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Ultimo aggiornamento domenica 21 ottobre 2018
Etere è la storia di un medico che sperimenta la scienza all'inizio del XX secolo per poter esercitare potere sulle altre persone.
CONSIGLIATO SÌ
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Podolia, entità amministrativa dell'impero russo creata dalla spartizione della Polonia, 1912. Un medico uccide la sua assistente che l'aveva appena rifiutato soffocandola con l'etere, la sostanza chimica sulla quale l'uomo fa da tempo ricerca. Condannato a morte, viene graziato e la sua pena commutata in un esilio in Siberia, dove verrà ripescato come medico nell'esercito austro-ungarico, e potrà continuare le sue ricerche su quel composto che, secondo lui, è la "quintessenza del potere".
Etere è il titolo di questo sontuoso excursus sul Bene e il Male scritto e diretto da uno dei grandi maestri del cinema internazionale, il polacco Krzysztof Zanussi, e come il film che lo racconta è un composto chimico dalle innumerevoli valenze: anestetico contro il dolore, arma letale, sostanza potentemente infiammabile.
L'uso che ne fa il protagonista della storia è sostanzialmente amorale: perché l'uomo è un contenitore vuoto privo di qualsiasi scrupolo, incapace di dare un limite ad una sete di conoscenza che è in realtà desiderio narcisistico di affermazione, o di credere a una qualsiasi forma di spiritualità. Come ogni contenitore vuoto, è destinato ad essere riempito: in questo caso dal Male, che non vede preda più facile di un uomo senza qualità (anche se non privo di talento). Quel Male che, nei titoli di testa del film, viene rappresentato in un grottesco dipinto di Hans Memling come un consesso di demoni che tengono in ostaggio gli esseri umani.
Ma è anche un Male che attraversa e condiziona il corso della Storia, incarnandosi - qui come in Tramonto di László Nemes, un film per molti versi complementare ad Etere - in quegli esseri umani che se ne fanno veicolo e dunque motore. Un Male assoluto che prescinde dal suo occasionale involucro e prosegue lungo la sua traiettoria di distruzione, confrontandosi con il Bene, che altrettanto abilmente si incarna in altri esseri umani con una disposizione speculare e contraria: in Etere sono il giovane assistente del medico e una paziente psichiatrica, entrambi cavie dell'ossessione "scientifica" del ricercatore per cui "la coscienza è un problema lasciato agli idealisti".
Il film di Zanussi, magnifico per movimenti di macchina e inquadrature pittoriche allo stesso tempo opulenti e rigorosi, è però molto più semplice da comprendere di Tramonto, perché la consumata abilità di sceneggiatore del regista riesce a muoversi fra fisica e metafisica, fra scienza e coscienza, senza mai dimenticare di restare accessibile allo spettatore. Se il paragone si spinge a un altro film recente su un medico privo di scrupoli e ossessionato dalla sperimentazione, The Mountain di Rick Alverson, risulta anche evidente la differenza fra chi sa esattamente cosa dire e come dirlo, e chi si attorciglia intorno ai propri ermetismi narrativi.
Gli attori di Etere sono straordinari, a cominciare da Jacek Poniedziałek nei panni del protagonista: al centro di ogni inquadratura, apparentemente impenetrabile, in realtà capace di lasciar trasparire sul volto anche la minima sfumatura di senso. A lui e al resto del cast sono affidati dialoghi di vertiginosa profondità che ricordano quelli di un altro grande maestro cattolico, Ermanno Olmi.
Etere ha un solo difetto: un "secondo atto" che fornisce, a storia conclusa - come in Tramonto allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, quando il Male si è finalmente manifestato in tutta la sua virulenza - una spiegazione dettagliata di come si siano svolti gli eventi. Questo contrappunto didascalico, benché magnifico nella confezione e non privo di una sua fascinazione, vanifica l'estrema delicatezza con cui le dinamiche fra il Bene e il Male sono state tracciate fino a quel momento, dimenticando che il "non detto", se "non detto" bene, è assai più efficace di qualsiasi "spiegone" finale. Senza quel "secondo atto" Etere sarebbe un film perfetto nella sua immensa potenza evocativa e nella sua comprensione totale della natura umana. Un film toccato dalla Grazia, non quella umana di un imperatore che salva dalla forca un condannato, ma quella divina che ispira i grandi artisti a dare il meglio di sé.