uccidere e non farsi uccidere, mai. Di loro, o almeno di uno di loro, il capitano Roberto Nascimento, racconta Tropa de Elite, (anche) romanzo omonimo scritto, tra gli altri, da un antropologo e un ex ufficiale del BOPE. La città di Rio de Janeiro è un mondo irrimediabilmente perduto dove ogni giorno va in scena la violenza, dove un gruppo di miliziani scelti "redimono" poliziotti corrotti e scovano o uccidono trafficanti esaltati. Finanziato con soldi statunitensi, il film di José Padilha punta il dito contro le forze dell'ordine considerando la violenza come una conseguenza ineluttabile di un sistema malato: ad una società violenta risponde una polizia violenta, a sua volta braccata e repressa da una squadra elitaria altrettanto violenta. Con Tropa de Elite torna prepotente al cinema la raffigurazione del male, impossibile allora non interrogarsi sull'aspetto estetico della violenza e sulla sua natura. Le suggestioni messe in campo dal regista carioca sono esplicitamente fasciste e consapevoli dell'orrore in cui si specchiano. La repressione dei miliziani è rappresentata con forte impatto realistico, è esaltata da un montaggio serrato ed è scandita dagli spari e dal rap. Con la macchina da presa a mano Padilha entra dentro il vortice di una guerriglia vista come oggetto spettacolare, soffermandosi sull'apparato iconografico della lotta armata che racconta. Il regista incalza lo spettatore fino ad accerchiarlo e a chiuderlo nell'ultimo e claustrofobico primo piano che deciderà il destino di un nuovo soldato. Aderire o abortire il sistema? Resistere o soccombere? Sparare o assolvere? Padilha, come il capitano Nascimento, rimette la scelta al suo interlocutore, mettendo indiscutibilmente sotto accusa lo stato attuale di inerzia e conformismo alla violenza.

Violenza urbana
Nel 2002, dopo il mio Ônibus 174, uscirono diversi film sulla violenza urbana, come City of God di Fernando Meirelles o L'invasore di Beto Brant. Con queste opere la critica ritenne esaurito l'argomento, senza accorgersi che questo cinema si limitava a mostrare un unico punto di vista: quello dei trafficanti. Tropa de Elite nasce perciò dalla necessità di rappresentarne un altro, quello della polizia. Mi sono chiesto in questi anni, come potessi pensare di spiegare la violenza nei miei film senza osservare e capire la polizia, che è uno dei fattori più importanti in questa assurda vicenda. Poi ho incontrato Rodrigo Pimentel, ex ufficiale del Bope, e insieme abbiamo scritto questo film. La sua collaborazione è stata fondamentale e senza di lui probabilmente il mio film non esisterebbe. Forse è per questo che ho scelto come narratore un poliziotto del Bope, ma questo non vuol dire che il film aderisca al punto di vista del Bope. Tropa de Elite è piuttosto un film sull'incompatibilità tra diversi gruppi sociali. Nel mio film c'è il trafficante violento, c'è la polizia corrotta, c'è l'agente del Bope che sale al morro esclusivamente per uccidere e c'è lo studente che convive con i trafficanti, fumando erba, spacciando droga e finanziando l'arma che sparerà al poliziotto di turno. Ho messo in scena il conflitto tra diverse etiche e l'ipocrisia di questa gente, socialmente diversa ma ugualmente disposta a servire la violenza.

Girare nelle favelas
Girando questo film, io e la produzione, nessuno escluso, abbiamo dovuto fare i conti con la realtà che rappresentavamo, fino a rimanerne vittime. Il momento peggiore è stato quando hanno sequestrato uno dei nostri furgoni con dentro alcuni membri della troupe e le armi scenografiche. Per più di due ore non abbiamo avuto idea di quello che sarebbe accaduto, ci è sembrato un tempo infinito ma poi tutto si è risolto per il meglio e i miei collaboratori sono stati rilasciati dagli stessi banditi armati che li avevano rapiti. Due ore di tensione al termine della quale non sapevamo più come proseguire, la location a quel punto era inutilizzabile perché la polizia era salita al morro per le indagini, ma soprattutto avevamo capito di non avere alcuna garanzia. Siamo comunque rimasti uniti e al nostro posto, decisi a continuare quell'impresa. Adesso posso dire di aver lavorato con la migliore troupe del cinema brasiliano.

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