(A)social - 10 giorni senza lo smartphone

A partire dalla domanda: "qual è stata l'ultima volta che hai spento il telefono per dieci giorni?" un esperimento sociologico filmato in stile sfida da reality show, ma senza il dramma. Sono passati dieci anni dal lancio dell'iPhone (2007) ed è stato calcolato che passiamo una media di un anno ogni dieci a interagire con i nostri smartphone. Non solo Facebook, ma soprattutto Instagram, a immortalare ogni momento, immagine, emozione attraverso i device per condividerli in tempo reale in rete con foto o stories. Una rivoluzione sociale, o una schiavitù, se la si guarda da un altro punto di vista, che ha clamorosamente modificato le relazioni (vedi Perfetti sconosciuti, Iperconnessi), il linguaggio, la scrittura, ogni aspetto della convivenza nella civiltà occidentale.

In piena era di detox (disintossicazione) digitale e in forma di test di sopravvivenza estremo, il film incontra e mette alla prova dell'astinenza da cellulare quattro persone iperconnesse: Alessio (fotografo, 44 anni), Sylvia (influencer, 25), Lorenzo (studente, 22) e Elisabetta (cantautrice, 34).

Li porta in un albergo isolato in Val di Fiemme - isolamento che ironicamente cita Shining - e ne segue le reazioni lungo l'esperimento, raccogliendo anche i pareri di soggetti esterni ad esso: i due fratelli albergatori, che non riconoscono il cellulare come possibile estensione della propria vita, Alessio Carciofi, esperto italiano in disintossicazione da social, una coppia di persone anziane, delle bambine. La voce narrante (del regista videomaker Lucio Laugelli), che accompagna le immagini, si alterna a cartelli che riportano dati pertinenti e citazioni sul mondo della comunicazione, da Bauman a statistiche di uso del mezzo.

Gradualmente il gruppo si abitua a ricalibrarsi nella realtà, chi creandosi attività alternative allo stato di continua distrazione e di "compagnia" dato dal telefono (con il quale il 70% degli italiani va a letto e si risveglia), chi meditando, a seconda della propria età, cultura, dipendenza e ragione per cui è iperconnesso nella quotidianità. Alla fine del percorso le conclusioni sono abbastanza prevedibili: se da una parte i quattro coinvolti sostengono di aver riscoperto ed elaborato un diverso valore del tempo e dell'esperienza diretta delle cose, dall'altra vivono in maniera euforica la gratificazione delle notifiche accumulate durante la fase "off".

(A)social mira ad essere un test a vocazione educational, con leggerezza, attraverso la peculiarità dei protagonisti, i quali però suonano sempre un po' meccanici e recitanti. Da queste cavie non si percepisce moltissimo dell'esperienza, se non l'horror vacui, la paura del vuoto e del confronto con l'Altro, che riverbera anche in chi guarda (unica eccezione: Sylvia, la più comunicativa del quartetto, che infatti cita "tecnicamente" la serie fantascientifica Black Mirror).

Tra interviste posate, confessioni a favore di camera, montaggio serrato, confezione gradevole, riprese aeree con drone che rendono giustizia alla pace del paesaggio montano, il film è tuttavia privo di pathos o di svolte drammatiche, reali o simulate, che appartengono invece al reality, che portino lo spettatore a immedesimarsi nella difficoltà dell'impresa. Contenuto extra, un contributo del cantautore Ermal Meta sull'opportuna percezione e fruizione dei concerti live. 