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Dani Levy: Adolf Hitler secondo me

Si può raccontare il nazismo ridendo? Io ci provo!
di Claudia Resta

Il film

mercoledì 21 novembre 2007 - Incontri

Il film
Dicembre 1944: la guerra totale è ormai persa, ma Goebbels (Sylvester Groth) non vuole darsi per vinto tanto facilmente e per riuscirci ha escogitato un piano: il primo dell'anno il Führer (Helge Schneider) riaccenderà lo spirito combattente dell'opinione pubblica pronunciando un discorso piuttosto aggressivo. L'unico problema è che il Führer non può farlo: ormai malato e depresso evita qualunque esibizione pubblica. L'unica persona che potrebbe aiutarlo in qualche modo è il suo vecchio insegnante di recitazione, Adolf Grünbaum (Ulrich Mühe), un Ebreo. Così, tira fuori lui e la sua famiglia dal campo di concentramento di Sachsenhausen e li sistema presso la Cancelleria del Reich. Il tempo passa velocemente e il Führer ha solo cinque giorni per tornare in forma smagliante. Dani Levy racconta la sua creazione alla presentazione stampa romana.

Una commedia sul nazismo
Erano anni che Hitler e i Nazisti mi perseguitavano e avevo sempre pensato comunque a una commedia. Forse si trattava semplicemente del desiderio di confondere ancora di più la linea che separa il bene dal male: è raro che si riesca a dire qualcosa di nuovo ma io avevo voglia di trasformarmi in una sorta di passeggero seduto sul sedile posteriore. La stesura della sceneggiatura è stata una sorta di atto liberatorio, mi è uscita da dentro. Non avevo nessuno scrupolo a mischiare realtà e finzione e creare una fantasia che fosse basata su fatti storici. Ho chiesto un parere a mia madre, ebrea a Berlino durante il nazismo, e mi ha solo detto di stare attento quando i critici mi avrebbero distrutto.

Il confronto con gli altri film
Trovo pomposo ed egoistico sostenere di essere riusciti a riprodurre l'Olocausto in maniera realistica e dopo aver visto Schindler's list mi sono convinto che sia veramente impossibile. Credo che, in senso positivo, il catalizzatore più importante sia stato piuttosto La vita è bella di Roberto Benigni: un film che si è avventurato in un territorio quasi proibito e si è concesso ciò che nessuno si sarebbe mai permesso. A esso ho unito la tradizione della realtà surreale italiana, come Pasqualino Settebellezze di Lina Wertmüller e i film di Pasolini.Tra i film tedeschi, Jakob il bugiardo, diretto da Peter Kassovitz, ha uno stile narrativo unico e decisamente favolistico. Beh, diciamo che ho avuto tante fonti d'ispirazione.

Il cast e l'umorismo
Ho avuto il cast dei miei sogni e questo mi ha fatto rendere conto una volta ancora di quanti attori bravi ci siano in Germania, dotati di un senso dell'umorismo asciutto e bizzarro. Per me Sylvester Groth nei panni di Goebbels è stata un'autentica scoperta comica! Il senso della comicità è in qualche modo presente in centinaia di attori, anche se in letargo, e il clichè secondo il quale i tedeschi non sono dotati del senso dell'umorismo è completamente falso. Ho lottato a lungo con me stesso prima di decidere se trasformare il personaggio di Grünbaum in una figura comica, e alla fine ho deciso di non farlo: se lo avessi rappresentato con la tagliente ironia usata per gli altri personaggi avrei rischiato di ottenere l'effetto contrario. L'umorismo ha bisogno di un bersaglio ben preciso: bisogna decidere contro chi sparare.

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