Titolo originale | Krotkaja |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 160 minuti |
Regia di | Sergei Loznitsa |
Attori | Vasilina Makovtseva, Valeriu Andriuta, Sergey Kolesov, Liya Akhedzhakova Roza Khayrullina, Marina Kleshcheva, Boris Kamorzin, Sergey Koshonin, Sergey Russkin, Sergey Fyodorov, Nikolai Kolyada, Konstantin Itunin, Alexander Zamuraev, Viktor Nemets, Larisa Simonova, Alisa Kravtsova, Vadim Dubovsky, Anton Makushin, Svetlana Kolesova. |
Tag | Da vedere 2017 |
MYmonetro | 3,30 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 17 gennaio 2018
Una donna cerca di raggiungere il marito chiuso in carcere ma la prigione sembra impenetrabile.
CONSIGLIATO SÌ
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Una donna riceve un pacchetto: contiene cibo e viveri inviati al di lei marito che si trova in carcere, rispediti al mittente senza spiegazioni. Decide quindi di intraprendere un viaggio lungo e sempre più travagliato in Siberia per cercare di vedere il marito detenuto.
Riferimenti alti - ispirazione da un racconto di Dostoevsky, già trasposto da Bresson, richiami percepibili tanto al "Gogol" di Dikanka che a quello de "Il naso" - per un affresco distopico di una Russia dell'anima, in cui il passato del busto di Lenin e il presente di Google convivono, in totale (dis)armonia. Russie di ieri e di oggi accomunate, in un'analisi spietata di un popolo capace di grandi imprese - benché non vi sia traccia della nostalgia pre-bolscevica di Sokurov o Tarkovsky - ridotto oggi alla totale mercificazione, al culto del denaro e del potere. La matrice anticomunista, che vede in Stalin e nei suoi successori la causa di questi sfacelo, emerge in maniera lampante, ma sarebbe riduttivo limitare a questo la parabola messa in scena da Loznitsa. Il quadro che emerge dai viaggi della "gentile creatura" che dà il titolo al film, una successione di avventure che corrispondono a discese in abissi sempre più profondi di empietà e volgarità, è quello di un nichilismo assoluto, consapevole dei danni inflitti anche dal capitalismo sul corpo agonizzante della Madre Russia e dello stato perennemente dormiente (rappresentato dalla stazione ferroviaria della città-prigione siberiana) di un popolo che ha smesso da tempo, ben prima della Rivoluzione, di salvaguardare il bene comune e ragionare sulle conseguenze delle proprie azioni.
Mirabile il lavoro del direttore della fotografia Oleg Mutu (Oltre le colline), uno degli artefici della new wave rumena, che sfrutta l'inquadratura e la disposizione dei personaggi nel campo per intensificare al massimo il disagio della protagonista di fronte a un'umanità marginale e sub-proletaria che pare, anche da un punto di vista somatico e "cromatico", uscire da un quadro di Bruegel che ha preso vita.
Emblematica in questo senso la scena dello scompartimento del treno, in cui vediamo la protagonista solo in un secondo momento (prima osserviamo dalla sua prospettiva) e la troviamo quasi schiacciata contro il finestrino nello sforzo (vano) di estraniarsi il più possibile dalla conversazione in corso. Avrebbe giovato un epilogo più sintetico e soprattutto asciugato dalla retorica sbrigativa che caratterizza il grottesco sogno e banalizza un messaggio già compreso abbondantemente in precedenza. Ma anche così il vibrante monito sul destino della Russia, e con lei del mondo, riecheggia angosciante, chiudendosi su un loop infinito, che non prevede vie d'uscita.